La sconfessione popolare della riforma della previdenza per la vecchiaia 2020 (PV 2020) rappresenta per la politica una grande opportunità per elaborare finalmente una soluzione adeguata al futuro. Ad una condizione: che sappia guardare la realtà e formulare premesse corrette. Cose finora totalmente mancate. False premesse del tipo “anche in futuro ci sarà lavoro per tutti” alimentano convinzioni fuorvianti, “ognuno avrà reddito sufficiente per formare un capitale di vecchiaia”, conducendo ad errate conclusioni “il sistema pensionistico è riformabile mediante misure di tipo “aritmetico-contabile”, come quelle sonoramente bocciate. Nulla di più errato. Ciò che si può rimproverare alla politica nella revisione della legge pensionistica è di non aver saputo cogliere la realtà dei cambiamenti in atto e quelli futuri e relative implicazioni. La lettura attenta della realtà del mondo del lavoro dice che: • una proporzione crescente di popolazione svizzera – sia essa in età attiva, sia in pensione – ha un reddito inferiore alla soglia della povertà; • i sottoccupati che desiderano aumentare la loro percentuale lavorativa e quindi il reddito, non riescono nel loro intento. • l’organizzazione del lavoro ha subito in questi ultimi anni una grande trasformazione. Non ingannino le cifre in calo delle persone iscritte alla disoccupazione: una fetta significativa di coloro che hanno trovato un impiego sono lavoratori atipici; oltre alla crescente diffusione di contratti a tempo determinato ed interinale, dilagano forme di lavoro su chiamata, part-time e autonomo. Che in altre parole significa: nessuna certezza d’impiego sul medio-lungo termine, prestazioni sociali a “singhiozzo” (ovvero Avs quando si lavora e 2° pilastro solo quando si supera la quota di coordinamento Avs), salario orario solo in apparenza corretto, perché in realtà “è tutto compreso” (ovvero include anche il valore monetario di vacanze e giorni festivi). • gli over 50, soprattutto coloro poco qualificati stentano a trovare un lavoro, e sono sovra rappresentati nella categoria delle persone inscritte alla disoccupazione. • nel futuro molte funzioni svolte tutt’ora da esseri umani nei vari settori e rami economici – dall’agricoltura ai servizi – saranno assunte dai robot intelligenti . Vi sarà sempre lavoro, ma purtroppo non per tutti e allo stesso momento; una parte crescente di popolazione sarà costretta a vivere in una sorta di “bagnasciuga“, oscillando tra lavoro e disoccupazione, con remunerazioni che non permetteranno di racimolare un reddito per soddisfare i bisogni principali, e tantomeno di formare un capitale vecchiaia sufficiente per quando andranno in pensione. Per molti si preannuncia un’esistenza di precarietà sia durante la vita attiva, sia in quella della quiescenza. Una nuova questione sociale è incipiente. Certamente, fra coloro che non hanno votato, vi sono persone che vivono già nella precarietà, e che nella PV 2020 non hanno trovato soluzione alcuna per migliorare la propria situazione, anzi!. Solo premesse corrette possono innescare un serio ed approfondito dibattito sui limiti del sistema socio-economico attuale, ponendo attenzione finalmente anche all’altra realtà, quella sommersa, invisibile, che ingrossa a dismisura ma che oramai, sfiduciata, rinuncia anche ad esprimere la sua opinione. Certamente ci vuole un piano B, ma non ovviamente un’ulteriore variante dell’alchimia contabile bocciata. Esso dovrà essere all’altezza dei cambiamenti radicali in atto nel mondo del lavoro e nella società in particolare. Alle nuove opportunità generate dall’applicazione del sapere e della tecnologia, ma che segnano nel contempo la fine di un certo modo di pensare e organizzare il lavoro, la politica deve saper contrapporre un impianto che metta il benessere di tutti gli individui e quello dell’ambiente al centro. Sarà all’altezza?
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