Patrizia Pesenti scioglie la riserva e si candida alla successione di Ruth Dreifuss in Consiglio federale. Lo ha annunciato ieri pomeriggio nel corso di una conferenza stampa tenuta nella sede della sezione ticinese del Partito socialista (Ps) a Bellinzona. Con l’annuncio della disponibilità della consigliera di Stato ticinese salgono così a quattro le candidate fra le quali il Partito socialista svizzero (Pss) dovrà scegliere il nome o i nomi da sottoporre all’Assemblea federale il prossimo 4 dicembre: oltre a Pesenti sono le ginevrine Micheline Calmy-Rey e Liliane Maury Pasquier e la friburghese Ruth Lüthi. In questa intervista esclusiva ad area Pesenti spiega le ragioni della sua scelta. Signora Pesenti, cosa la incuriosisce e cosa teme del mestiere di consigliere federale? Il giorno dell’annuncio delle dimissioni della Consigliera federale Ruth Dreifuss ho affermato che per me la decisione di candidarmi non era immediata proprio perché la mia carica di Consigliere di Stato qui in Ticino mi piace molto. Ho dei progetti da portare a termine sia in ambito sanitario che sociale. Se ora mi sono decisa a candidarmi è perché penso di poter lavorare a Berna, in Consiglio federale, con lo stesso impegno, con lo stesso entusiasmo e con la stessa trasparenza con cui lavoro a Bellinzona, nell’Esecutivo cantonale. Naturalmente si tratta di una sfida molto più grande e molto interessante proprio per la dimensione diversa e per le caratteristiche del nostro paese. Le decisioni che il Consiglio federale prende devono tener conto di tre culture. È questa dimensione che più mi attrae. Molte donne, anche non socialiste, hanno visto in Ruth Dreifuss “la” loro consigliera federale, quella che davvero le rappresentava. È un ruolo che è disposta ad assumere? Come donna è per me naturale pensare la politica al femminile. Questo non vuol dire occuparsi solo di temi tradizionalmente femminili, ma significa avere uno sguardo sulla realtà che parte da una sensibilità diversa. Queste diverse sensibilità arricchiscono il dibattito politico, facilitano la ricerca di proposte politiche e la soluzione dei problemi. Per questo credo che in Consiglio federale ci sia spazio per le donne – e forse due su sette sono ancora poche – anche se l’aspetto più importante è quello della competenza, della capacità. Oggi la politica ha bisogno di idee chiare e di capacità di ricercare il consenso per poter concretizzare i progetti. Ma direi che soprattutto abbiamo bisogno della capacità di anticipazione. Un politico non può aspettare che i problemi gli caschino addosso, deve saperli vedere e anticipare delle risposte. Certo la partecipazione politica delle donne va incoraggiata a tutti i livelli. La nostra generazione deve fare un salto di qualità: deve costruire una cultura della parità e non più soltanto denunciare le discriminazioni. Deve essere un impegno di tutti per migliorare la condizione femminile. Alcuni esponenti dell’ala sinistra del Pss hanno espresso forti riserve sul suo nome, considerandola troppo blairiana. Questo pregiudizio può diventare per lei un forte ostacolo di fronte al Gruppo socialista all’Assemblea federale? E come intende superarlo? Sono riserve espresse da persone che non conoscono né le mie idee, né soprattutto le mie realizzazioni politiche. Le critiche sono vitali in uno Stato democratico. La democrazia si nutre di pensiero critico. Pensiero critico inteso come capacità di riflettere sulle cose, senza fidarsi del primo pensiero che ci viene o che raccattiamo da qualche parte. Pensiero critico significa provare a superare i molti conformismi culturali, le banalizzazioni dei problemi, i pregiudizi che avvelenano la nostra vita quotidiana, scavano fosse tra le persone, ci impediscono di apprezzare l’altro. Dopo l’articolo di Paolo Fusi sulla WoZ lei ha ricevuto diverse attestazioni di solidarietà da parte di importanti esponenti del Pss. Per Anita Fetz lei sarebbe stata colpita in questo modo solo in quanto donna. Come valuta quell’episodio e le reazioni successive? Ho apprezzato molto che il Pss ed alcuni suoi esponenti abbiano subito reagito contro questo attacco infondato. Sono rimasta io stessa stupita da quante persone mi hanno manifestato solidarietà, anche da fuori cantone. Ho preso atto della dichiarazione della redazione della WoZ che ha ammesso «di aver pubblicato un articolo basato su errori e imprecisioni, in contrasto con gli stessi principi editoriali del giornale». Per un giornale che si batte per la verità e il rispetto dei diritti umani e delle persone non è certo un grande risultato. Finora il dibattito nei media svizzeri in merito alla successione della signora Dreifuss s’è concentrato più sui pettegolezzi relativi alle (potenziali) candidate che su valutazioni circa il loro orientamento politico, rispettivamente del lavoro svolto. Ritiene che un serio confronto politico sia ancora possibile, oltre che auspicabile, ora che questo tipo di elezione è fortemente mediatizzato? Confronto politico deve essere e d’altronde la procedura di esame delle candidature sarà un confronto politico e un esame di competenze. Non ci dovrebbe essere spazio di ascolto per i pettegolezzi o le accuse infondate. Del resto la maggior parte dei media hanno dimostrato professionalità nel presentare le candidature e nel promuovere un dibattito politico. Quanto è importante per il Ticino e per l’italianità disporre di un o una rappresentante in Consiglio federale? La presenza in Consiglio federale è importante per la Svizzera italiana: forse più di altre regioni il Ticino e la Svizzera italiana hanno bisogno di partecipare, di essere presenti a livello nazionale. Non possiamo solo lamentarci di essere dimenticati dal resto della Svizzera, dobbiamo cogliere ogni opportunità di partecipazione, per costruire assieme ogni giorno la realtà pluriculturale del nostro paese. Una presenza della Svizzera italiana nell’esecutivo federale è importante anche per la coesione sociale dell’intero paese. Sono sicura che la terza regione linguistica e culturale può contribuire all’arricchimento del dialogo all’interno del Governo federale e quindi del paese. Il Ticino in parecchi ambiti ha saputo essere innovativo e progettuale, ha saputo credere nelle sue forze migliori. Per questo merita di essere rappresentato in Consiglio federale. L’esperienza del nostro Cantone potrà sicuramente essere utile alla Confederazione. Come Ticinesi, possiamo dare un contributo all’insegna di un federalismo rivitalizzato e volto a dare maggiore autonomia e responsabilità ai Cantoni. Il tutto però in un contesto di coesione tra le varie regioni della Svizzera, che la Confederazione è tenuta a cementare. In che modo ritiene che lei, da socialista, possa rappresentare il Ticino a Berna diversamente da un consigliere federale ticinese ma di un partito borghese? Ogni socialista porta un progetto politico diverso da un esponente di un altro partito. È così a livello cantonale e anche a livello federale. Finora il Ticino è stato rappresentato a Berna solo da esponenti del Partito Liberale Radicale e del Partito Popolare Democratico. Questa volta spetta al Partito socialista proporre una candidatura. Dopo la sua ultima intervista alla trasmissione “Falò” è rimasta molta curiosità nei ticinesi. Per questa sua candidatura sente di avere dietro di sé tutto il Ps ticinese, e in particolare tutti i suoi esponenti di spicco? A questa domanda risponderà il Comitato cantonale del Partito, il 24 ottobre. Se sarà eletta ci sono fasce della popolazione che intende rappresentare con più forza rispetto ad altre in Consiglio federale? Noi socialisti abbiamo un compito prioritario: la difesa delle fasce più deboli della popolazione. Oggi la sfida è però più ampia: occorre alimentare l’autonomia e l’integrazione sociale delle persone. Oggi noi socialisti dobbiamo lavorare per l’equità, la sicurezza e il benessere, per rispondere a preoccupazioni quotidiane individuali – quelle del lavoro per esempio, della compatibilità fra lavoro e famiglia, dell’accesso alle cure, alla formazione, alla cultura, eccetera – a nuove realtà proprie di una società multiculturale. La sfida è più ampia: si chiama sviluppo sostenibile, la ricerca di un equilibrio nelle tre dimensioni determinanti dello sviluppo: quella economica, quella sociale e quella ambientale.

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18.10.02

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