La scorsa settimana, a Bellinzona, si è presentato il Comitato cantonale contrario alla revisione della Ladi. È un comitato eterogeneo in prevalenza composto da esponenti del mondo sindacale ma non solo. C’è anche Jacques Ducry, ex magistrato di lungo corso (procuratore pubblico per 16 anni) ed esponente del Partito liberale radicale ticinese. Partito che, contrariamente all’orientamento di quello nazionale, si è schierato contro questa revisione. Abbiamo avvicinato l’ex procuratore che attualmente si dedica – felicemente – all’attività forense e all’insegnamento. Avvocato Ducry, quali sono state le motivazioni che hanno portato lei, e con lei il Partito liberale radicale ticinese, a schierarsi contro la revisione della Ladi in votazione il prossimo 24 novembre? I delegati del Partito liberale radicale svizzero hanno votato all’unanimità a favore di questa legge. A quel comitato cantonale del Plrt ho semplicemente messo in risalto, credo in modo intellettualmente onesto, quello che ho raccolto in base al mio vissuto, alle mie esperienze professionali e al contatto con un certo mondo che non è dei più facili. In 16 anni di magistratura ho visto situazioni tristissime e la mia sensibilità è rivolta, oltre alla protezione dei più deboli, a favorire tramite strutture statali giuste, non gli abusi, ma l’aiuto a quelle persone che non riescono a farcela da sole. Questo è, secondo me, uno dei ruoli fondamentali dello Stato. Il comitato cantonale in tutta coscienza ha deciso democraticamente. Vedremo il popolo cosa deciderà il 24 novembre. Il Plr, raccogliendo un terzo dei voti dell’elettorato ticinese, è un partito interclassista. Non credo che sia composto di soli milionari o di persone che non rischiano di usufruire delle prestazioni della Ladi. I promotori della revisione della Ladi (Legge federale assicurazione disoccupazione) sostengono – con in testa il consigliere federale Couchepin –, che queste modifiche sono «finanziariamente solide e socialmente giuste». Cosa risponde, avvocato Ducry, a queste dichiarazioni che suonano come una provocazione? L’affermazione «socialmente giusta» è un falso clamoroso o non hanno capito cosa hanno preparato. La riduzione delle indennità da 520 a 400, l’abolizione del contributo di solidarietà e la diminuzione dei contributi da versare al finanziamento dell’assicurazione sono la dimostrazione evidente che si vogliono togliere diritti e prestazioni a persone che proprio in prospettiva di un peggioramento della situazione economica generale sono più esposte alla crisi. Dalla televisione e dai giornali apprendiamo tutti i giorni di licenziamenti, sia nel settore pubblico, sia in quello privato. La revisione di quest’importante assicurazione sociale giunge nel momento peggiore e il tutto per risparmiare circa 450 milioni di franchi l’anno, quando i conti del fondo tendono al pareggio. Quest’assicurazione è stata pensata per un massimo di 100 mila disoccupati. Oggi siamo a quota 110 mila e le proiezioni degli esperti parlano di 130-140 mila a breve termine. Si colpiscono sempre i soliti, insomma. Si colpisce chi è già in difficoltà. L’abolizione del contributo di solidarietà trattenuto sugli alti salari lo dimostra. Capisco che ci sono dei datori di lavoro che sarebbero avvantaggiati ma qui si tratta di una questione d’equilibrio. Chi è colpito da un licenziamento si trova a vivere una situazione difficile non solo dal punto di vista finanziario ma anche dal punto di vista psicologico, degli affetti e dell’accettazione sociale. Purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, ci identifichiamo con il lavoro che svolgiamo e ciò costituisce quasi la metà del tempo della nostra giornata. Se il lavoro viene a mancare e a questo aggiungiamo prestazioni dell’assicurazione ridotte, abbiamo il quadro completo degli effetti che avrà questa legge. In una parola è una revisione inopportuna. Inopportuna sui tempi e sui contenuti. Senza fare della demagogia ma i licenziamenti nell’industria, nel settore bancario e nei servizi pubblici (Posta ed ex regie federali) sono dati oggettivi. I sostenitori della nuova Ladi puntano sul fatto che la fascia dei lavoratori più a rischio (sopra i 55 anni) non vengono toccati da questa revisione… Non so se siano i lavoratori più a rischio. Sicuramente meritano dei lucchetti sociali più forti in quanto sono a un passo dalla pensione. Comunque la riforma della Ladi non è completamente negativa. Contiene degli elementi positivi come il rafforzamento della formazione professionale che non bilanciano assolutamente quelli negativi. Per questo motivo è da respingere. Chi dice che non c’è più tempo per cambiare mente in quanto il Parlamento può tranquillamente prorogare il decreto legislativo che scadrà tra un anno o farne un altro. La Ladi è comunque uno strumento per preservare la pace sociale… Dando mezzi finanziari a persone che non sono in grado di guadagnare attraverso il proprio lavoro permette loro d’essere ancora libere. Altrimenti, diventa un rapporto di schiavitù inaccettabile in una società democratica. Parlando di società democratica o di società liberale basata sullo Stato di diritto, viene in mente l’iniziativa Udc in materia d’asilo che è contraria ad uno Stato di diritto. Considerare chi viene in Svizzera a cercare aiuto e, secondo me, anche i motivi economici sono motivo valido per richiedere l’asilo, approfittatori è indegno di una società giusta. Cosa ne pensa? L’iniziativa Udc è demagogica. Tutti i paesi che ci circondano sono paesi sicuri. Purtroppo la demagogia fa presa e sono piuttosto pessimista sull’esito della votazione. Spero in un sussulto d’orgoglio del popolo svizzero. Se l’iniziativa sarà approvata, si scaverà un fossato intorno alla Svizzera. Un po’ come per gli antichi manieri. Tutto ciò è contrarissimo sia ai trattati internazionali sia al nostro vissuto. Ci dimentichiamo che per la Svizzera gli stranieri sono una ricchezza. Lo scudo Tremonti è la prova. Finché si tratta di capitali, si fanno mille battaglie per trattenerli o per farli arrivare, quando sono le persone no? È una scelta di campo. Secondo me prima arrivano le persone e poi i capitali. E quello che sorprende è che lo stesso schieramento che difende a spada tratta il segreto bancario e ne chiede l’inserimento nella costituzione, è in prima fila contro gli stranieri. È schizofrenia pura. E poi si ha la memoria corta. Si dimentica spesso che siamo tutti frutto di scambi di culture, cromosomi ed esperienze. Nella mia famiglia, ad esempio, un mio bisnonno materno era un francese alsaziano che cercò rifugio in Svizzera alla fine del 19° secolo. Tutti noi, ripeto siamo il frutto anche di questo. E ora vogliamo chiudere la porta agli altri?

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15.11.02

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