Erredipi, l’associazione composta da lavoratrici e lavoratori del servizio pubblico cantonale, comunale e degli enti parapubblici affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino, ha spiegato oggi in conferenza stampa i motivi della prossima mobilitazione indetta il prossimo lunedì 16 ottobre, alle 17 davanti al Palazzo delle Orsoline. L’orario non è casuale. Coincide con la seduta del Gran Consiglio in cui è previsto il dibattitto sul messaggio governativo sul risanamento della cassa pensioni cantonale. Punto primo. «Senza le mobilitazioni dei dipendenti non si sarebbe mai arrivati al risultato contenuto nel messaggio governativo» spiega Alessandro Frigeri della Rete per la difesa delle pensioni (Erredipi). «Il risultato scongiura il previsto taglio del 20% delle pensioni che, sommato a quello precedente, avrebbe portato a un indecente taglio del 40% delle pensioni nel giro di pochi anni. L’attuale messaggio governativo ridimensiona il taglio al 2%» aggiunge Enrico Quaresmini di Erredipi. «L’accordo governativo è dunque da ritenersi positivo ma presenta delle fragilità evidenti in alcuni punti, che potrebbero rivelarsi dei potenziali rischi futuri per le pensioni dei dipendenti. Per questo motivo è importante continuare a mobilitarsi, per vigilare sul presente e sul futuro delle nostre pensioni». In gioco però non vi sono “solo” le loro pensioni, ma la dignità del lavoro esercitato. Docenti, poliziotti, guardie carcerarie, assistenti di cura in case anziani, funzionari comunali e cantonali, solo per citarne alcuni dei mestieri che garantiscono un’infinità di servizi essenziali alla comunità. Leggi anche=> Una lotta che riguarda tutti «Provo a dirmi, per l’ennesima volta, che il doppio declassamento, i contributi di solidarietà, il blocco degli scatti, il passaggio dalla logica delle prestazioni a quella dei contributi, la ridefinizione degli stipendi, e ora l’ulteriore taglio alle pensioni che colpirà gli impiegati dello Stato è solo una normale misura di adeguamento alla crisi economica che sta attanagliando tutto e tutti. Ma non è così» aveva scritto Tommaso Soldini, scrittore e docente, in una lettera aperta pubblicata su La Regione lo scorso autunno. «Indebolire il salario e la pensione di queste categorie implica un logico aumento della demotivazione, che solo alcuni sapranno sapientemente combattere perché l’infragilimento collettivo tocca le corde dell’umanità e chiede di essere ascoltato». Indebolire le pensioni del servizio pubblico, equivale a rendere meno attrattiva la professione. «Sul fondo, si tratta di decidere se si vogliono delle persone impegnate perché motivate nello svolgere il proprio lavoro, oppure delle persone che si accontentano di lavorare» ha chiosato oggi Quaresmini. I portavoci del movimento hanno poi colto l’occasione per far chiarezza su affermazioni errate circolate nei vari dibattiti. «Il risanamento della cassa pensioni pubblica è stato coperto in gran parte dai contributi dei lavoratori. Parte dei soldi trattenuti dai salari dei dipendenti per le pensioni, sono stati utilizzati per coprire il buco della cassa. Lo scrisse il perito indipendente nel messaggio governativo 6666, riferendosi “al margine sui contributi che partecipa al risanamento dell’Istituto di previdenza”. Quel “margine” altro non era che un prelievo occulto di parte dei contributi versati dai dipendenti. È dunque sbagliato affermare, come fanno alcuni, che il risanamento sia stato pagato dai contribuenti. In gran parte, lo hanno pagato i dipendenti» chiariscono i portavoci di Erredipi, invitando gli affiliati all’Ipct nel far sentire la loro voce partecipando al presidio di lunedì prossimo. |