Per la borsa tempi movimentati

Ci eravamo illusi, dopo l’11 settembre scorso, di poter tornare in poco tempo a climi borsistici più miti rispetto a quelli decisamente brutti del dopo attentato. Ebbene non sarà così, e gli avvenimenti di politica interna statunitensi di questi giorni sono qui a dimostrarlo. È bastato l’annuncio del vicepresidente, che ha messo in guardia circa la quasi certezza di prossimi attentati, a trasformare un clima di cauto ottimismo in un gelo di proporzioni inattese. I media si sono buttati sull’analisi politica di questo avvertimento di Cheney alla nazione, tralasciando, sbagliando, la portata finanziaria di questo atto, che rischia di coinvolgere la comunità finanziaria internazionale e trascinarla con se per un periodo inaspettatamente lungo. Certo, l’annuncio del vicepresidente è servito alla maggioranza al governo a togliere un po’ della pressione che si era creata in seguito alle critiche dei democratici, circa possibili negligenze in occasione dell’attentato al World Trade Center, ma il tempo intercorso fra l’attacco e la replica non potrebbe essere stato sfruttato da qualcuno per piazzare le proprie pedine in borsa? Il dubbio è perlomeno legittimo, e lo è tanto più, quanto più sono noti e prevedibili gli effetti di un annuncio come quello di Cheney. E gli effetti erano, e sono, ben noti. Anche al grande pubblico, che negli ultimi anni ha visto moltiplicarsi crisi del genere, imparando a valutarne la portata in termini vicini al proprio portafogli. In sostanza: sapere in anticipo il contenuto di un annuncio come quello del vicepresidente Usa, fornisce un vantaggio fondamentale sui mercati finanziari, tanto i movimenti a seguire ne sono prevedibili. Giù la tecnologia e i consumi più «edonistici», e su la sicurezza, l’energia e la grande distribuzione. Se non ci credete, andate a guardare cosa è successo, ma ricordatevi che tutto ciò era ampiamente prevedibile, e che sicuramente qualcuno, che non siete voi, ne ha approfittato. E di un’altra cosa ci converrà convincerci in fretta: anche quando la pressione sui temi del terrorismo e dei conflitti sembrerà diminuire, non abbassiamo la soglia di attenzione per questi stessi temi, perché l’economia di guerra è ormai una realtà destinata ad accompagnarci, a momenti con fragore e a momenti in silenzio. Ma sarà al nostro fianco per un bel pezzo, e la cosa più importante, proprio come in guerra, sarà di non farci cogliere di sorpresa.

Pubblicato il

24.05.2002 13:00
Paolo Riva
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