«Ora o mai più»

Usare un’immagine solare per una visione oscurantista. In modo ambiguo e facendo leva sui sentimenti della gente l’iniziativa popolare «Madre e bambino» vorrebbe la donna nella stretta morsa della colpevolizzazione. Una campagna ideologica questa che vuole mantenere la Svizzera in una posizione di arretratezza rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei dove le donne da tempo hanno ottenuto di scegliere liberamente e consapevolmente la maternità. Per questo in tutta la Svizzera e in vista della votazione popolare del 2 giugno (si deciderà se accettare la «Soluzione dei termini», ossia la depenalizzazione dell’aborto o l’iniziativa proibizionista «Madre e bambino» a favore della punibilità della donna in caso interrompa la gravidanza), è in atto una campagna di informazione sulla "Soluzione dei termini" (la possibilità d’interrompere la gravidanza entro le prime 12 settimane). La posta in gioco è alta e così anche in Ticino - come negli altri cantoni - molte forze a favore di una libera scelta della donna in materia di interruzione di gravidanza si stanno mobilitando. Forze che lavorano affinché non si perda l’occasione di liberare la Svizzera da uno strascico legistativo medievale. E l’urgenza di questo cambiamento è espresso con determinazione dallo slogan «Ora o mai più» adottato per la sua campagna di sensibilizzazione dal Gruppo promotore a sostegno della «Soluzione dei termini» che si è presentato al pubblico ieri nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Bellinzona. Coordinato da Matteo Ferrari, il gruppo accoglie, tra gli altri, Anna Biscossa (presidente Ps) Giovanni Merlini (presidente Plrt), Marina Carobbio Guscetti (capogruppo Ps) e Michela Ferrari-Testa (vicepresidente Plrt). «Il Gruppo – ci spiega la dottoressa Marina Carobbio Guscetti – si è costituito 3 mesi prima della votazione popolare perché riteniamo che si tratti di un dibattito veramente importante. Un dibattito che, per motivazioni diverse, coinvolgerà molto la popolazione svizzera e ticinese, per cui troviamo sia giusto far conoscere tutte le posizioni e far prendere coscienza di questo problema. Il nostro Gruppo offre quest’opportunità proprio per la presenza al suo interno di forze diverse che vedono in prima fila rappresentanti di partito e di più aree (professionisti di vari settori: medici, operatori sociali, ecc.)». Una campagna importante che avrà il non facile compito di scardinare molte mistificazioni paventate da coloro che lasciano intendere che, senza barriere penali, le donne finirebbero con lo scambiare l’aborto per un metodo contracettivo (!). Mistificazioni smentite dai dati che dimostrano come laddove vi è un’atteggiamento di apertura e di informazione, gli aborti sono diminuiti. Un dato: in Ticino nel 1996 ci sono stati 664 aborti scesi nel 2000 a 613 (fonte: Dipartimento opere sociali). In materia di aborto, la Svizzera è rimasta al 1942 quando con l’entrata in vigore del codice penale, si stabiliva che l’aborto era perseguibile penalmente (a meno che la madre non fosse in pericolo di vita). «Alle soglie del terzo millennio – fa notare Carobbio – nel nostro paese la donna, non soltanto viene colpevolizzata. Fortunatamente il Ticino, come nella maggior parte degli altri cantoni, si è voluto venire incontro alle donne che per diversi motivi – sociali, familiari, medici – hanno dovuto ricorrere all’interruzione di gravidanza. Una scelta spesso difficile che, personalmente penso spetti per primo alla donna e, laddove è possibile, alla coppia». Ciò che si chiede dunque con l’introduzione della soluzione dei termini, non è nient’altro che una regolamentazione di una realtà che esiste di fatto. «Ritengo – conviene la giurista Michela Ferrari-Testa – indispensabile un adeguamento della prassi legale con la prassi fattiva che si è instaurata nella nostra società. È ormai accettato e risaputo che vengano praticate interruzioni di gravidanza: la depenalizzazione non fa altro che parificare lo stato di fatto con lo stato legislativo. In uno Stato di diritto è assolutamente necessario che alla legge corrisponda la realtà. Per cui la "Soluzione dei termini" è una soluzione adeguata, corretta e che permette questo passaggio e lascia una dovuta libertà di scelta alla donna e alla coppia di prendere una decisione senza la preoccupazione, o l’angoscia, di dover subire una sanzione penale per la decisione che ha preso». Chi si batte per la depenalizzazione dell’aborto, si batte «per una libera scelta; per dei bambini desiderati» come ricorda la campagna a favore della «Soluzione dei termini» e non contro la vita come vogliono far intendere i promotori dell’iniziativa popolare dall’ingannevole slogan «Madre e bambino». Anche a livello nazionale, la mobilitazione ferve: proprio oggi, 8 marzo, la Coalizione femminista (Femco) lancia una campagna d’informazione per la soluzione dei termini. Per chi volesse sostenere la campagna «Sì alla soluzione dei termini»: ccp 30-539967-3; www.soluzione-dei-termini.ch

Pubblicato il

08.03.2002 03:30
Maria Pirisi
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