Pedrina, Tony Brunner non sa di cosa parla

Per anni il sindacalista del settore edile Vasco Pedrina si è battuto per l’abolizione del deleterio statuto dello stagionale. Oggi Toni Brunner, capo dell’Udc e contadino, ne chiede la reintroduzione. Vasco Pedrina,  scandalizzato, si rivolge a lui con la lettera aperta che segue, pubblicata oggi anche in tedesco sul quindicinale del sindacato Unia Work.

 

Con la vostra iniziativa xenofoba “contro l’immigrazione di massa”, Lei e il Suo partito chiedete l’isolamento della Svizzera. La forza del nostro Paese risiede nella sua pluralità e nella sua apertura e voi volete distruggerla. Ho letto che Lei auspica addirittura la reintroduzione dello statuto dello stagionale. Io appartengo a quella generazione che per decenni si è battuta per abolire questo statuto. A quei tempi lei era ancora in fasce. Evidentemente non sa di cosa parla: lo statuto dello stagionale ha calpestato la dignità umana, spinto i salari verso il basso e spalancato le porte al dumping salariale. Non solo per gli italiani che hanno costruito la galleria stradale del San Gottardo, le nostre autostrade e numerose dighe di sbarramento nelle Alpi svizzere. Ha spinto verso il basso anche i salari dei lavoratori svizzeri. Lo statuto dello stagionale era dannoso per la nostra economia nazionale.


Quando ero segretario centrale al Sindacato Edilizia e legno (Sel) visitavo centinaia di cantieri svizzeri. Mi occupavo degli stagionali nell’edilizia, che rappresentavano oltre il 60% dei nostri affiliati. Andavo nelle baracche e vedevo come erano costretti a vivere: dormivano stipati in quattro o in sei in condizioni deplorevoli. Ogni anno nel mese di marzo, quando iniziava la stagione, li vedevo alle frontiere. Colonne di uomini a torso nudo, in fila per ore al freddo in attesa della «visita sanitaria di confine». La polizia degli stranieri rimandava a casa gli uomini malati o poco robusti. Già, a quei tempi in Svizzera i lavoratori stranieri venivano accolti dalla polizia. Ero profondamente turbato dal modo in cui si calpestava la dignità umana. Ogni volta mi vergognavo di essere svizzero.


Signor Brunner, adesso lei vuole tornare a quelle condizioni deplorevoli. Mi chiedo se sia mosso da cinismo o solo da ingenuità.
Le mie colleghe, i miei colleghi ed io non tolleravamo quella realtà. Già negli anni ’70 tentammo quindi di far abolire lo statuto di stagionale, ma perdemmo la votazione. Ci scontrammo con l’opposizione delle associazioni dei contadini, degli impresari-costruttori e degli albergatori, che diedero vita ad una campagna di demonizzazione. I «Suoi» contadini, signor Brunner, non i «nostri». L’abolizione dello statuto dello stagionale equivarrebbe ad una catastrofe economica, sostenevano allora, seminando paura. Anche Lei e la sua Udc oggi state seminando paura. Paura degli stranieri, paura dei salari minimi e paura di una migliore protezione salariale.


Ma non ci demmo per vinti. 20.000 persone aderirono a un’imponente manifestazione indetta nella Piazza federale a Berna nel settembre 1988. Da anni non si vedeva una partecipazione così numerosa a una manifestazione. Servì! Il nostro primo successo fu l’abolizione di quella invisa «visita sanitaria di confine». Poi riuscimmo a facilitare anche il diritto al ricongiungimento familiare. Fino a quel momento gli stagionali dovevano aspettare spesso 10, 20 o più anni, prima di acquisire il diritto ad un permesso annuale e poter quindi portare moglie e figli in Svizzera. Signor Brunner, questa è l’amara realtà di un sistema che lei definisce «ottimo» e che intende reintrodurre.


Con il tempo la nostra campagna d’informazione portò i suoi frutti. Un numero crescente di persone comprese che lo statuto dello stagionale avvantaggiava solo le imprese deboli e poco produttive dell’agricoltura, dell’edilizia e del ramo alberghiero. Le imprese innovative e i rami con un elevato valore aggiunto non ne traevano benefici. Riuscimmo anche a far sposare la nostra causa ai governi dei Paesi da cui proveniva la maggior parte degli stagionali. Parlammo con Felipe Gonzalez, Giulio Andreotti e Mario Soares.  ’90 giunse l’atteso verdetto: lo statuto dello stagionale veniva abolito.


A posteriori possiamo senz’altro affermare che l’abolizione dello statuto dello stagionale è stata un bene per il nostro Paese. Finalmente la Svizzera ha potuto liberarsi della sua immagine di Paese freddo e xenofobo.
Finalmente i salari sono aumentati nei rami in cui tradizionalmente lavoravano gli stagionali. Ne è un esempio l’edilizia, che oggi vanta salari buoni e nel passato era un settore con paghe basse. Quest’evoluzione è strettamente legata alla forza dei sindacati nell’edilizia. Nell’agricoltura non siamo forti, lo siete Lei e la sua Udc, e i salari sono miseri.


Contrariamente a quanto affermavate nella vostra campagna di allarmismo, l’abolizione dello statuto di stagionale non si è risolta in una catastrofe. L’economia svizzera è riuscita ad aumentare in modo consistente la propria produttività, anche grazie alla manodopera qualificata estera che ha avuto la possibilità di venire in Svizzera.


Signor Brunner, mi auguro di cuore che lei non creda veramente a tutto quello che dice. Ma se così fosse, si ricordi che il suo appello per la reintroduzione dello statuto di stagionale non solo calpesta i diritti umani delle migranti e dei migranti, ma nuoce anche alle lavoratrici e ai lavoratori locali e alla nostra economia. Nuoce a tutta la Svizzera!


Vasco Pedrina

Pubblicato il

05.12.2013 14:39
Vasco Pedrina