L'arrivo del corteo del primo maggio dell'Unione sindacale svizzera sezione Ticino era previsto in Piazza del governo, ma è stato spostato concludendosi davanti ai cancelli delle Officine di Bellinzona. E non poteva essere altrimenti visto l'annuncio della soppressione d'impieghi presso le Officine annunciato la settimana precedente del direttore di Ffs Cargo Daniel Nordmann e il direttore della sede bellinzonese Paul Häner. Le dimensioni esatte dei tagli ancora non sono chiare. Di certo vi è che con il passare del tempo, il numero di impieghi destinato a scomparire è più alto dei 70 posti di lavoro annunciati da Nordmann e Häner. «Dal 1993 ad oggi gli impieghi tagliati sono stati ben 240, di cui 143 dal 2000» ha ricordato durante il suo intervento Gianni Frizzo, presidente della sezione del materiale rotabile Rm Ticino Sev.

«Sono circa una ottantina le unità che salteranno, 73 posti alle Officine ai quali occorre aggiungere il forte ridimensionamento con il trapasso del deposito di Bellinzona da Ffs Cargo alla divisione viaggiatori e il definitivo smantellamento del deposito di Lugano Vedeggio» ha riassunto Frizzo.
Di poco chiaro vi è anche il numero esatto di lavoratori interinali occupati dalle Ffs Cargo a Bellinzona. Da nostre informazioni sembra che siano di più dei 60 dichiarati dai dirigenti. E proprio su questo punto, Frizzo ha riassunto lo stato d'animo delle maestranze: «Uno smantellamento di posti che risulta ancora più incomprensibile proprio nel momento in cui il personale interinale sta raggiungendo lo stesso quantitativo di quello da sopprimere proprio mentre si stanno chiedendo alle maestranze sacrifici tramite straordinari per far fronte alla grande mole produttiva».
Tra i presenti al corteo, abbiamo incontrato degli operai delle Officine che ci hanno raccontato come il clima che regna all'interno dell'azienda sia ormai da molto tempo pesante, mentre il credito di credibilità dei vertici aziendali nei confronti dei dipendenti sia ormai a livello zero. L'introduzione del metodo di lavoro della Toyota, chiamato Kaizen, il cronometraggio del lavoro dell'operaio come fosse una macchina, la strutturale presenza di lavoratori temporanei e quindi facilmente ricattabili all'interno dell'azienda, l'aumento della flessibilità con l'annuncio della volontà di passare dalle ore mensili a quelle annuali, l'interrogatorio al dipendente previsto dopo 2 assenze di breve durata nell'arco di 12 mesi, l'introduzione progressiva in tutti i comparti dei due turni di lavoro ed ora il taglio di oltre 70 posti di lavoro, riassumono in parte la pressione che viene esercitata da qualche tempo sui lavoratori delle Officine. «Stiamo lavorando molto, spesso ben oltre il tempo normale di lavoro, con ore straordinarie e diversi sabati. Come faremo a far fronte a questi ritmi con meno personale, è una cosa incomprensibile» racconta ad area Ivan Cozzaglio, lavoratore delle Officine. Il problema della necessità di far fronte alle comande in base ad una accresciuta flessibilità oraria dei lavoratori in forma annuale, è in realtà secondo gli operai, un falso problema. «I ritardi di produzione che abbiamo sono nella stragrande maggioranza dei casi dovuti alla mancanza di materiale, semplicemente perché non lo hanno ordinato per tempo. La verità è che la dirigenza è incapace di fare una pianificazione del lavoro seria. E questa loro incapacità la vogliono far ricadere interamente sugli operai, rendendo flessibile il tempo di lavoro su base annuale» continua Cozzaglio. Il fatto che, aggiungiamo noi, il direttore delle Officine di Bellinzona, Paul Häner, è anche presidente della TIEngineering Sa di Cadempino, una ditta che effettua lavori in appalto per le Officine, non gioca a suo favore. La sua doppia funzione solleva perlomeno dei dubbi su quali siano gli interessi principali e la capacità pianificatoria della direzione. Se qualche operaio poi si permette di farlo osservare durante una delle tante assemblee convocate dalla direzione, come è successo, viene convocato dalla direzione con intento intimidatorio. Un deficit di democrazia all'interno delle Officine di Bellinzona che peggiora costantemente. «I vari capi team vengono regolarmente invitati in lussuosi alberghi con l'intento di avvicinarli alla nuova filosofia aziendale di Ffs Cargo. In realtà, in queste riunioni viene fatta opera di persuasione, molto vicina all'indottrinamento, dove li si convince della necessità di esercitare sempre più pressioni sugli operai. In particolare, li si convince che le persone che per motivi fisici o psichici possono lavorare solo al 50 per cento, siano da eliminare in quanto non interessanti alla nuova filosofia dell'azienda» spiega Cozzaglio, che conclude. «E i capi team tornano da questi incontri in questi alberghi a cinque stelle con le idee molto confuse, combattute». Le Officine di Bellinzona, di proprietà di tutti i cittadini contribuenti in quanto appartiene alla Confederazione, ha un ruolo sociale nell'impiego del personale, riservando una parte dei posti a persone in difficoltà. O meglio, aveva questo ruolo. Nell'epoca dell'ottimizzazione del profitto delle ex regie federali, il fattore umano diventa un ramo secco da tagliare.
Una politica aziendale di Ffs Cargo che sta suscitando sempre più forti reazioni in Ticino, maturando un'opposizione che si sta organizzando. Giovedì 3 maggio si è infatti tenuta una prima riunione alla Casa del popolo di Bellinzona dei sindacati, partiti e associazioni che intendono opporsi ai nuovi tagli previsti. Riunione di cui purtroppo, per motivi di stampa, non siamo in grado di riferirvi. Ma visto il numero di comunicati stampa che hanno commentato indignati l'annuncio della nuova soppressione d'impieghi, non tarderà a manifestarsi in azioni concrete. Tra queste, non è escluso il ricorso allo sciopero.


Pubblicato il 

04.05.07

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato