Per sciare occorre una tecnica

Quasi 14 milioni di franchi. È questa la somma chiesta dal Governo – in un messaggio rilasciato a tre giorni dallo scadere della scorsa legislatura – per risanare le stazioni turistiche ticinesi appartenenti alle società Cardada Impianti Turistici Sa, al centro Turistico Grossalp Sa e Carì 2000. 14 milioni che le società che gestiscono gli impianti non sono più in grado di rimborsare. Si tratterebbe, in sostanza, di trasformare 7 milioni di prestiti cantonali in sussidi a fondo perso; e di stanziare 7 milioni per aggirare i rimborsi contratti dalle società nei confronti della Confederazione. Dei milioni legati al messaggio, quasi 7 andrebbero a favore degli impianti turistici di Cardada, poco più di 5 a Bosco Gurin e il milione e mezzo restante andrebbe a Carì. Il piano di risanamento proposto dal Governo pone una condizione che Cardada, Bosco Gurin e Carì instaurino una forma di collaborazione a livello tecnico, gestionale e commerciale. Non solo tra di loro ma anche con altre società del settore. Quasi 14 milioni che andrebbero a sommarsi a quanto speso già sin d'ora, in particolare dagli anni '90. Ma non è tutto. Il messaggio del Governo si conclude con delle proposte per spese future. Proposte che, la scorsa settimana, si sono tramutate in una nuova lista della spesa (vedi tabella sotto) recapitata sul tavolo della sottocommissione gestione finanze. Abbiamo incontrato la deputata Ps Chiara Orelli, che siede a quel tavolo. La patata è bollente e costosa. Ps e Lega così non ci stanno.

La commissione della gestione, nel 2000, aveva tirato il campanello d'allarme. Uno studio dell'Istituto ricerche economiche (Ire)*, del 2003, aveva segnalato la situazione di crisi. Malgrado ciò si è andati avanti. Perché non si è fatto nulla?

Lo studio dell'Ire aveva messo in luce gli elementi chiave di una situazione di perdurante crisi. Solo nel decennio 1992-2002 gli investimenti negli impianti di risalita sono stati di oltre 160 milioni; lo Stato vi ha partecipato con sussidi e prestiti per più della metà. I risultati conseguiti – dice sempre l'Ire – sono insufficienti dal profilo economico-finanziario e di scarso rilievo dal profilo dello sviluppo regionale. Da un lato, e si tratta di scelte politiche, si è sistematicamente sottovalutato il costo dei singoli interventi, sia sul fronte degli investimenti sia su quello della gestione degli impianti; dall'altro non si è voluto o saputo interrompere il circolo vizioso del sostegno pubblico passivo e generalizzato. L'alternativa al disastro annunciato sta nel procedere con decisione verso quella  strategia selettiva indicata dall'Ire (investimenti mirati) – una linea peraltro già fatta propria a più riprese dalla commissione della gestione e dal parlamento stesso – e  pretendere una forte responsabilizzazione dello Stato, che deve dire con chiarezza, direi definitiva, quali sono le regole e le condizioni per sue eventuali partecipazioni finanziarie aggiuntive, e ciò attraverso una pianificazione rigorosa degli interventi.
Se il messaggio venisse bloccato, quali scenari dobbiamo attenderci, quali spese?
L'opzione del disimpegno totale e immediato del Cantone nel settore mi pare per diversi motivi poco realistica e anche poco opportuna, e non solo per l'evidente conseguente azzeramento degli investimenti effettuati fin qui. Occorre semmai avviare una riflessione complessiva che preveda, accanto a una strategia di ridimensionamento progressivo degli impianti invernali, un riposizionamento rispetto alla politica regionale e delle zone periferiche, con una visione integrata e sostenibile dello sviluppo: continuando nello sforzo per rendere attrattiva la montagna, sviluppando alternative concrete agli interventi "pesanti" dal profilo economico e ambientale attraverso il sostegno a progetti realizzabili, durevoli e adatti al nostro territorio.
Se il messaggio venisse approvato ciò non basterà comunque a risolvere la situazione delle società. Tanto è vero che è stata presentata una nuova lista della spesa…
Non è la prima volta che gli interventi di risanamento sono presentati come risolutivi: salvo essere poi regolarmente smentiti, dato che risulta evidente come le aziende che gestiscono gli impianti di risalita non sono in grado di produrre reddito sufficiente. Quanto alla "lista della spesa", e cioè le proposte che riguardano ulteriori investimenti per oltre 55 milioni, la risposta del Ps mi pare evidente: un chiaro no all'entrata in materia, certamente almeno fino a quando il quadro complessivo non sarà chiarito nei termini di una definizione precisa e vincolante di strategie e priorità.
Il gruppo Ps è contrario a nuovi investimenti? Cosa propone in alternativa, tenendo presente chi sostiene che "essere contro nuovi investimenti, vuol dire essere contro le regioni periferiche"?
Non è così. Il Ps è contrario a ulteriori investimenti che non segnino una rottura rispetto alle scelte politiche effettuate fino a oggi. Occorre piuttosto aprire un ampio dibattito sulle opzioni alternative agli investimenti nell'ambito di una politica regionale cantonale diversamente impostata: che collochi il problema "impianti di risalita" nel contesto del programma economico-turistico cantonale, sganciandolo il più presto possibile da interessi privati e localistici, che sono sempre una palla di piombo ai piedi di ogni programmazione. Una buona occasione sarà la discussione che si dovrà presto affrontare circa l'applicazione cantonale della nuova legge federale sulla politica regionale.
Introdurre un organo di controllo della gestione delle società non basterebbe come garanzia per nuovi investimenti? Ridimensionare gli impianti invernali non è mandare all'aria quanto speso fino ad oggi?
Torniamo ancora alla questione della "governance" dei processi di rilancio. L'Ire aveva già detto come essa richieda in primo luogo un ruolo preciso e dai contorni chiari dello Stato. Nell'ambito degli impianti di risalita, lo Stato è venuto meno fino a oggi al principio secondo il quale chi paga comanda. Lo Stato ha pagato fino a oggi molto – diremmo che è l'azionista di maggioranza delle diverse Sa che reggono gli impianti, pur non possedendo una sola azione degli stessi – ma ha di fatto quasi del tutto rinunciato a dire la sua su quello che bisogna fare o non fare. Occorre cambiare rotta.
Lega e Ps sono entrambe contrarie al messaggio. È la prima alleanza della legislatura. Lascia ben sperare per il seguito? C'è unità di vedute anche sulle alternative al messaggio?
Vi è effettivamente oggi una convergenza sulla necessità di approfondire alcuni aspetti e su un'analisi critica generale, che si riassume nei termini che ho indicato; ma mi pare che questa impostazione sia sostanzialmente condivisa da tutti i commissari. Vedremo in seguito come si svilupperanno le cose, e se tutti si manterranno fermi sulla strada della richiesta di maggiore rigore e trasparenza in un settore così importante e delicato per lo sviluppo del cantone.

* www.code.ire.eco.unisi.ch

La colpa della crisi è di tutti

Di soldi se ne sono spesi. Di risultati se ne sono visti ma non abbastanza. Tanto che oggi si vuole spendere ancora. Fabio Pedrina  (airolese e consigliere nazionale) la colpa è di chi ha elargito soldi senza controllare o degli investitori che non hanno investito a dovere?
Quando ci si trova davanti a una situazione come quella in cui siamo è evidente che la responsabilità non è attribuibile soltanto ad una parte. Gli investitori hanno utilizzato soldi pubblici in un certo modo, chi li ha distribuiti avrebbe dovuto controllare come i soldi venivano investiti.
Visto il nuovo messaggio, coordinato dalla nuova lista della spesa (qui a sinistra), possiamo dire che dagli sbagli passati si è imparato poco?
Spendere ancora senza introdurre una formula di controllo e una promozione organizzata di marketing non è possibile. Del resto non sono cose nuove, lo studio commissionato all'Ire già avanzava queste necessità. Il problema è che poi lo studio non è mai stato realmente ascoltato, non sono mai state attuate le sue indicazioni. In tutto questo, con tutte le critiche che si possono indirizzare a Giovanni Frapolli vi è almeno un elogio che occorre attribuirgli ed è quello di aver saputo riunire diverse società per una gestione unica nella società Centri turistici montani.
Riunire le società e creare una sola gestione è una delle condizioni "sine qua non" previste dal governo nel nuovo messaggio. Ma è una strategia realmente attuabile in Ticino? La Centri turistici montani necessita nuovi finanziamenti…
La strategia è attuabile, anzi necessaria. I nuovi bisogni sono una necessità costante nel senso che si dovranno sempre rinnovare le strutture, si dovrà sempre spendere soldi per il loro mantenimento.
Ma non sarebbe più semplice e meno costoso abbandonare le stazioni invernali per riorientare l'attività e lasciare spazio solo al turismo estivo?
Il potenziale invernale in Ticino esiste e fermarci ora sarebbe mandare a monte tutto quanto fatto fino ad oggi. Ma non solo: concentrare l'attività sull'estate, periodo di per sé già fortunato turisticamente, significherebbe lasciare allo sbando contadini e persone residenti nelle regioni alpine che si troverebbero così costrette ad andarsene lasciando il domicilio e le valli "vuote".
Ma dunque lei il messaggio con la richiesta di nuovi finanziamenti lo voterebbe o no?
Come detto non sono contrario a nuovi investimenti. Ma prima di votare il messaggio dovrei studiarlo nei minimi dettagli. Dovrei capire se le proposte di potenziare la promozione e il marketing sono reali o solo belle parole. Senza questi elementi non si può fare nulla. Senza questi elementi si ricadrebbe negli errori del passato. Di questo l'Ente Ticinese per il turismo (Ett) e il Governo devono esserne coscienti.

Pubblicato il

01.06.2007 03:00
Fabia Bottani