Per un nuovo protagonismo

Mentre non passa giorno in cui l'opinione pubblica non viene rassicurata dalle notizie sull'imminente ripresa del ciclo economico, confermata dagli andamenti positivi dei listini borsistici di queste ultime settimane, la Conferenza svizzera delle istituzioni dell'azione sociale (Cosas) prevede un aumento di 75 mila casi di assistenza sociale: disoccupati, lavoratori dipendenti, ma anche lavoratori autonomi e piccoli imprenditori andranno ad ingrossare le fila dell'esercito dei nuovi poveri.
Questo accade mentre i manager riprendono a guadagnare come non mai, preparando nuove bolle speculative, e le istituzioni economiche e finanziarie dettano l'agenda delle cose da fare. Sembra che la lezione non sia stata per nulla appresa: gli stati continuano ad abdicare al loro ruolo di detentori dei poteri decisionali fondamentali in favore degli "esperti monetari" e dei grandi istituti di credito, cioè di chi, senza alcuna legittimazione politica ed elettorale, esercita il potere che conta.
Insomma, siamo di fronte ad un non manifesto golpe "tecnico", una radicale modificazione nella divisione dei poteri; un sovvertimento della "sovranità popolare". I governi degli Stati hanno consegnato al "mercato", gestito dagli "esperti", i gangli decisivi e vitali di ogni politica economica e monetaria che così non viene indirizzata a fini sociali ed è totalmente asservita agli interessi del capitale finanziario e industriale; una politica che da anni "regala" profitti a loro e recessione e povertà a noi.
Occorre riappropriarsi di una concezione dello stato che sappia guardare agli interessi generali della collettività e sia in grado di tutelare le fasce più deboli ridando loro una nuova speranza. Quello che si è avuto negli ultimi 30 anni è viceversa un attivismo degli stati a favore dei poteri economici e finanziari con politiche dirette a privatizzare, liberalizzare, deregolamentare, detassare, fare assistenzialismo ai gruppi finanziari (il caso Ubs è l'ultimo esempio). Riproporre in tutto il suo spessore la questione sociale, oggi da tanti purtroppo rimossa, è un compito che devono assumersi in primis le organizzazioni che operano a stretto contatto con chi fatica con il suo reddito a raggiungere la fine del mese, vive in condizioni precarie ed è a forte rischio di povertà. A tal proposito non basta rivendicare diritti ma occorre sapere indicare la strada (ed anche percorrerla) per un nuovo modello sociale ed economico che restituisca dignità all'essere umano e sia foriero di giustizia sociale, senza la quale non potrà esservi equità e coesione sociale.
In mancanza di proposte serie, a prevalere saranno quelle forze che usano i problemi sociali come leva per diffondere paura e inventare nemici (stranieri, asilanti, emarginati ecc.) sui quali scaricare di volta in volta le tensioni e l'odio più feroce.

Pubblicato il

23.10.2009 13:00
Angelo Ciampi