Parigi, e poi si va a Bombay

«Quando abbiamo cominciato non immaginavamo che questa avventura avrebbe assunto tali dimensioni». Francisco “Chico” Whitaker le origini e l’evoluzione del movimento altermondialista le conosce bene. Settantadue anni, l’architetto brasiliano di Sao Paulo ha avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle tre edizioni del Forum sociale mondiale (Fsm) svoltesi sin qui a Porto Alegre. Poco meno di due mesi fa il segretario esecutivo della Commissione giustizia e pace della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile era a Friburgo, invitato d’onore del primo Forum sociale svizzero. “Chico” Whitaker – che nel suo stato di Sao Paulo è figura di spicco del Partito dei lavoratori – si diceva meravigliato di come «questo nuovo modo di far politica» abbia messo radici ovunque dando luogo a una serie di forum mondiali, continentali e nazionali nei quali ribadire il concetto che «non solo un altro mondo è possibile, ma necessario e urgente». Mentre è in corso in Francia il Forum sociale europeo e a due mesi dal primo Forum mondiale “asiatico” (il quarto Fsm si terrà a Bombay, in India, dal 16 al 21 gennaio 2004, vedasi articolo sotto), area propone un’intervista a “Chico” Whitaker realizzata a margine del Forum sociale svizzero di Friburgo. Francisco Whitaker, l’eterogeneità è ciò che fa la ricchezza del movimento altermondialista, però per pesare maggiormente è necessario che i suoi attori si organizzino in reti, settoriali o geografiche. A parte qualche eccezione, come Via Campesina (una rete internazionale che raggruppa organizzazioni del mondo rurale), non sembra che negli ultimi anni siano stati fatti progressi. Cosa ne pensa? È un processo di apprendimento, che i vari forum favoriscono. Il fatto che si accetti che non esiste una direzione unica mi sembra già una grande innovazione. La gente si deve abituare a quest’idea nuova di partecipazione politica a livello mondiale senza che nessuno dia degli ordini dall’alto. In generale ci sentiamo più sicuri quando qualcuno ci indica la direzione. Ora si tratta di assumere le proprie responsabilità a tutti i livelli, dal locale al globale. È un cambiamento culturale, che non si dà dall’oggi al domani. Come vede le relazioni fra il movimento altermondialista e quello sindacale, fortemente marcato da un verticalismo che il primo cerca di lasciarsi alle spalle? In generale i sindacati, ovunque, si contraddistinguono per un sistema decisionale piramidale, fortemente gerarchizzato. Ma le esperienze dei forum mondiali, continentali e nazionali dimostrano che i sindacati – le federazioni internazionali, le centrali nazionali, i singoli sindacati – si stanno avvicinando agli altri movimenti sociali, alle organizzazioni non governative (Ong). E questo è qualcosa di nuovo. Prendiamo l’esempio del Brasile. Fino a poco tempo fa i sindacati si interessavano solo marginalmente della disoccupazione e si occupavano in maniera quasi esclusiva di salari, di condizioni di lavoro, senza rendersi conto che fanno parte di una realtà sociale molto più ampia. Le cose stanno cambiando poco a poco, il movimento sindacale sta imparando. E impara anche prendendo parte ai forum dove ascolta gli ecologisti, le organizzazioni di sostegno ai sans-papiers, quelle che si battono per i diritti umani, eccetera. Lei è stato ospite d’onore del primo Forum sociale svizzero. Cosa l’ha colpita maggiormente di questa esperienza? Il fatto che a Friburgo si siano riunite per la prima volta tante organizzazioni svizzere con l’obiettivo di intavolare una discussione ampia, incentrata sui temi in discussione anche a livello planetario nell’ambito del Forum sociale mondiale, che è uno spazio per scambiarsi esperienze, un’opportunità di apprendimento reciproco, di definizione di nuove prospettive, proposte e anche di nuove lotte. È interessante che anche qui in Svizzera tante organizzazioni si siano messe d’accordo superando la tendenza a ricercare una direzione unica. Una direzione che nel movimento altermondialista non esiste. La recente riunione ministeriale dell’Omc a Cancún si è conclusa con un fallimento. Qual è il significato politico di questo avvenimento per l’America latina e per il resto dei paesi del sud? Cancún è stato innanzi tutto il fallimento di una struttura senza alcuna trasparenza, antidemocratica, che il movimento altermondialista ha cominciato a denunciare a Seattle (la città nordamericana che nel dicembre del 1999 ospitò la terza conferenza ministeriale dell’Omc contro la quale si mobilitarono migliaia di persone: la protesta segnò la nascita ufficiosa del movimento altermondialista, ndr). Ora ci troviamo di fronte a un dilemma: cambiamo l’Omc o creiamo un’altra struttura multilaterale per regolare il commercio internazionale? A mio avviso bisogna rafforzare il ruolo delle Nazioni Unite facendo sì che esse recuperino un ruolo centrale nella regolamentazione dei flussi commerciali, aprendosi però maggiormente alle organizzazioni non governative e ai movimenti sociali che lavorano in questo ambito. Dopo il Forum sociale europeo il movimento altermondialista comincerà a guardare verso l’Asia. Per la prima volta l’Fsm si svolgerà non a Porto Alegre ma a Bombay, in India. Cosa pensa dell’“asiatizzazione” dell’Fsm? È in corso un processo interessantissimo. In India la società civile è assai viva ma frammentata. Ci sono moltissimi gruppi, organizzazioni che però non si sono mai messi assieme per lavorare a un progetto comune. L’organizzazione del quarto Forum sociale mondiale è un momento storico per questo paese, in quanto cambierà le relazioni fra le varie componenti della società civile. Nell’allestimento dell’Fsm sono coinvolti attori assai diversi fra loro, dalle grandi organizzazioni sindacali alle associazioni di difesa dei più poveri. È un grande apprendimento per questo paese, e lo sarà anche per chi parteciperà al Forum.

Pubblicato il

14.11.2003 01:30
Stefano Guerra