Per un codice del territorio

«Mentre si annega nella carta il territorio va in malora». Parole di Adelio Scolari che così si esprime a pag. 18 di un bel testo intitolato “Un codice del territorio?”, contenuto in una raccolta di scritti in onore del giurista Pio Caroni e pubblicati recentemente dall’editore Casagrande di Bellinzona. Lo Scolari denuncia il carattere pletorico, farraginoso, talora contradditorio della legislazione che riguarda il territorio e l’edilizia sul piano federale, cantonale e comunale. Solo nel Ticino vi sono 200 tra piani regolatori e regolamenti edilizi con le più disparate regole. Se poi sommiamo al grande corpo del diritto pubblico anche il diritto privato in materia, l’“inflazione legislativa”, come la chiama Scolari, diventa impressionante. Ed allora egli avanza una proposta importante, che è passata sinora inosservata come succede spesso alle idee chiare enunciate da persone modeste che non calcano le scene del gran teatro mediatico del paese. A proposito di modestia e di valore: mi viene in mente una sequenza di non so più quale film italiano nel quale si vedeva un alto funzionario della radio-televisione nazionale nel cui ufficio, ogni tanto, si presentava un operaio e gli riduceva lo spazio di un modulo. Alla fine il personaggio del film si trova confinato con una mela che si portava ogni giorno in ufficio nel modulo minimo e minuscolo che era consentito agli impiegati più umili dell’ente. Adelio Scolari ha avuto una storia un po’ simile. Nei suoi ultimi anni nell’amministrazione cantonale era stato “distaccato” in un ufficietto di Palazzo Scerri 2, aggregato, credo, all’allora Dipartimento delle costruzioni invece che a quello dell’ambiente. Ne uscì poi con un dottorato honoris causa dell’Università di Berna, ma questa è un’altra storia. Tornando alla proposta di riordino della selva legislativa in campo territoriale ed edilizio Scolari propone un codice del territorio che raggruppi, in una sorta di unico albero ordinato e comprensibile ai più, tutta la materia. Secondo me l’ipotesi è di peso. Ma chi l’ascolta? Gli alti responsabili politici che non sembrano avere in questo momento idee molto chiare e sprofondano spesso in realtà complesse che non riescono bene a capire? O gli architetti, che dovrebbero essere tra i primi interessati? Buona parte di loro mi pare piuttosto presa nei suoi tradizionali solipsismi. Si pensi che all’assemblea degli amici del Parco della montagna tenutasi in febbraio a Besazio un architetto assai noto della regione invitato ai lavori, ha pronunciato, stando al verbale, le seguenti parole: «Come mai si cercano anche degli architetti? Gli architetti sono coloro che progettano e costruiscono e, normalmente, non si occupano della conservazione del paesaggio esistente». Bene, avanti così, “normalmente” così. Sono costretto a pensare, a malincuore, che l’importante proposta di Adelio Scolari sarà purtroppo raccolta da pochi.

Pubblicato il

01.10.2004 13:00
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