Parole, parole, parole...

In questi giorni ho letto con interesse un articolo di Furio Bednarz sulla formazione continua ed ho seguito la trasmissione "Presa Diretta", il programma di Riccardo Iacona che va in onda la domenica sera in prima serata su rai tre, in cui è stata presentata una puntata sulla condizione femminile in Italia, paragonandola a quella norvegese. Situazioni paradossalmente diverse: se in Norvegia il congedo parentale è esteso anche ai papà, in Italia le mamme sono sovente costrette a lasciare il posto di lavoro dopo la gravidanza.
Queste notizie mi hanno fatto riflettere come anche in Svizzera si dicano tante belle parole, ma poi in realtà si concretizza ancora troppo poco sia a favore delle giovani famiglie sia per implementare delle politiche volte a facilitare l'accesso alla formazione continua a tutti.
A mio giudizio "i politici" dovrebbero farsi maggiormente promotori di progetti in grado di favorire l'approccio al mondo del lavoro per coloro che non sono ancora entrati (penso in particolare ai giovani …), e far progredire coloro che sono già occupati o che hanno (le donne) usufruito di un congedo maternità. Occorre riaffermare con forza il diritto per tutti i lavoratori, occupati e non, alla formazione continua per accrescere le competenze professionali.
Purtroppo, invece, i risultati della votazione di fine settembre con cui è stata accettata la revisione della legge sull'assicurazione disoccupazione lasciano l'amaro in bocca, poiché a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i più deboli ed in particolare i giovani (coloro che dovrebbero essere aiutati per costruirsi un futuro ed una propria famiglia …). Con le nuove disposizioni ci sarà il forte rischio per i giovani di accettare un lavoro che non corrisponde alla formazione seguita, non permettendo conseguentemente agli stessi di "fare esperienza" nel settore professionale per il quale hanno studiato. Si arrischia così di creare uno squilibrio del mercato del lavoro.
Se a questo aggiungiamo che spesso –poiché tra gli obiettivi (anche statistici) degli uffici del lavoro vi è quello di fare in modo che una persona rimanga iscritta alla disoccupazione il minor tempo possibile – alle persone in disoccupazione non si permette di seguire dei corsi strutturati di formazione e/o riqualifica professionale, si rischia di entrare in una spirale al ribasso formativo molto pericolosa.
"Long life learning", vale a dire apprendere lungo l'arco della vita, oltre che un'esigenza della persona (poter vivere da cittadino attivo e guadagnarsi la vita con un lavoro dignitoso), è un atout per l'intera collettività e il suo benessere. E' infatti dimostrato che coloro cui non è data la possibilità o gli strumenti per seguire una formazione continua nel corso della vita sono maggiormente a rischio di disoccupazione e esclusione sociale.
Fra le categorie più sfavorite vi sono le donne, che entrano ed escono dalla vita lavorativa a seguito della maternità. Anche da noi c'è ancora parecchio lavoro da fare per passare dalle parole ai fatti …

Pubblicato il

08.10.2010 12:30
Tatiana Lurati Grassi
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