Ci vuole una bella faccia tosta.
Ci vuole davvero una bella faccia tosta ad impiegare parte dei soldi che versiamo alle casse malati per mettere in piedi una campagna propagandistica milionaria contro l'iniziativa popolare che chiede finalmente di entrare anche in Svizzera nell'era moderna per quanto attiene alla salute, bene primario.
Il 12 dicembre la Neue Zürcher Zeitung ha dato notizia di una perizia giuridica che definisce illecito il finanziamento che l'ottantina di casse malati presente in Svizzera, tramite l'associazione mantello santésuisse, sta facendo della campagna contro l'iniziativa popolare per una cassa malati unica e pubblica finanziata in base ai redditi.
A firmare l'autorevole perizia che inchioda santésuisse è nientemeno che l'ex presidente del Consiglio degli Stati René Rhinow, liberale a denominazione d'origine controllatissima.
Il direttore di area ha pensato a questa rubrica quale occasione per valutare e mettere a confronto diversi commenti e posizioni su un dato argomento d'attualità.
Questa volta però se peccato c'è stato, è stato quello di omissione. Nessuno dei quotidiani ticinesi ha ritenuto necessario commentare questa notizia. E sì che in Ticino i premi di cassa malati sono tra i più elevati del Paese (e il reddito è tra i più bassi); e sì che in Ticino è stata votata dal parlamento un'iniziativa cantonale a Berna che chiedeva l'istituzione di una cassa malattia pubblica; e sì che in Ticino da anni pende un'iniziativa popolare della Lega per costituire una cassa malti pubblica cantonale; e sì che in Ticino ci sono molti problemi connessi: dall'elevato numero di insolventi e addirittura sospesi, alla deformazione del parametro di reddito imponibile che porta persone o coppie dai redditi lordi elevatissimi (alcune centinaia di migliaia di franchi) a percepire sussidi, fino ai vari tentativi di un taglio dei contributi sventati ora da referendum, ora da sentenze di tribunali.
Invece niente, silenzio sullo scandalo della lobby dei 'cassamalatari' che con i nostri soldi fa l'opposto del nostro interesse. Giova ricordare che operando con la Lamal le casse malati non possono per legge conseguire utili. Ci si dovrebbe chiedere allora come mai si agitino tanto per non farsi togliere un'attività non lucrativa, per evitare a tutti i costi che l'assicurazione di base passi al finanziamento pubblico com'è praticamente il caso in tutto il resto dell'Europa. Se vi prendete la briga di aprire l'elenco del telefono, mettiamo a Lugano, sotto 'casse malati' trovate almeno una trentina di indirizzi. Trenta casse, trenta e più uffici, impiegati direttori vice e acquisitori. Un impero se rapportato al piano federale.
Se si vanno a vedere le enormi retribuzioni dei manager delle casse malati, specie le più grandi, si capisce come si tratti di vere cittadelle di potere nelle quali magari alla fine dell'anno entrate e uscite sono equivalenti e quindi il lucro non c'è (semmai le eccedenze finiscono in riserve e c'è poi sempre la Borsa a Zurigo per andare a giocare un po', tanto se si perde come nei primi anni Duemila si ricostituiscono allegramente a spese degli assicurati).
Più ragionevole sarebbe avere degli assicuratori con cui accordarsi su una riduzione della paletta delle prestazioni di base, da affidare ad una cassa pubblica, ampliando il ventaglio delle complementari da lasciare al privato, con però una regolamentazione che eviti gli effetti antisociali del puro diritto privato.
Ma si vede che è troppo pretendere in questa sorta di Medio Evo assicurativo.
Eccoci così davanti all'ennesima scorrettezza. L'unica arma a disposizione è il voto dell'11 marzo. Usiamola e facciamola usare.

Pubblicato il 

22.12.06

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