Ogm, solo in laboratorio

Cinque anni senza l’impiego in agricoltura di piante e animali geneticamente manipolati. È questo in sostanza quanto chiede l’iniziativa popolare “per alimenti prodotti senza manipolazioni genetiche” in votazione il 27 novembre. Una moratoria per gli Ogm che sta facendo discutere una Svizzera che vorrebbe fare i primi passi nell’applicazione a cielo aperto dell’ingegneria genetica. “Una grande possibilità per rendere competitiva la sovvenzionata agricoltura elvetica e per tenere alta la bandiera della ricerca rossocrociata”, dicono i contrari all’iniziativa. “Un potenziale pericolo per la salute e per l’ambiente in mancanza di prove contrarie”, rispondono invece coloro che vorrebbero mettere un chiaro freno all’applicazione di quello che viene finora studiato unicamente fra le pareti dei laboratori. Ma a pochi chilometri dai nostri confini il dibattito si è trasformato da tempo in una lotta fra popolazione e governo, con manganelli, feriti e processi. Paolo e Milena Soldati, agricoltori ticinesi in Francia da 15 anni, fanno parte dei “faucheurs volontaires”. Una volta di giorno, ora solo al riparo delle tenebre, vanno ad estirpare le piante geneticamente manipolate coltivate nella loro regione. Di passaggio in Ticino ci raccontano la loro esperienza e i motivi di quella che chiamano una “disobbedienza civile lecita”. Paolo e Milena Soldati hanno fatto otto ore di viaggio in automobile, da Treban – un piccolo paese nella regione dell’Alvernia nel centro della Francia – fino in Ticino. Sono visibilmente stanchi, ma appena cominciamo a parlare della moratoria Ogm si agitano. Quando 15 anni fa decisero di fare un’esperienza fuori dai confini svizzeri nel mondo dell’agricoltura francese non avrebbero mai pensato di trovarsi un giorno a lottare contro delle piante, quelle «geneticamente manipolate, i Pgm». L’Alvernia è, infatti, una delle regioni francesi maggiormente toccate dalla coltivazione a cielo aperto di Pgm. A pochi metri dall’abitazione dei coniugi ticinesi, Limagrain – azienda leader a livello europeo nella produzione di sementi, anche di quelle transgeniche – è proprietaria di terreni coltivati con il contestato mais Bt, che ormai è presente su tutto il globo. Il loro vicino sta invece sperimentando del granoturco nel quale è stato introdotto un gene animale, presente nel patrimonio dei cani, per produrre la lipasi gastrica. Una sostanza che serve a combattere la mucoviscidosi, una grave malattia che colpisce i bambini. È il progresso, la ricerca che porta speranza. Nulla di male quindi. «Ma sono anni che la lipasi viene prodotta in laboratorio – ribatte Paolo –. Ora invece vicino a casa abbiamo una farmacia all’aperto. Non c’era nessuna necessità di coltivare questo mais a stretto contatto con altre specie, totalmente immerso nella natura. Nessuna ragione se non quella del lucro. Quali sono gli effetti della “polenta alla lipasi” sul nostro organismo? Nessuno finora si è degnato di fare uno studio in questo senso. Nessuno vuole prendersi la briga di dare delle risposte». L’agricoltore ticinese e segretario regionale del sindacato “Confédération paysanne” (José Bové ne era il portavoce nazionale) si alza dalla sedia: «davanti a te hai un organismo geneticamente modificato – dice convinto –, ma non geneticamente manipolato». Per lui i distinguo sono d’obbligo in una discussione che a suo parere viene, anche in Svizzera, inficiata da una confusione appositamente creata. «La natura si modifica continuamente di sua iniziativa. Ma anche l’essere umano, il contadino, l’allevatore ha effettuato per millenni delle selezioni. Ha selezionato le specie che lo nutrono e lo vestono, ha creato nuove piante grazie ad innesti. Nuove razze con gli incroci fra animali. Ma ora l’ingegneria genetica sta facendo qualcosa di completamente nuovo, qualcosa che la natura non produce da sola. Questo deve essere chiaro per tutti». Una manipolazione umana contro la quale, precisano, non sono per principio avversi. Loro non lottano a spada tratta contro gli organismi geneticamente manipolati. Ricordano, ad esempio, che da decenni l’insulina è prodotta grazie ad una manipolazione genetica. Ma questa ricerca e la sua applicazione avvengono nei confini dei laboratori. Ed è lì, a loro avviso, che per il momento dovrebbero restare “in quarantena” anche le piante geneticamente manipolate, «che ormai non sappiamo neppure più se sono ancora piante». Emblematico per i due attivisti è il caso del già citato mais Bt nel quale è stato aggiunto un gene che permette di combattere la pirale, un parassita che attacca le colture di mais. «Ora abbiamo una pianta che produce una tossina. Una tossina che non solo non ha sconfitto il parassita ma che lo ha anzi rafforzato. Abbiamo creato un vero e proprio insetticida a forma di granoturco, e non sappiamo che effetto avrà sulle altre piante che ha già contaminato». Una contaminazione che avviene sia via polline che tramite i batteri presenti nel suolo, ricorda Milena. E un problema, quello della pirale, che è comparso da quando ci sono gli appezzamenti votati al grande sfruttamento che non contemplano più la rotazione delle colture. «Perché non si è disposti a perdere quel 15-20 per cento di terreno da lasciare a riposo ogni anno», dice Paolo. «O ancora perché non si vuole rinunciare ai sussidi per metro quadro coltivato. Le soluzioni ci sono, e sono naturali», aggiunge la moglie. I due ticinesi auspicano che almeno in Svizzera la razionalità abbia il sopravvento. «Quando il mondo scientifico è così diviso bisogna che sia il popolo a dire “stop, vediamo cosa succede”». E ritengono che la moratoria in votazione il 27 novembre sia un’ottima occasione per dare questo segnale, cioè «sì agli Ogm, ma solo in laboratorio e sotto lo stretto controllo da parte di studiosi e ricercatori che non sono pagati dalle multinazionali del lucro». «Siamo entrati in parcelle coltivate con piante geneticamente manipolate e le abbiamo distrutte. Rase al suolo, sradicate, estirpate. Ce ne assumiamo la responsabilità. Ma con questa nostra azione non abbiamo distrutto la ricerca, essa può continuare tranquillamente in laboratorio dove è garantito che non ci sarà contaminazione e colonizzazione delle altre specie». Così giustificano la loro appartenenza al gruppo “faucheurs volontaires” Paolo e Milena Soldati, ticinesi e contadini in Francia in una delle zone più intensamente interessate dalle applicazioni commerciali dell’ingegneria genetica (vedi articolo a lato). I “falciatori” francesi sono ormai quasi 6 mila e la loro lotta è cominciata nel 2003 quando ancora solo 7 ettari francesi erano coltivati con Ogm. «Due anni fa si andava in pieno giorno con le famiglie e le bandiere della pace a strappare mais transgenico – dice l’attivista svizzero –, poi tutto è degenerato. Ora ci aspettano le guardie con i cani, le bombe lacrimogene e i manganelli. Le nostre azioni adesso le compiamo di notte, sempre disarmati. Poi di giorno ci autodenunciamo. E fra di noi ci sono anche sindaci, europarlamentari, scienziati e artisti. Non siamo un gruppo di facinorosi». Martedì è intanto arrivata la condanna a quattro mesi di prigione da parte della corte d’appello di Tolosa per José Bové – l’ex leader della Confederazione contadina della quale Paolo Soldati è segretario regionale – proprio per aver distrutto mais transgenico a Menville nel 2004. Tre mesi con la condizionale invece per il deputato europeo Gérard Onesta e per il sindaco di Bègles Noël Mamère. Una provocazione da parte del governo secondo i coniugi ticinesi che valutano la situazione come un «autentico deficit di democrazia». Regioni intere sono infatti dichiaratamente contro gli Ogm, giunte municipali non vogliono saperne di agricoltura transgenica, le organizzazioni contadine sono sul piede di guerra e 8 francesi su 10 non vogliono Ogm nel loro piatto. La situazione è peggiorata dopo che nel 2003 una commissione governativa voluta dall’ex ministro Raffarin per studiare l’opportunità di coltivare all’aperto piante geneticamente manipolate aveva proposto dal 2004 una moratoria. Per tutta risposta Parigi è passata da 7 ettari coltivati a Ogm a ben 300 nel 2005. I “falciatori volontari” ne hanno distrutto per ora la metà. Per Paolo e Milena Soldati questo clima ad alta tensione è dovuto agli enormi interessi economici in gioco, nel mondo come in Francia e in Svizzera. «Capite, per la prima volta nella storia un uomo o un gruppo di uomini potranno appropriarsi di un essere vivente. Cambi un suo gene, lo brevetti ed è tuo. Una rivoluzione copernicana in negativo che apre però prospettive di guadagno spaventose. Una cascata di soldi basata sulla proprietà delle specie vegetali e animali. Per la prima volta si può dire questa pianta e tutti i suoi discendenti sono miei. Un’aberrazione totale».

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18.11.2005 01:00
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