In pieno boom borsistico, nella seconda metà degli anni Novanta, una corrente che potremmo situare fra il critico e l’analitico, metteva in evidenza le differenze fra economia e finanza, sottolineando come la seconda avesse sempre meno a che fare con la prima, alla quale spettava invece il primato di rappresentazione del mondo reale. Guai, si diceva allora, se i principi che regolano la finanza dovessero cominciare a farla da padrone anche nell’economia. Quest’ultima deve restare legata alla realtà e alla concretezza, altrimenti chissà dove potremo andare a finire. Oggi, un lustro abbondante dopo, come stanno le cose? L’economia è ancora il regno della realtà e della concretezza? Senza andare ai massimi sistemi, e restando invece nella sfera individuale, già si intravedono dei fenomeni che sembrerebbero indicare un mutamento nel meccanismo che regola i nostri comportamenti economici. Uno su tutti è l’influenza che hanno le aspettative sulle nostre decisioni di consumatori. L’aspettativa è stata a lungo considerata una caratteristica, anzi addirittura il motore principale, della borsa e del mondo finanziario. Tutto in quell’universo si muove in base alle aspettative. Le azioni salgono e scendono relativamente al sentimento che gli investitori sviluppano sul futuro dei prodotti di una certa azienda, e fin qui tutto bene, ma ora il fenomeno non è più confinato solo alla cerchia degli investitori. Si è allargato e ci coinvolge tutti. Pensate come le aziende sanno creare attese, a volte isteriche, rispetto a loro nuovi prodotti. Si tratta soprattutto di prodotti ad alta tecnologia, è vero, ma il fenomeno è in espansione, e sempre più cominciamo a decidere e pianificare i nostri consumi con largo anticipo, prendendo come punto di riferimento centrale non tanto i nostri bisogni, quanto piuttosto il sex appeal dei prodotti del futuro prossimo. Alzi la mano chi non ha ancora ragionato in questo senso. Sono certo che le mani alzate sono pochissime.
Evidentemente questo comportamento è indotto da chi ne può trarre un vantaggio, dunque dalle aziende stesse, che non solo hanno inventato una tecnica di marketing micidiale, ma hanno saputo trasporre nella realtà un aspetto considerato sostanzialmente effimero come l’aspettativa. Creando delle forti aspettative sui prodotti a venire, le aziende hanno in qualche modo contaminato i meccanismi di scelta dei consumatori, rendendoli viepiù compatibili con i meccanismi della finanza, che dunque ne escono rafforzati. Insomma, altro che aver imparato la lezione dallo scoppio della bolla speculativa, la finanza, lungi dall’aver fatto il mea culpa e aver analizzato i propri difetti, ora colonizza anche il nostro modo di consumare.
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