Secondo il consigliere federale Pascal Couchepin, l'iniziativa popolare per il pensionamento flessibile a 62 anni, sulla quale si voterà il prossimo 30 novembre, «non è sociale». Lui sì, invece, che ha idee sociali, con la sua fissazione di alzare l'età del pensionamento e far lavorare quanti più vecchietti possibile; e con le sue considerazioni sui costi dell'Avs, sui crescenti bisogni di finanziamento delle assicurazioni sociali, sull'evoluzione demografica e sulla necessità di abbassare il tasso di conversione ed il tasso di remunerazione dei capitali del 2° pilastro.

Con la votazione popolare che si avvicina, e con i problemi creati in questo momento dalla grave crisi finanziaria globale, è giocoforza tornare a parlare di Avs e di casse pensioni. Rispetto al 2° pilastro, molti timori sembrano giustificati e qualche conseguenza bisogna accettarla. Per esempio, un abbassamento al 2 per cento del tasso d'interesse sul capitale di previdenza nella situazione attuale è inevitabile. Ma solo temporaneamente: importante è «che il tasso minimo venga di nuovo elevato in modo consistente negli anni migliori», ha commentato la responsabile del settore assicurazioni sociali presso l'Uss, Colette Nova.
Occorre tener presente, a questo proposito, che il tasso d'interesse minimo, stabilito dal Consiglio federale, viene riesaminato di norma ogni due anni ed influenza in modo significativo l'ammontare dell'avere di vecchiaia. Per esempio, se un assicurato con 65 anni d'età va in pensione all'inizio del 2009 avendo pagato regolarmente dal 1985 lo stesso ammontare di contributi per la parte obbligatoria dell'assicurazione, almeno il 36 per cento del suo capitale di vecchiaia è stato prodotto dal tasso minimo d'interesse maturato anno per anno (incluso l'effetto dell'interesse composto).
Anche il tasso di conversione (cioè la percentuale dell'avere di vecchiaia che rappresenta la rendita annua) è destinato a subire ancora qualche ritocco verso il basso. È per adeguare il 2° pilastro all'allungamento dell'attesa di vita, si dice. A ripeterlo è soprattutto il ministro dell'interno (e della sicurezza sociale), per il quale, tenuto conto dell'allungamento della speranza di vita, «non vi è alcun paese in Europa che vada verso un abbassamento dell'età di pensionamento». E l'iniziativa "Per un'età di pensionamento flessibile" secondo lui è in contraddizione con l'evoluzione demografica e con la tendenza internazionale in Europa.
Couchepin – si sa – ama dare giudizi "forti" e declamarli nelle conferenze stampa. Anche questa volta, presentando la posizione ufficiale del Consiglio federale sui temi in votazione a fine novembre, ha preteso di insegnare ai sindacati ed alla sinistra il loro mestiere. L'iniziativa prevede che chi guadagna meno di 119'340 franchi deve poter percepire una rendita Avs non ridotta a partire dai 62 anni a condizione di cessare l'attività lucrativa. Ma per il ministro l'iniziativa non è sociale, perché le classi sociali che vorrebbe favorire sarebbero in realtà quelle meno svantaggiate. La spiegazione, secondo lui, è che l'iniziativa porterebbe a un abbassamento puro e semplice dell'età di pensionamento, poiché interesserebbe «il 98 per cento delle donne che lavorano e l'85 per cento degli uomini».
Vi è inoltre la questione dei costi del pensionamento flessibile, stimati in 1,5 miliardi di franchi all'anno. Per Couchepin, anche se l'Avs va abbastanza bene, sussistono problemi interni. In particolare perché l'Avs è chiamata a prelevare dal fondo di compensazione 1,5 miliardi di franchi per risanare l'Assicurazione invalidità. A questa somma va aggiunto il miliardo di franchi di uscite supplementari generato dall'adattamento al rincaro delle rendite a partire dal 2009. «Come vedete», ha commentato il ministro, «la situazione è fragile e non siamo al riparo da choc».
Questo agitare continuamente lo spauracchio di una crisi finanziaria dell'Avs è ormai chiaramente solo un pretesto. L'ultima conferma è venuta dagli ultimi dati pubblicati il 23 settembre dall'Ufficio federale di statistica, secondo cui l'Avs è in buona salute, pur subendo in parte l'effetto della crisi dei mercati finanziari: nel 2007 ha realizzato un utile di 1,5 miliardi di franchi, segnando un rallentamento rispetto ai 2,7 miliardi dell'anno precedente a causa della diminuzione dei rendimenti sui capitali investiti.
Nel 2002 l'Avs era scivolata nelle cifre rosse, ma era poi riuscita a risollevarsi negli anni successivi. A fine 2007 nella cassa di compensazione vi erano 40,6 miliardi di franchi, pari al 122 per cento delle uscite annuali. L'anno scorso la Confederazione ha versato nel fondo Avs più di 7 miliardi di franchi provenienti dalla vendita dell'oro della Banca nazionale. In totale, nelle casse dell'Avs sono confluiti 34,8 miliardi di franchi, mentre le uscite hanno raggiunto i 33,3 miliardi. Dunque, il risultato di ripartizione (esclusi, cioè, i redditi dei capitali, che sono crollati da 1,5 miliardi nel 2006 a 290 milioni nel 2007) è stato senza dubbio positivo.

"È un'iniziativa sostenibile"

Rita Schiavi, secondo il consigliere federale Couchepin sono proprio i più deboli che, se passerà l'iniziativa, non potranno approfittare della pensione anticipata, poiché la rendita Avs non compenserà la mancanza o la riduzione di una rendita del 2° pilastro. Come replica il sindacato?
Non è vero. I più deboli potranno approfittarne meglio di oggi, perché oggi non manca loro soltanto la cassa pensione, ma manca soprattutto l'Avs. In questi casi l'Avs è più importante della cassa pensione: la rendita Avs normalmente supera quella del 2° pilastro per i salari più bassi.  Perciò questi potranno approfittare della rendita Avs, hanno magari una cassa pensione ridotta, ma comunque potranno avere le prestazioni complementari, perché se il loro reddito è insufficiente a 62 anni, lo sarebbe anche anche a 65, e quindi hanno diritto alle prestazioni complementari.
Un'altra obiezione del ministro dell'interno è relativa alla difficoltà di controllare all'estero coloro che andranno in pensione anticipatamente, poiché l'iniziativa prevede che cessino o riducano l'attività lavorativa.
È un'obiezione pretestuosa. È prevista la possibilità di avere un certo reddito: non deve andare oltre un certo limite, ma è possibile averlo. E poi, normalmente, il problema non è quello: il problema è che molta gente a quella età non ha più lavoro e non trova più un'occupazione. D'altronde, anche oggi è così: se uno a 65 anni ha diritto alla pensione e se vuole può continuare a lavorare. È un diritto, e basta. Un diritto che verrebbe tolto sicuramente ad una persona che esce dal mercato del lavoro e che dà la possibilità ad un giovane di prendere il suo posto.
Secondo gli avversari, l'iniziativa blocca la decisione politica e sottrae all'economia personale specializzato. Sono accettabili tali obiezioni?
Gli oppositori devono decidersi se vogliono dire che hanno bisogno dei vecchi, o che non ne hanno bisogno. Perché attualmente li mandano in pensione, cioè li licenziano. E se ci sarà una nuova crisi – e sono convinta che la crisi fra poco arriverà in Europa – gli anziani saranno i primi ad essere licenziati. L'esperienza che abbiamo fatto negli ultimi anni è che le ditte vogliono liberarsene, primo perché non rendono più come i giovani, e secondo perché sono più cari . Infine, i giornali sono pieni di annunci di banche e assicurazioni che offrono piani assicurativi per il prepensionamento a 60 anni: una cosa possibile solo per quelli che hanno soldi. Infatti, la situazione attuale è così: più una persona guadagna, meglio è la situazione della sua cassa pensione, e prima va in pensione. E chi non se lo può permettere sono quelli che hanno casse pensioni piccole e non dispongono di rendite di transizione (le buone casse pensioni offrono una rendita si transizione fino all'età pensionabile, ndr). Quelli che non ce l'hanno devono continuare a lavorare, ma sono quelli che avrebbero più bisogno di andare in pensione prima.
Ultima osservazione di Couchepin: in tutt'Europa si tende ad alzare l'età del pensionamento, e l'iniziativa impedisce alla Svizzera di adeguarsi…
Per fortuna! Noi siamo contrari ad alzare l'età del pensionamento a più di 65 anni, Sarebbe assurdo, anche perché politicamente sì, questo limite viene alzato (e questo significa che la gente non pretende i soldi prima dell'età "legale"). Ma di fatto l'età pensionabile è scesa in Europa, ed è più bassa che in Svizzera. E questo vuol dire che chi può permetterselo va in pensione prima con una buona rendita, e chi non può permetterselo rimane disoccupato o si fa invalidizzare. E la Svizzera ha una delle quote di disoccupati tra i 60 e i 65 anni più alte d'Europa.

Pubblicato il 

03.10.08

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