La prossima settimana comincia al Consiglio nazionale l’esame parlamentare della 5.a revisione dell’Assicurazione invalidità (Ai). L’obiettivo dichiarato del Consiglio federale è quello di ridurre del 20 per cento il numero delle nuove rendite. Le vie per arrivarci sono essenzialmente due. Da un lato si vuole introdurre un sistema di rilevamento e intervento tempestivi, ed i provvedimenti volti all’integrazione professionale verranno rafforzati. In altre parole, l’intenzione è di rilevare ed assistere per tempo le persone interessate e permettere loro di mantenere il posto di lavoro o di essere integrate in uno nuovo. Tale sistema di rilevamento tempestivo dovrebbe essere introdotto subito in tutta la Svizzera, senza aspettare che venga sperimentato attuando progetti pilota. Sarà quindi completato da nuovi provvedimenti di intervento rapido, allo scopo di permettere a persone del tutto o in parte inabili al lavoro di mantenere il posto di lavoro o, se questo non è possibile, d’integrarsi in un nuovo posto di lavoro all’interno o all’esterno dell'azienda da cui dipendono. La seconda via è quella di obbligare gli assicurati a collaborare maggiormente all’integrazione. Come? Ridefinendo in modo più restrittivo il concetto d’invalidità e rendendo più rigorosa la normativa concernente il diritto alla rendita. In altre parole, verranno limitate le condizioni che permettono oggi di percepire una rendita Ai. Inoltre la revisione prevede misure volte a correggere incentivi finanziari che attualmente rendono a volte più interessante per un assicurato vivere con una rendita Ai, anziché rimanere attivo o reinserirsi nel mondo del lavoro nel limite delle sue possibilità. In pratica si tratterebbe di di incoraggiare gli invalidi a non rinunciare al loro reinserimento, anzi ad interessarsene attivamente, adattando il sistema di indennità giornaliere dell’Ai in modo che venga evitata un’eventuale perdita di reddito in caso di aumento dell’attività lucrativa. Il progetto prevede poi il rafforzamento della sorveglianza della Confederazione, che includa anche un maggiore coinvolgimento partner sociali, e diverse misure relative al risanamento finanziario dell’Ai (maggiorazione dei contributi e ricorso all’Iva). Queste ultime però non saranno discusse in questa sessione parlamentare, perché sono state separate dalla riforma vera e propria. L’anno scorso, presentando la riforma, il consigliere federale Pascal Couchepin disse che questo maggior rigore toccherà più i malati psichici che i paraplegici. Che cosa voglia concretamente significare un criterio più rigoroso per i malati psichici non è tuttavia chiaro. Questi non possono essere esclusi dall’Ai, come chiede l’Udc; e lo stesso Couchepin ha alimentato la confusione affermando che «il più rigoroso concetto d’invalidità non è diretto ai malati psichici». Sta di fatto che, invece di riconoscere direttamente una rendita a questi ammalati, anche per loro vengono previste misure di riadattamento socioprofessionale con il versamento di un’indennità giornaliera. Questi crescenti ostacoli opposti all’ottenimento di una rendita Ai sono stati definiti dal presidente socialista di Pro Mente Sana, il consigliere nazionale Jost Gross, come minimo «discutibili». Lo stesso traguardo di una diminuzione del 20 per cento viene ritenuto da Gross un «obiettivo temerario». Strada facendo, però, il progetto di 5.a revisione dell’Ai si è un po’ ammorbidito. Il 17 febbraio scorso la commissione sicurezza sociale e sanità del Consiglio nazionale l’ha presentato alla stampa con le sue proposte di modifica rispetto al progetto del governo. La sinistra vi si è opposta “per il momento”, poiché non vede di buon occhio la separazione del capitolo finanziario. Sta di fatto che il presidente della commissione, il radicale bernese Pierre Triponez, pur avendo dichiarato che «abbiamo rispettato essenzialmente la linea del Consiglio federale», ha illustrato diverse correzioni, non certo secondarie, apportate al progetto. Per cominciare, la commissione sicurezza sociale e sanità del Nazionale ha rinunciato all’idea d’istituire una commissione di sorveglianza che riunisca Confederazione e partner sociali, ritenendo una simile istanza inutile e costosa. La commissione ha pure preso in contropiede il Consiglio federale, mantenendo la possibilità per i beneficiari di rendite Ai di usufruire delle prestazioni complementari dell’Avs. Altro emendamento: coloro che ricevono una rendita Ai devono poter approfittare dei programmi dell’assicurazione contro la disoccupazione (Ad), anche se non adempiono più le condizioni per partecipare a questi programmi. L’80 per cento dei costi dev’essere preso a carico dall’Ad e il resto dai cantoni. La commissione del Nazionale ha inoltre riformulato l’articolo che permette di ridurre le rendite per i figli di genitori invalidi quando si supera un determinato limite di reddito. La commissione vuole anche incoraggiare maggiormente il lancio di progetti pilota intesi a reintegrare gli invalidi nella vita attiva. E sempre a proposito di reinserimento professionale, la commissione ha confermato la volontà di non introdurre quote: non ha voluto fissare una proporzione minima d’invalidi nelle aziende che contano più di 100 collaboratori, ma vuole chiedere al Consiglio federale un rapporto su questa problematica. Se le imprese se ne lavano le mani La reazione della sinistra parlamentare alla prima proposta di 5.a revisione dell’Ai, presentata due anni fa, era stata inizialmente “positiva”, come sottolineava allora un comunicato il Pss. A sua volta, l’Uss aveva detto di apprezzare il rafforzamento dell’individuazione tempestiva e della reintegrazione degli invalidi, gli incentivi all’occupazione, nonché la valutazione dell’invalidità attraverso i servizi medici regionali delll’Ai.Si esprimeva insomma soddisfazione per il fatto che il governo riconoscesse che il risanamento dell’Ai non si può fare soltanto con misure di risparmio e tagli alle prestazioni. Tale giudizio è però cambiato nel frattempo. Già allora la dirigente nazionale del sindacato Sei (oggi Unia), Rita Schiavi, affermava che «è giusto cercare di reintegrare la gente nel processo produttivo, e destinare più soldi a questo scopo, ma quello che manca sono i posti di lavoro per gli invalidi, senza i quali la reintegrazione sarà difficile. Inoltre, ci vogliono misure preventive per evitare che la gente diventi invalida, il che significa promuovere la medicina del lavoro, la sorveglianza sui posti di lavoro, ecc.» Il tema è stato ripreso dall’Uss. «Abbiamo constatato un deterioramento della disponibilità dei datori di lavoro a occupare persone con capacità lavorative ridotte», ha detto pochi giorni fa Colette Nova, dell’Uss. Le ha fatto eco la consigliera nazionale e sindacalista Christine Goll: «È ora di smetterla con la diffamazione collettiva delle persone portatrici di handicap». Bisogna «obbligare i datori di lavoro ad assumersi i costi che con le loro decisioni scaricano sulla collettività». Da parte sua il Pss, per bocca della consigliera nazionale vallesana Stéphane Rossini, indica oggi proprio nella «debole pressione» sulle imprese il punto debole della revisione. I socialisti condividono l’esigenza del risanamento dell’Ai, ma questo non deve avvenire «a detrimento delle persone invalide».

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17.03.06

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