Padroncini, è l’ora dell’assalto

«Come ho fatto a diventare indipendente? Sono andato alla Confartigianato di Verbania, mi hanno aperto la partita iva e dopo pochi giorni ero regolarmente iscritto all’albo in qualità di ditta di “pavimentazioni stradali in pietre, porfidi, acciottolati e cordolature”. È stato semplice», così Mauro (il nome è di fantasia) ci ha spiegato l’iter che ha dovuto seguire per passare dalla condizione di selciatore frontaliero a quella di libero professionista mentre è alle prese con i dadi per la pavimentazione del piazzale di una banca elvetica. «Quello dei padroncini è un fenomeno nuovo che è stato ampiamente sottovalutato nell’ambito dei bilaterali e che ci preoccupa sempre più», ha invece ricordato in altra sede – durante l’assemblea generale dell’Associazione professionale di controllo (Aic) – il presidente Renzo Ambrosetti Basta dare un’occhiata alla tabella contenuta nello speciale rapporto del Segretariato di Stato dell’economia (seco) – riprodotta in pagina in basso a sinistra – sui primi sei mesi di libera circolazione per capire che il Ticino si trova in una posizione del tutto particolare. Non solo è fra le regioni che risentono maggiormente degli effetti della seconda fase dei bilaterali I, con il terzo più alto numero di notifiche di entrata per cantone. Ha anche un’altra peculiarità: se a livello elvetico solo il 4 per cento dei lavoratori attivi in Svizzera per meno di 90 giorni sono lavoratori indipendenti, a sud delle Alpi la percentuale si triplica attestandosi in cima alla classifica con un 13 per cento. Ma “l’assalto dei padroncini”, se rapportato ai 17 rami professionali membri dall’Aic (che vanno dalla commissione paritetica cantonale dell’edilizia a quella forestale in cui sono equamente rappresentati le imprese e i lavoratori), si fa ancor più pesante. Dal gennaio alla fine dell’aprile di quest’anno più del 50 per cento dei lavoratori sono infatti entrati in questi settori in qualità di indipendenti (vedi tabella in basso a destra). Li chiamano “falsi indipendenti”, ma la maggior parte di loro agisce tuttavia nella piena legalità. Gli autonomi possono lavorare per un massimo di 90 giorni all’anno in Svizzera e a differenza dei lavoratori distaccati – da un’impresa dell’Unione europea dei 15 in terra elvetica – che devono essere notificati almeno una settimana prima dell’ingresso, gli indipendenti possono semplicemente annunciarsi il giorno precedente l’inizio dei lavori. Ma non è tutto qui. Il vero nocciolo della questione sta nel fatto che il fenomeno dei “padroncini” è stato realmente sottovalutato dalle misure di accompagnamento alla libera circolazione, un vero e proprio deficit legislativo. Cerchiamo di capire meglio tornando al caso del selciatore indipendente. Mauro* fino a 6 mesi fa lavorava come frontaliero per una ditta svizzera, «poi non ce la facevo più a svegliarmi tutte le mattine alle 4 per arrivare al lavoro, così ho fatto due conti e sono diventato indipendente. Più o meno guadagno come prima anche se devo aspettare un po’ per vedere veramente come va. Adesso però posso almeno stare più vicino alla mia famiglia ora che ho dei bambini piccoli. Sono fortunato perché pochi sanno fare il mio mestiere, è un lavoro specialistico e molto richiesto». Come lavoratore dipendente Mauro era protetto da un contratto collettivo di lavoro di settore (Ccl) e dalle norme di sicurezza del lavoro previste dal contratto. Ora, nell’ambito delle misure d’accompagnamento, questo stesso Ccl si applica anche al lavoratore distaccato su suolo svizzero. Un selciatore impiegato in Italia che guadagna 10 euro all’ora se varca la frontiera deve essere improvvisamente trattato – così prevedono le norme di salvaguardia del mercato del lavoro interno previste dalle misure d’accompagnamento ai bilaterali – secondo il Ccl elvetico con una paga che si raddoppia. Ma c’è un modo abbastanza semplice per aggirare queste regole del gioco: basta diventare indipendente. In questo caso non c’è Ccl che tenga, semplicemente non ha più alcuna validità. A valere sono invece unicamente le “non-regole” del mercato. L’indipendente può lavorare per lo stipendio che riesce a strappare, anche molto al di sotto dei minimi. Può lavorare il sabato e la domenica, decide lui gli orari di lavoro, le proprie norme di sicurezza e le coperture assicurative. Le imprese ticinesi sono preoccupate per questa forma di concorrenza, sì sleale ma anche del tutto legale. «La situazione oggi è preoccupante e senza i controlli dell’Aic sarebbe catastrofica», ci ha detto Claudio Suter presidente dell’Unione dell’artigianato edile (Uae). Ma l’Aic, per il momento, può effettuare dei controlli efficaci solo laddove esistono Ccl. Gli indipendenti dell’Ue dei 15 sono gli “intoccabili del mercato”. Ma quanti sono? Non pochi in Ticino: ci sono settori come quello della posa pavimenti, della posa piastrelle, della pittura e della gessatura dove il numero di lavoratori autonomi supera quello dei dipendenti che sono entrati negli ultimi 4 mesi in Svizzera (vedi tabella in basso a destra). Ma chi ci guadagna e chi ci perde? La risposta in questo caso ha diverse sfaccettature. Dal punto di vista delle imprese e degli artigiani ticinesi a perderci sono loro perché gli indipendenti possono aggiudicarsi dei lavori vendendo la propria arte a prezzi decisamente inferiori. Vero, ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. «Oggi sono qui perché mi ha chiamato il mio vecchio datore di lavoro svizzero, quello per il quale facevo il frontaliero. La notifica me l’ha fatta lui ieri – dice Mauro seduto sul tipico seggiolino del selciatore –. Per questo lavoro prendo 14 euro al metro, la stessa somma che prendevo al netto anche prima. Mi ha chiamato qui perché sa come lavoro, mi conosce». Non cambia nulla quindi? Non proprio. «Per noi ora è decisamente meglio – dice il titolare dell’impresa svizzera* giunto sul luogo per controllare il lavoro –. Ora abbiamo un grande vantaggio, quello di poter chiamare Mauro solo quando c’è lavoro. Il resto del tempo possiamo lasciarlo a casa. In più lo conosciamo, lavora bene. È un vero professionista». Ma ci sono anche altri vantaggi monetizzabili: la ditta svizzera non paga gli oneri sociali che dovrebbe corrispondere al selciatore se fosse ancora un suo dipendente. O ancora: può accorciare i tempi di consegna lasciando Mauro al lavoro oltre gli orari consentiti per i propri impiegati. Ma allora cosa ci guadagna il selciatore, perché è in Svizzera? L’abbiamo chiesto a Bruno Zarro, ispettore dell’Aic: «in questo caso ciò che andrebbe fatto sarebbe quello di controllare se l’indipendente dichiara in Italia ciò che guadagna in Svizzera. Nei casi in cui invece riesce lui stesso ad aggiudicarsi un lavoro, chiaramente i vantaggi sono altri. Probabilmente riuscirebbe a guadagnare più di quei 14 euro al metro potendo far spendere meno al committente per rapporto all’offerta di una ditta elvetica». Mauro lo fa? «Non ci avevo ancora pensato, in effetti per fare il mio lavoro ho solo bisogno di questo seggiolino, di un martello e di questi pezzi di legno per battere sui dadi. Il materiale, la sabbia e l’acciottolato, me li potrei far portare da un’altra ditta che mi livellerebbe anche il terreno. In questo caso sarei veramente indipendente. Oggi come oggi per me una giornata di pioggia è una giornata persa, prima quando avevo un contratto venivo pagato», ci risponde. Ma quale è l’ampiezza di questo fenomeno? Di questo dumping all’incontrario di ditte svizzere che scaricano rischi sugli indipendenti aumentando allo stesso tempo i propri margini di profitto? «È un fenomeno che non possiamo nascondere, esiste. Per il momento sono poche decine le imprese svizzere che abbiamo pescato a fare questo gioco», ha detto Claudio Suter durante l’assemblea generale dell’Aic. «Eppure non possiamo fare nulla se non richiamare all’ordine queste imprese. Agiscono nella piena legalità, nessuno gli può vietare di impiegare indipendenti dell’Ue pagandoli quanto vogliono», ci ha detto in seguito il presidente dell’Uae. Un vero e proprio buco legislativo negli accordi bilaterali che non si è riusciti a prevedere e che l’Aic ha segnalato alla Commissione tripartita cantonale. «Ma è un problema che non può essere risolto unicamente a livello cantonale. Ci vorrebbe l’intervento dell’autorità federale», ha precisato tuttavia Renzo Ambrosetti a conclusione dell’assemblea. Intanto il Ticino resta un cantone decisamente anomalo per affluenza di indipendenti. Affluenza che varia molto a dipendenza del settore. Distinguere però in questo caso chi fa la parte del lupo e chi quello della pecora non è così facile come potrebbe apparire. Pare piuttosto più veritiero il motto “l’occasione fa l’uomo ladro”. * Le persone interpellate hanno richiesto l’anonimato. La loro identità e il nome della ditta sono noti alla redazione.

Pubblicato il

20.05.2005 02:00
Can Tutumlu