Pensieri attorno a un dipinto murale a Chiasso

Non passa mese che non si annunci qualche guaio imminente per l’ambiente, per le città, per gli edifici di valore nel Cantone Ticino. Questa volta il pericolo è a Chiasso dove in Corso San Gottardo sono sorte le modine per un palazzone che verrebbe ad occultare il dipinto murale di Carlo Basilico sulla parete cieca della torre scenica del Cinema Teatro cittadino. Quel muro fa parte da tempo del paesaggio urbano chiassese e molti hanno già scritto in proposito per promuoverne la salvaguardia. Io vorrei invece lasciarmi andare ad alcuni pensieri, in disordine, che mi suggerisce quel muro. Il dipinto fu eseguito nel 1936 dal pittore-decoratore chiassese Carlo Basilico che aveva in quel momento quarant’anni. Esso è chiaramente ispirato alle correnti novecentiste italiane di ascendenza futurista. Il pittore Fortunato Depero (1892-1960) quasi coetaneo del Basilico, aveva scritto nel 1931 “Per liberarmi da tutto quello che fu tecnica ed espressione impressionista…m’imposi uno stile piatto, semplice, geometrico, meccanico”. È quello che si vede anche a Chiasso dove i colori impiegati sono solo tre: bianco, rosso, nero, e gli elementi naturali (piante, onde, sole) sono geometrizzati come le case in forte prospettiva che spiccano sulla destra. Con gli stessi tre colori (e solo quelli) aveva spesso lavorato anche il grande pittore e architetto El Lisitzkij (1890-1941), comunista, che passò, per incrollabile fedeltà ideologica e politica, dal suprematismo astratto degli anni della rivoluzione, attorno al ’20, all’accademismo di obbedienza staliniana alla fine degli anni ’30. È interessante notare come tra il grande artista sovietico e il modesto decoratore di provincia, probabilmente più vicino al clima del modernismo fascista comasco e milanese, sia corso, chissà attraverso quali oscuri canali, qualche filo sotterraneo di comune ispirazione artistica: geometria…, rosso, bianco, nero, …asimmetria…rotture prospettiche. Anche da questi punti di vista il dipinto murale chiassese merita attenzione e richiederebbe ulteriori studi. È interessante anche osservare quanto da allora Chiasso sia cambiata e quanto quell’oggetto e altri simili siano ormai diventati storia nel senso pieno del termine. Vi propongo di fare un salto al Serfontana e di osservare il paesaggio che vi si para di fronte: la schiena ricurva e già sudicia degli interminabili ripari fonici lungo l’autostrada, il povero fiume Breggia ridotto a un triste canale tra due muri di cemento armato, pubblicità, cartelli, segnali, l’Erotik Markt in fondo, e in alto, quasi sinistri, gli ultimi resti del castello di Pontegana. Si direbbe che la luminosa e progressiva civiltà della macchine, sognata nel dipinto del Basilico, con l’occhio di un proiettore cinematografico in alto a sinistra, sia finita piuttosto male nel breve giro di una settantina d’anni. Mi è permesso ancora un ricordo personale? Mentre Carlo Basilico stendeva la sua grande pagina murale a Chiasso, io assistevo, bambino, da una finestra del villaggio dove abitavo, alla partenza riprovata per la guerra di Spagna del volontario Albert Della Santa, che non sarebbe ritornato mai più. Raccontarono poi in seguito che un barbiere franchista, radendogli la barba, gli avrebbe tagliato la gola. Comprenderete certamente come la difesa del dipinto murale di Chiasso possa assumere anche valori affettivi per chi, come me, ha, anno più anno meno, la stessa età.

Pubblicato il

21.01.2005 12:30
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