Quando verso le 12.28 del 10 luglio 1976, nello stabilimento della società Icmesa, il sistema di controllo del reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo andò in avaria, si liberò in atmosfera una nube altamente tossica di diossina che colpì i territori di Seveso, Meda e dei comuni limitrofi, provocando danni irreparabili alla cute dei bambini, morie di animali e piante, contaminazioni gravi del terreno e panico generale. Fu un disastro epocale, che segnò però, in Italia e non solo, la nascita di una nuova coscienza ecologica diffusa. Da quel momento i partiti di sinistra, i sindacati, diverse categorie sociali e buona parte della popolazione iniziarono a capire che l’ambiente e la salute non erano valori sacrificabili sull’altare del benessere economico

 

La bonifica

 

La costruzione di ulteriori tratte dell’autostrada Pedemontana, arteria pensata per collegare gli aeroporti di Orio al Serio e Malpensa passando a nord di Milano, ha reso più che mai attuale il tema della diossina e ha risvegliato molti fantasmi del passato. La cosiddetta tratta B2, che coincide con un tratto della Milano-Meda, passerà infatti sopra terreni contaminati dalla diossina che renderanno necessari massicci interventi di bonifica tramite l’asportazione di quantità enormi di terra. Alberto Colombo, esponente di Sinistra e ambiente di Meda, che ha combattuto per anni contro la costruzione dell’autostrada, partecipa ora al Tavolo permanente sulla bonifica da diossina: «Con il nostro e altri gruppi del territorio ci siamo battuti a lungo contro l’autostrada, ma ora che sembra concretizzarsi la sua realizzazione abbiamo deciso di sederci al tavolo per vigilare sulle opere di bonifica. La nostra è una scelta non condivisa da tutti i comitati contro Pedemontana, soprattutto quelli di altri territori, e sicuramente anche rischiosa. Siamo consapevoli del pericolo di essere strumentalizzati da chi questa autostrada, inutile e dannosa, l’ha voluta. Non siamo però partner di Pedemontana, siamo sentinelle». La bonifica comporta rischi ambientali, per la salute dei cittadini e non da ultimo per i lavoratori impegnati nei cantieri: «È necessario che le agenzie locali per la tutela della salute (Ats) e dell’ambiente (Arpa) assumano un controllo effettivo e in tempo reale dei lavori di bonifica per poter decidere il blocco dei cantieri qualora siano misurate concentrazioni anomale di polveri sospese e diossine. Chiediamo anche di garantire alla popolazione informazioni continue e precise sui lavori in corso e sui rischi residui di un processo così delicato». Un altro tema importante è quello delle compensazioni ambientali e forestali: «Anche in questo caso vogliamo avere voce in capitolo. Le compensazioni sono poca roba rispetto al disastro ambientale provocato dalla costruzione di questa strada, ma non vogliamo che i pochi soldi destinati ad aree verdi, ripiantumazioni o ciclabili siano destinati invece per fare parcheggi o altre assurdità».

 

>>  Guarda il nostro video: I fantasmi della diossina

 

La lotta continua

 

Se lungo il tracciato ci spostiamo più verso est, ovvero verso la tratta C, che taglia in due la Provincia di Monza e Brianza, e la cosiddetta D breve, nei territori della Brianza confinanti con la provincia di Bergamo, troviamo comitati che ancora credono di poter fermare l’ecomostro. Luigi De Vincentis, del Comitato in difesa del territorio, risiede a Lissone, uno dei comuni con il più alto consumo di suolo e territorio in cui, stando ai progetti, dovrebbe sorgere uno degli svincoli autostradali più grandi d’Europa. De Vincentis è tra gli attivisti più convinti che si possa ancora fermare il progetto: «L’inizio dei lavori, annunciato in pompa magna a dicembre, non è avvenuto. Le difficoltà che il progetto sta incontrando sono enormi: i ricorsi degli espropriati, i problemi con le falde acquifere, la questione dei finanziamenti europei e, non da ultimo, le resistenze legate a un pedaggio che potrebbe mettere in ginocchio lavoratori e piccole imprese del territorio o ingolfare la viabilità locale non a pagamento. Insomma: non è detta l’ultima parola e noi continueremo la nostra mobilitazione forti del grande consenso che stiamo raccogliendo tra i cittadini». Per i comitati della tratta C non è venuto ancora il momento di trattare: «Ora non vogliamo sederci a nessun tavolo, c’è ancora margine per bloccare questo progetto disastroso. A settembre ripartiremo con le nostre attività e con una raccolta firme legata al consumo di suolo». Un atteggiamento condiviso anche dai comitati della tratta D breve. Manuela Meloni, referente del Comitato Ferma Ecomostro D Breve, è convinta che i giochi non siano ancora completamente chiusi. In particolare, per il tratto di autostrada che più interessa gli attivisti del suo comitato: «Il progetto nel suo complesso è dannoso e anacronistico e ci siamo sempre opposti. Se dovessero davvero partire i lavori, chiediamo di valutare alternative alla tratta attualmente prevista, che spaccherebbe in due un parco agricolo di notevole bellezza e molto apprezzato dalle popolazioni locali. Noi non siamo in grado di proporre alternative concrete, ma ci sono stati studi che hanno dimostrato che è possibile portare a termine l’opera senza devastare il nostro parco utilizzando infrastrutture in parte già esistenti». Questo Comitato può contare sull’appoggio anche delle amministrazioni locali che si stanno spendendo per la salvaguardia del territorio.      

Pubblicato il 

22.08.24