Dopo l'approvazione di settimana scorsa del parlamento, il Gruppo per il No di Rivera ha lanciato lunedì il referendum. Obiettivo: sottomettere al giudizio del popolo uno stand di tiro dalle dimensioni ritenute spropositate dai referendisti. area li ha incontrati per capire le loro ragioni.

«Non siamo dei neinsager» precisa Luca Giampietro, consigliere comunale a Rivera e membro del comitato No allo Stand di tiro. La loro opposizione non è di principio o ideologica. Non sono contrari alla centralizzazione del tiro sul loro territorio comunale. Non sono dei fondamentalisti che praticano l'ostruzionismo perché contrari allo sport del tiro. Anzi, Giampietro è stato per 6 anni presidente dell'Unione tiratori di Rivera. Al di sopra di ogni sospetto, dunque. Su cosa si fonda quindi la loro opposizione al progetto di stand di tiro regionale proposta dal governo e approvata la settimana scorsa dal Gran consiglio? Sono considerazioni "dettate dal buon senso e dalla coerenza", ma soprattutto dall'interesse per una sana gestione del bene pubblico. «Non si può parlare di risparmi, tagliando in tutti i settori, andando ad incidere sulle vere necessità finanziarie dei cittadini, vedi sussidi cassa malati, e allo stesso tempo buttare via milioni di franchi per un progetto faraonico di stand di tiro» spiega Edo Benizzi-Bertoli, pure lui consigliere comunale a Rivera e membro del gruppo del No, che prosegue: «Al governo abbiamo proposto più variabili per la costruzione dello stand di tiro. Tra il loro progetto di 32-40 linee di tiro e il nostro di 10 linee, il margine di manovra per trovare una soluzione consensuale esiste. Ma non hanno voluto tenerne conto». Altra proposta: ristrutturare lo stand di tiro già esistente a Rivera, situato a soli 200 metri da dove  il cantone vorrebbe costruire. «Ci sembrava la soluzione più ragionevole. Invece di distruggere 41 mila metri quadrati di bosco per il nuovo stand di tiro, utilizzare una struttura già esistente. Ma anche in questo caso l'autorità cantonale non ci ha spiegato perché no», spiega Giampietro. Anzi, oltre il danno, la beffa. Nella convenzione tra Confederazione e Canton Ticino, l'esercito ha affermato che dal momento della messa in funzione delle nuove istallazioni, la truppa cesserà di effettuare tiri di precisione a 300 metri nell'attuale poligono di tiro. In compenso potrà utilizzare questo terreno per altre esercitazioni militari, compresi i tiri a corta distanza. «Questo significa – dice Giampietro che abita a 200 metri dall'attuale poligono – che invece delle quattro volte l'anno che sento il rumore dei colpi sparati attualmente, l'esercito lo userà per fare esercitazioni sul campo, anche notturne, del corpo dei granatieri. Oltre al nuovo poligono, ci sarà più rumore di prima in quello esistente».
Restiamo alla Convenzione tra Confederazione e Cantone. Per far passare un messaggio in tutta fretta, spesso si giustifica il fatto con "altrimenti perdiamo i sussidi di Berna". Un argomento usato più volte in passato dalle autorità cantonali nei temi controversi, molte volte privo di fondamento. Nel caso dello stand di tiro di Rivera il contributo della Confederazione sarebbe di 4 milioni. Nella Convenzione è fissato un tempo limite per l'ottenimento del sussidio, ma è altresì prevista la possibilità di proroga. «In sostanza, nessun limite perentorio come si vuol far credere – riassumono i nostri interlocutori che aggiungono – la Confederazione specifica inoltre che non si assumerà nessun costo di manutenzione e gestione della nuova struttura, che saranno costi vivi importanti» aggiunge Benizzi-Bertoli. Da notare che se la Confederazione concederà un sussidio di 4 milioni di franchi, ne incasserà circa la metà, 2 milioni, dai ricavi della discarica necessaria per rendere pianeggiante il terreno del nuovo stand di tiro.
E proprio nella discarica e le spese di costruzione edili si celano le ragioni economiche per voler a tutti i costi questo nuovo imponente poligono di tiro. Ne sono convinti i nostri interlocutori: «C'è un interesse della lobby dell'edilizia nel voler un progetto così maestoso. Non si spiega altrimenti il motivo per cui il governo cantonale, seguito dal parlamento, abbia deciso di accelerare su questo progetto senza tener minimamente conto delle obiezioni o di altre soluzioni più ragionevoli». Come mostra il grafico sopra, il numero dei tiratori in Ticino è calato della metà in 10 anni. E per il futuro è facile prevedere che calerà ulteriormente. «Sono un appassionato dello sport del tiro. Ma con altrettanta franchezza devo dire che il nostro sport ha sempre meno adepti. Non si può non tenerne conto, costruendo un poligono dai costi sproporzionati per le esigenze reali" dice Giampietro. Vista l'intransigenza finora riscontrata dalle autorità cantonali, e la recente approvazione in Gran Consiglio che ha dato il via libera al nuovo poligono, ora la battaglia si trasferisce sul piano di voto. Lunedì 28 gennaio è partito formalmente il referendum contrario al nuovo poligono come previsto dal governo (il formulario lo si può scaricare dal sito www.monte-ceneri.ch) . 7mila firme da raccogliere entro il 10 marzo. Ottimisti? «Sì. Riscontriamo nella popolazione una forte condivisione delle nostre ragioni. Gli stessi tiratori condividono la nostra posizione. Qualcosa vorrà pur dire…»  La recente vittoria del referendum sulla variante 95 gioca un ruolo? «Certo. Le analogie con il nostro caso sono molte. E quella vittoria ha dimostrato che sia possibile opporsi ai "poteri forti" di questo cantone. Constatiamo una voglia diffusa tra i cittadini di credere nella possibilità di intervenire nella gestione della cosa pubblica. E questo aldilà della singola posizione politica del cittadino, che ragiona oltre le barriere ideologiche partitiche. È un movimento trasversale impensabile fino a qualche anno fa". Lo dimostra lo stesso gruppo del No di Rivera, composto da consiglieri comunali provenienti da tutte le aree politiche. La cosa che li accomuna è il bene della cittadinanza. Fiduciosi di riuscire a vincere questa battaglia? «Per noi la strada è in salita, ma per loro non è affatto in discesa» puntualizza infine Benizzi-Bertoli.

Pubblicato il 

01.02.08

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato