Occupazione nelle Tre Valli e le belle parole del Cds

«Evasiva» è il giudizio sindacale sulla risposta del governo cantonale ai 420 lavoratori delle Tre Valli. A inizio estate il governo era stato interpellato per un impegno concreto sull’impiego nella regione, considerato molto incerto. La risposta è arrivata ma non convince. Nei mesi estivi, il Consiglio di Stato ticinese ha risposto a due sollecitazioni provenienti dai salariati cantonali, dalla regione Tre valli e della vendita.


L’8 giugno invece circa trecento persone avevano percorso le vie di Biasca, rivendicando il diritto allo sviluppo economico della regione finalizzata ad arginare la precarietà dilagante.
Al corteo parteciparono anche operai di un settore professionale storico della regione, gli scalpellini, per protestare contro un padronato che vuole riportarli indietro di cento anni, abolendo i diritti conquistati a un duro prezzo proprio un secolo fa.


La manifestazione di giugno, chiedeva il rispetto generale delle tutele dei diritti dei salariati della regione e la partecipazione democratica dei dipendenti sui posti di lavoro. Una manifestazione definita storica, poiché era dagli anni 80, ai tempi della chiusura dell’acciaiera Monteforno, che non si tenevano manifestazioni simili nel capoluogo della Riviera.
In quell’occasione era stata consegnata al Consiglio di Stato una petizione sottoscritta da 421 cittadini residenti nella regione Tre valli, preoccupati per il futuro dei posti di lavoro e dei diritti dei salariati. Nel testo si chiedeva al governo di avviare una seria promozione economica regionale, finalizzata a garantire un futuro solido all’impiego della zona.


In altre parole, basta regalare soldi pubblici ad aziende che non versano stipendi minimi da 4mila franchi, che si disinteressano dei diritti dei dipendenti rifiutandosi di sottoscrivere contratti collettivi e dell’ambiente non applicando principi ecosostenibili.
Nel corso dell’estate il governo ha risposto alla petizione. «Evasiva» è il giudizio del sindacato Unia, riassunto nelle parole di Gianluca Bianchi, segretario sindacale.
«Il Consiglio di Stato ha risposto con belle promesse d’impegno, citando numerosi enti, studi o leggi “in stato avanzato di elaborazione”. Dei fatti però non vi è traccia. I 420 operai sono persone concrete. Si aspettavano delle soluzioni pratiche, non belle parole».


In effetti, nella risposta governativa si citano l’Ente regionale per lo sviluppo Bellinzonese e Valli, l’Agenzia regionale di sviluppo, l’Ente turistico locale e le Commissioni regionali dei trasporti. Quali misure abbiano concretizato o stiano attuando per favorire la creazione di posti di lavoro, resta molto vago nella risposta.
Un altro ente citato quale impegno del governo per il lavoro nelle Tre Valli, è San Gottardo 2020. Visionando il sito internet, tra progetti realizzati e in corso, si va dai prospetti per turisti alle gare d’auto e di biciclette sul passo. Di creazione di posti di lavoro duraturi non vi è traccia.


Nella sua risposta, il cantone fa riferimento alla Zona industriale d’interesse cantonale di Biasca, «stimolata e monitorata da decenni». La replica di Bianchi è perentoria. «L’ultimo studio di monitoraggio risale a 10 anni fa. Da allora, molte ditte hanno chiuso. Oggi, purtroppo, solo nel caso di un’azienda insediata nella zona industriale di Biasca si può parlare di un futuro solido». In sostanza, cosa vi aspettereste dal governo? «Un coinvolgimento e una partecipazione diretta da chi conosce la realtà locale, da cui possono nascere soluzioni pratiche e velocemente realizzabili». Può fare un esempio? «Basterebbe cambiare il piano regolatore aggiungendo una parola: zona industriale e artigianale. Vi sono tante micro imprese artigianali consolidate sul territorio, che annualmente creano posti di lavoro. Sarebbero ben felici di allargare i propri spazi se avessero la possibilità di trasferirsi nella zona industriale, assumendo nuovi dipendenti».

 

Pubblicato il

11.09.2013 23:28
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