Offensiva ultraliberale

Tutti in pensione a 65 anni, aumento dei contributi, tagli alle rendite del secondo pilastro. Sono solo alcune delle decisioni prese dal Parlamento federale durante la sessione invernale che si conclude oggi. La maggioranza borghese non è andata per il sottile e ha sferrato l’ennesimo colpo alla socialità di questo Paese. Il più grave è avvenuto al Consiglio degli Stati nell’ambito dell’undicesima revisione dell’Avs, che è stata nettamente peggiorata rispetto alla già pessima versione del Nazionale (cfr. area n. 37). Oltre ad aver ridotto le rendite per le vedove dall’80 al 60 per cento e innalzato a 65 anni l’età di pensionamento per le donne, la tanto sbandierata flessibilità è stata trasformata in un privilegio per pochi. I senatori non hanno infatti concesso nemmeno un franco (il Consiglio federale ne prevedeva 800 milioni, il Nazionale 400) per finanziare le rendite dei prepensionati. E questo significa che l’Avs a 62 anni se la potranno permettere soltanto i lavoratori con un alto salario. Facendo le somme l’undicesima revisione dell’Avs porterà ad una riduzione delle prestazioni superiore ai seicento milioni di franchi, il che non è certo rassicurante. Altrettanto preoccupanti sono le decisioni prese, sempre dal Consiglio degli Stati, in materia di previdenza professionale. In particolare, è stata decisa la riduzione del tasso di conversione dal 7,2 al 6,8 per cento, che si tradurrà in una riduzione delle rendite dei futuri pensionati di circa il 6 per cento. Se a questo si aggiunge la riduzione del tasso di minimo d’interesse sui capitali del secondo pilastro dal 4 al 3,25 per cento (deciso dal Consiglio federale qualche mese fa), ci si rende conto in quale direzione si stia muovendo la maggioranza borghese di questo Paese. E non ci consola certo il mini-congedo maternità concesso dal Nazionale alle donne che esercitano un’attività lucrativa (cfr. articolo sotto). Anche se si tratta di un passo nella giusta direzione, non possiamo proprio accettare che vengano escluse le mamme che non lavorano. Per commentare le principali decisioni adottate dal Parlamento in queste ultime settimane, abbiamo interpellato il Consigliere nazionale socialista Pierre-Yves Maillard, che in questa intervista analizza la strategia della destra e le risposte della sinistra. Pierre-Yves Maillard, le ultime decisioni in materia di Avs e secondo pilastro possono essere definite un’offensiva borghese contro la socialità? Sì, è in corso una doppia offensiva: una per attaccare le prestazioni sociali e un’altra per tagliare le entrate dello Stato in favore dei più ricchi di questo Paese. Il fronte borghese (radicali, democristiani e Udc) dimostra grande unità in questa politica: si è preso 1,9 miliardi di regali fiscali lo stesso giorno in cui si è rifiutato di rendere gratuiti i premi di cassa malattia per i bambini, un gesto che sarebbe costato un miliardo. E gli stessi partiti hanno azzerato i 400 milioni previsti per finanziare la flessibilità dell’Avs e hanno negato 15 milioni per un piano sociale per i dipendenti di Swiss Dairy Food. La loro filosofia è insomma quella di dare di più a chi guadagna di più invece di ridistribuire in funzione dei bisogni. In questo contesto cosa fa la sinistra? La sinistra si è battuta: la popolazione deve sapere che purtroppo siamo in minoranza e che sulle questioni economiche e sociali l’alleanza borghese funziona, nonostante le urla di Blocher. Tra qualche tempo dovremo riflettere se varrà la pena contrastare i regali fiscali attraverso il referendum, che è già certo invece contro l’undicesima revisione dell’Avs. A proposito di Avs, non crede che ci sia una certa rassegnazione anche nel Partito socialista, che per esempio non mette in discussione il principio del pensionamento a 65 anni per tutti? No, non c’è rassegnazione. Noi possiamo accettare i 65 anni solo in cambio di un’importante ridistribuzione di risorse per finanziare il pensionamento anticipato, soprattutto di chi esercita una professione particolarmente dura e logorante. Allo stato attuale però tale ridistribuzione è nulla e dunque non accetteremo questo aumento dell’età di pensionamento. Spesso però l’opposizione della sinistra non produce alcun risultato apprezzabile... Probabilmente dovremmo essere più “offensivi”, lanciando proposte attraverso delle campagne o delle iniziative popolari. Penso per esempio ad un sistema di calcolo dell’età di pensionamento in funzione degli anni di contribuzione (così come chiesto da un atto parlamentare dal collega Stéphane Rossini) o alla tredicesima Avs proposta dal’Unione sindacale svizzera. Si tratta di far capire al popolo che non vi sono ragioni per snellire lo stato sociale, ma che ve ne sono molte per rafforzare le prestazioni. In passato sono stati decisi miglioramenti dell’Avs per garantire più potere d’acquisto alle persone anziane e dunque alimentare la crescita economica. Oggi, con il costante aumento della produttività, ogni datore di lavoro è più ricco e quindi si può distribuire di più attraverso lo strumento dell’Avs. L’idea di garantire la rendita piena a chiunque abbia lavorato quarant’anni è assolutamente realizzabile. Torniamo all’undicesima revisione. La Consigliera federale Dreifuss, come contropartita all’aumento a 65 anni dell’età Avs, sostiene un sistema di pensionamento flessibile che prevede tagli alle rendite per chi deciderà di abbandonare il lavoro in anticipo. Vista l’entità di tali rendite, si tratta di un principio accettabile? Dobbiamo assolutamente trovare i mezzi per rafforzare il primo pilastro, dandogli i mezzi di adempiere al mandato costituzionale, cioè garantire i bisogni fondamentali degli anziani. Nel caso concreto dell’undicesima revisione dell’Avs, sarebbe stato ragionevole accettare una piccola riduzione della rendita per il pensionamento anticipato a 60 anni. Ma come sempre, i borghesi volevano tutto e ogni negoziato si è rivelato inutile. Siamo in una logica di confronto voluto dalla destra, che qui al parlamento continua ad essere in maggioranza. Fintanto che la popolazione la confermerà continueremo a perdere, ma possiamo lanciare dibattiti che abbiano eco nell’opinione pubblica e che dunque cambino i rapporti di forza. L’idea di creare un unico pilastro previdenziale fondato sul principio della ripartizione sarebbe praticabile? Io sono filosoficamente d’accordo con questa idea, perché in questo settore, così come in quello dell’assicurazione malattia, i sistemi basati sulla solidarietà sono i più solidi e i più giusti. Ammetto tuttavia che per arrivare a qualcosa di simile sarebbero necessari molti passaggi complicati e ci vorrebbe molto tempo. Bisogna infatti tener conto che molti lavoratori, in particolare quelli stranieri, sono molto legati al secondo pilastro. Anche nel movimento sindacale si farebbe dunque fatica a far capire i vantaggi del passaggio ad un unico pilastro. Bisognerebbe inoltre trovare dei sistemi che consentano di mantenere almeno una parte dei vantaggi della cassa pensione. Lei accennava alla necessità di modificare i rapporti di forza. Ma per far questo bastano iniziative e referendum? Il referendum va utilizzato perché da dieci anni siamo di fronte ad un’offensiva ultraliberale. La votazione sulla liberalizzazione del mercato elettrico dimostra del resto che si può anche vincere. Lo strumento dell’iniziativa andrebbe invece impiegato per formulare grandi proposte di principio. Naturalmente accanto a questo ci vuole la lotta sociale, che ritengo stia riprendendo. Basti pensare alla grande mobilitazione per la pensione a sessant’anni nel settore dell’edilizia. Oggi la sinistra e il sindacato hanno lo spazio per lanciare idee forti per mobilitare le forze sociali con prospettive di successo reali. Tra i giovani vedo tanta voglia di impegnarsi, ma troppo spesso quelli che glielo propongono presentano loro obiettivi troppo utopistici. Al Consiglio degli Stati coloro che si sono battuti contro un’Avs flessibile, hanno suggerito la via della contrattazione collettiva per regolamentare il pensionamento anticipato. Una proposta inaccettabile? Assolutamente inaccettabile, perché con questo sistema sarebbero coloro che dovrebbero beneficiare della solidarietà nazionale a pagare per la loro pensione anticipata. Un’ultima domanda sul congedo maternità votato dal Consiglio nazionale: come si fa ad essere soddisfatti visto che le donne che non lavorano ne saranno escluse? Io sono un socialista classico e quindi apprezzo ogni passo che va nella giusta direzione. Una volta che questa assicurazione sarà effettivamente creata, si potrà lavorare per migliorarla.

Pubblicato il

13.12.2002 01:00
Gianfranco Rosso