Pascal Couchepin vuole passare alla storia come il consigliere federale che, di riffa o di raffa, è riuscito a riformare le assicurazioni sociali svizzere pur senza poter contare su una maggioranza in parlamento. Ci sta provando con l’assicurazione malattia, il cui progetto di revisione globale naufragò al Consiglio nazionale nel dicembre 2003. Da allora il ministro dell’interno sta procedendo con una riforma “in pillole”, o a tappe, vale a dire con piccoli pacchetti di provvedimenti presentati in successione, il primo dei quali già entrato in vigore, il secondo in via di approvazione, il terzo in fase di proposta. Lo stesso pare voglia fare con l’Avs, lanciando questa settimana l’idea di una “riforma light”.
Già diverse volte questo consigliere federale vallesano – che è meno ascoltato di quanto egli stesso ami credere, ma è sicuramente dotato di un certo fiuto politico – ha suscitato reazioni negative con le sue idee sulla riforma della più importante delle assicurazioni sociali: il “primo pilastro” o Avs. Ancora un anno fa se n’era uscito con una proposta dal tono ultimativo, secondo cui bisognava portare l’età del pensionamento a 67 anni per assicurare il futuro dell’Avs. Un’altra volta se n’era venuto fuori con l’idea di scaglionare l’età del pensionamento in base al reddito.
Ma ogni volta s’è scontrato con esplicite resistenze da un lato o dall’altro del mondo politico. «In questo momento una riforma strutturale complessiva dell’Avs non promette di avere successo», ha constatato il ministro. E allora fa marcia indietro e propone una miniriforma, alla quale ne seguiranno altre, sul modello di quanto già sperimentato con l’assicurazione maternità. Dunque, per cominciare: va bene fissare il limite legale a 65 anni purché valga anche per le donne, quale primo passo verso la flessibilizzazione del pensionamento. Però l’adeguamento delle rendite al rincaro non può essere fatto troppo spesso e le rendite di vedovanza andrebbero abolite. Di portare l’età del pensionamento a 66 o a 67 anni, come pure di ulteriori nuove entrate, se ne riparlerà dopo il 2008.
Politicamente il piano di Couchepin è tutt’altro che maldestro, poiché ogni volta che si parla di metter mano ad una riforma complessiva dell’Avs i fronti s’irrigidiscono ed è impossibile trovare una maggioranza politica. Il ministro ha potuto verificare personalmente, nei suoi recenti incontri con i partiti e con i partner sociali, che sui punti centrali non vi è nessuna convergenza. Alla sinistra che chiede maggiori entrate supplementari per l’Avs, i partiti borghesi ed il padronato oppongono la proposta di elevare l’età del pensionamento. La conclusione che ne ha tratto il ministro è cinica: una grande revisione legislativa troverà il consenso della maggioranza in parlamento solo quando l’Avs comincerà a chiudere i conti in rosso. E questo accadrà, secondo lui, nel 2009. Il collasso dovrebbe seguire nel 2013. Nel frattempo, c’è posto per un primo pacchetto di riforme che potrebbe passare senza troppe difficoltà.
Questo ragionamento può sembrare sconcertante, ma è, oggettivamente, puro realismo politico. Il problema, per Couchepin, è tuttavia la previsione di quanta difficoltà potrà incontrare in parlamento questo suo primo pacchetto. Per farlo passare, avrà bisogno del pieno sostegno del Prd, dell’Udc e del Pdc, dato che la sinistra promette opposizione inflessibile dal momento che sente, quando c’è di mezzo l’Avs, di poter contare sul consenso popolare. L’ago della bilancia saranno perciò i democristiani, ai quali però non è detto che vada giù la soppressione delle rendite di vedovanza. D’altronde, se il ministro crede di potersi ingraziare socialisti, verdi e sindacalisti con quella sua proposta di creare un apposito fondo a sostegno del pensionamento anticipato delle persone che, in quanto beneficiarie di una rendita d’invalidità o perché disoccupate di lunga durata, non sono in grado di lavorare fino a 65 anni, ha fatto male i conti. La sinistra, infatti, ha sempre sostenuto il principio che le assicurazioni sociali, e quindi anche il pensionamento flessibile, devono essere accessibili in modo uguale a tutti. Allontanarsi da questo principio per stabilire delle prestazioni assistenziali a favore di un piccolo gruppo gravemente svantaggiato, sarebbe inaccettabile. Senza contare che 400 milioni di franchi, quanto costerebbe questo fondo speciale, verrebbero sottratti al risparmio complessivo realizzato con la miniriforma. E questo sarebbe ancor più difficile da far digerire all’Udc, che persegue forsennatamente il risparmio ad ogni costo, anche sulla salute dei più deboli.
Premesso che l’eventuale aumento a 66 o 67 anni dell’età legale della pensione non verrebbe preso in considerazione prima del 2008 (con entrata in vigore verso la metà del prossimo decennio), e che anche un incremento dell’Iva per il risanamento dell’Avs non potrebbe venir discusso nel corso di questa legislatura, la “riforma light” prevista da Pascal Couchepin si articolerebbe in quattro punti:
• L’età per l’Avs verrebbe fissata a 65 anni per tutti. Ciò significa che dal 2009 il limite per il pensionamento delle donne verrebbe parificato a quello degli uomini e portato a 65 anni. In tal modo l’Avs risparmierebbe 550 milioni di franchi all’anno.
• Le rendite di vedovanza per vedove senza figli verrebbe soppressa. Couchepin non ne fa una questione di assoluta necessità per il successo della sua miniriforma, tuttavia propone che se ne discuta. In precedenza, nella revisione naufragata in parlamento, era prevista una riduzione delle rendite per vedove anche con figli. Il risparmio previsto sarebbe di 124 milioni di franchi all’anno.
• Il regolare adeguamento delle rendite Avs-Ai all’evoluzione dei prezzi e dei salari (in base al cosiddetto indice misto) verrebbe frenato. Le rendite dell’Avs e dell’Ai continuerebbero ad essere aumentate, come finora, ogni due anni, ma soltanto quando il rincaro segnalato dall’indice misto salirebbe del 4 per cento (finora del 2 per cento). Questo farebbe risparmiare 240 milioni di franchi all’anno all’Avs e 55 milioni all’Ai.
• Quale compensazione a queste misure di risparmio, Couchepin propone di creare delle rendite transitorie per facilitare il pensionamento flessibile di gruppi di persone che, in quanto beneficiarie di una rendita d’invalidità o perché disoccupate di lunga durata, non sono in grado di lavorare fino al 65° anno d’età. A trarne beneficio sarebbero in particolare determinati gruppi professionali o d’invalidi. Il costo viene valutato intorno ai 400 milioni di franchi all’anno.
È chiaro che, con quest’ultima proposta compensativa, il risparmio di quasi un miliardo di franchi all’anno ottenuto con i primi quattro provvedimenti verrebbe dimezzato a 500 milioni. Il versamento delle rendite transitorie verrebbe reso possibile dall’istituzione di un apposito fondo separato dall’Avs, che verrebbe usato come strumento di politica sociale a sostegno dei più deboli, verso i quali si farebbe dell’assistenza dopo averli praticamente estromessi dalla possibilità di fruire del pensionamento flessibile. |