Operai in sciopero, e la Rutz cede

«È un avvertimento a tutti i datori di lavoro dell’edilizia principale che vogliono uscire dal contratto collettivo. E questa vittoria è ancor più significativa se si pensa che è stata ottenuta nel cuore della roccaforte dell’Udc zurighese». Così commenta Roman Burger, segretario della sezione Zurigo del Sindacato edilizia e industria (Sei), l’esito dello sciopero alla Rutz Kaminbau Ag di Rümlang, un comune dell’hinterland zurighese nei pressi dell’aeroporto di Kloten. La Rutz aveva annunciato di voler uscire dal contratto collettivo lo scorso 26 aprile, dopo che le trattative fra la ditta e il Sei s’erano arenate. Lo sciopero, deciso il 28 aprile, è durato dal giorno seguente fino al 2 maggio. Se la Rutz fosse riuscita nel suo intento, i dipendenti avrebbero perso il diritto al pensionamento anticipato a 60 anni e avrebbero dovuto fare i conti con minimi salariali inferiori, con meno ferie, con una minore protezione dalla disdetta in caso di malattia o infortunio e con un peggioramento della regolamentazione delle indennità giornaliere per malattia. Lo sciopero alla Rutz s’inserisce in un clima di crescenti tensioni nell’edilizia in diverse regioni della Svizzera, in particolare nel canton Zurigo, come ci conferma Burger: «sì, gli impresari costruttori della regione attorno a Zurigo sono ormai sempre più sistematicamente orientati verso l’Udc. Così hanno già espresso la volontà di disdire gli accordi regionali supplementari. E ora vogliono escludermi dalla commissione paritetica perché mi rimproverano di aver guidato lo sciopero. Quello della Rutz è solo il primo conflitto che toccherà nei prossimi mesi la nostra regione». Alla Rutz lavora una trentina di dipendenti. Di questi 20 sono soggetti al contratto collettivo dell’edilizia principale: e tutti loro hanno scioperato. «La maggioranza degli scioperanti è di nazionalità svizzera», osserva Burger: «questo smentisce un luogo comune secondo cui ad essere disposti allo sciopero sarebbero solo i lavoratori stranieri nelle città». La Rutz ha giustificato il suo proposito di lasciare il contratto collettivo dell’edilizia principale sostenendo che il ramo in cui essa è attiva, la costruzione di camini, non è più da considerarsi edile in senso stretto, ma è semmai più attinente all’artigianato e all’industria. Cosa ne pensa Burger? «È un pretesto. Certo si può argomentare che chi costruisce camini non debba più sottostare al contratto collettivo dell’edilizia principale. Ma allora si tratta di una questione giuridica da risolvere in tribunale. La Rutz voleva invece sottrarsi al contratto collettivo dell’edilizia principale per derubare i suoi dipendenti dei loro diritti acquisiti». Lo scorso venerdì lo sciopero s’è dunque concluso con una festa per la vittoria ottenuta, dopo che il Sei da un lato e la Rutz dall’altro hanno sottoscritto un accordo con il quale la ditta riconosce l’attuale contratto collettivo dell’edilizia principale, compreso il pensionamento flessibile a partire da 60 anni. Non solo: la Rutz s’è impegnata a non peggiorare le condizioni di lavoro e ha rinunciato a denunciare gli scioperanti. Ma la stessa ditta ha diramato un comunicato in cui si dice vittima di un ricatto che l’ha costretta alla capitolazione, e accusa il Sei di aver condotto uno sciopero illegale senza che lo Stato sia intervenuto per tutelare i diritti della Rutz. Un ricatto? «Scioperare significa far pressione. Con uno sciopero si vuol far capire ai datori di lavoro che dipendono a loro volta dai lavoratori, e che non possono quindi permettersi di fare tutto quel che vogliono. Se i lavoratori non potessero ricorrere a misure di lotta quali lo sciopero, i datori di lavoro disporrebbero di un potere di ricatto esclusivo», conclude Burger.

Pubblicato il

01.05.2003 02:30
Gianfranco Helbling