Niente sarà più come prima; dobbiamo pensare tutto daccapo; la crisi impone un progresso in termini di «governance» globale; nuove priorità; la recessione economica ormai è inevitabile: sono alcuni dei messaggi forti mandati dai mass media ai popoli occidentali sotto shock. E poi ancora: guerra dal cielo; maccartismo globale; guerra senza invasione dei territori, senza eserciti, cibernetica; guerra contro un nemico che è tra noi, guerra tra civiltà; siamo tutti americani; sarà una guerra sporca. Sembra di essere di fronte a un gioco di specchi. Ha ragione Marco Bascetta quando scrive su Il Manifesto: «Antiamericanismo e filoamericanismo derivano da una medesima ottusa semplificazione, da una sorta di disciplinamento mentale di tipo militare. Quella stessa semplificazione di cui si alimentano da sempre tutti i fondamentalismi del pianeta». Il liberismo economico non è forse stato il «nostro» fondamentalismo? La scuola di Chicago, dove migliaia di giovani hanno studiato i precetti dell’economia del «libero» mercato, non è forse stata a suo modo una «scuola coranica»? Non dobbiamo dimenticare Di fronte a questa tragedia abbiamo il diritto e il dovere morale di non dimenticare, di non rincretinirci con il patriottismo made in USA, di non identificarci con la più impermeabile e prepotente versione della dottrina liberista nel nome della «civiltà occidentale». Sentimenti morali come il desiderio di reputazione, di riconoscimento di sé entro sfere di appartenenza, come il senso di solidarietà, ci impongono di stare con coloro che hanno raccolto dal fango le bandiere della pace dopo anni di egemonia economica del pensiero unico. Con coloro che hanno iniziato a costruire una federazione globale di popoli per non farsi schiacciare entro i confini dello Stato-nazione per dar sfogo alle peggiori pulsioni xenofobe. Con coloro che hanno capito che la crisi economica è scoppiata ben prima del martedì nero, ed è scoppiata perché tecnologie e profitti sono stati sostituiti alla centralità dell’uomo, al valore dei rapporti sociali, all’equità e alla salute del pianeta. Con gli americani, non con l’America. Con chi è sotto le macerie dell'ultimo logo della finanza imperiale. Con chi vuole tempo e mezzi per vivere e amare, non per piangere il vuoto della morte.

Pubblicato il 

21.09.01

Edizione cartacea

Rubrica

Nessun articolo correlato