Officine Ffs Bellinzona: tra terra e cultura

La cultura del territorio è fatta di cose ed eventi concreti, non di parole. L'Officina di Bellinzona, i suoi operai, i suoi tecnici, i suoi edifici sono una componente fondamentale del territorio bellinzonese, della Riviera e della Mesolcina. Cancellarla sarebbe dunque altrettanto grave come cancellare i castelli, o la collegiata o Piazza Nosetto, perché monumenti non sono solo le vestigia del passato militare, religioso e nobiliare ma anche i luoghi maggiori del lavoro con tutte le loro valenze culturali, sociali ed economiche. Diciamo che l'Officina di Bellinzona è importante nel territorio per almeno tre ragioni : per il suo ruolo di luogo di formazione, per la presenza attiva in un'area vasta del Sopraceneri di una numerosa mano d'opera qualificata, per l'esistenza sul suo terreno (alcune decine di migliaia di metri quadrati) di alcuni edifici rimarchevoli.
Quegli stabilimenti formano da tempo operai delle più svariate professioni; almeno quindici o venti apprendisti l'anno tra forgiatori, tornitori, saldatori, meccanici, elettrotecnici e così via. All'ottimo esercizio pratico si accompagna sempre un'altrettanto buona istruzione tecnica. Rispetto alle ricorrenti e un po' retoriche declamazioni sull'importanza della formazione (e spesso si pensa a studi universitari o parauniversitari di scarsa utilità sociale) il mantenimento di una "scuola" professionale di quel livello assume un valore territoriale prioritario.
Secondo punto: i quattrocento operai e tecnici delle Officine, abitanti nella massima parte nei paesi della regione, hanno sempre coltivato, fuori dai loro orari di lavoro, chi una vigna, chi un campo, chi un pezzo di campagna con qualche animale. Essi hanno costituito spesso il nerbo delle amministrazioni e dell'associazionismo locali. Hanno militato nei partiti pagando frequenti tributi, ahimè, ai vecchi vizi municipali ticinesi, ma dedicando in compenso ore e sere e giornate intere ad aziende, consorzi, corpi di pubblica utilità. Molti hanno lottato a più riprese con determinazione sul piano sindacale come quando, per esempio, nel 1919, compagni meno fortunati si battevano per le quarantotto ore settimanali al posto delle cinquantacinque, si fondava la Casa del popolo di Bellinzona, si costituivano le Cooperative di consumo indispensabili punti d'appoggio in caso di conflitti sociali. Anche tutto questo è territorio.
E sono territorio il terreno e gli edifici. Si pensi che all'origine fu il comune di Daro a dare gratuitamente il terreno alla Gotthardbahn per impiantarvi l'Officina, contesa a lungo con Altdorf ed Erstfeld. E si pensi al grandioso edificio delle locomotive, del 1919, resosi necessario dopo l'elettrificazione della linea del Gottardo, col suo imponente spazio interno ed un ponte mobile capace di sollevare in aria e spostare come fossero giocattoli interi locomotori di svariate tonnellate.
Riassumerei dicendo che cessare il lavoro in quei luoghi oltre ad un grave danno sociale rappresenterebbe un gravissimo impoverimento territoriale su più vasta scala. Al di là dei vari piani direttori, regolatori, particolareggiati e così via, per la qualità del territorio contano le ricadute concrete dell'attività di chi vi lavora e vi abita.
Salviamo dunque le Officine di Bellinzona perché contribuiscono la loro parte ad impedire che i territori circostanti diventino, tra altre cose, anche tristi depositi dei rifiuti del nostro continuo e maleducato distruggere e consumare. Non ci credete? Andate a vedere cosa c'è tra il greto del Ticino e il greto della Moesa nei pressi della discoteca la Fabrique di Castione e risalendo lungo il Ticino in direzione di Claro. Fate un paragone tra quei luoghi e l'aspetto dignitoso ed operoso dell'Officina. Vedrete la differenza.

Pubblicato il

14.03.2008 14:00
Tita Carloni