Viene spacciata come una "soluzione di compromesso", come una "riforma equilibrata". Ma in realtà, l'11esima revisione dell'Avs che il parlamento potrebbe definitivamente approvare tra una settimana altro non è che un'ennesima operazione di smantellamento sociale, fortemente voluta dalla maggioranza borghese. Un'operazione che da mesi il movimento sindacale è pronto a contrastare con l'arma del referendum.

Quello che sta per consumarsi sotto la cupola di Palazzo federale è infatti un nuovo "furto delle rendite", molto simile a quello sventato dal popolo la scorsa primavera attraverso la netta bocciatura della revisione della Legge sulla previdenza professionale (Lpp) che avrebbe comportato un drastico taglio delle pensioni. Ma non solo: questa 11esima revisione bis è praticamente la fotocopia (o la brutta copia) del progetto affossato nel 2004 in votazione popolare dal 68 per cento dei cittadini. Due sono i suoi "punti forti": da un lato ripropone l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne da 64 a 65 anni senza offrire nulla in contropartita e dall'altro sferra un pesante attacco alle future rendite di quella che in Svizzera è considerata l'assicurazione sociale per eccellenza, concepita per garantire agli anziani il fabbisogno vitale.
Per giustificare la prima misura, i fautori della controriforma invocano il principio della parità di trattamento tra i sessi, che fa sempre comodo quando è utilizzabile al ribasso. Meno quando servirebbe a eliminare le diseguaglianze in ambito salariale o nell'accesso al mondo del lavoro o a posti di responsabilità. Qualche parlamentare si è addirittura spinto a evocare il «minor contributo finanziario all'Avs da parte delle donne», come se questo non fosse dovuto proprio alla discriminazione sistematica a cui le donne sono sottoposte. A questo proposito basti pensare che ancora oggi, a quattordici anni dall'entrata in vigore della Legge sulla parità, la diseguaglianza salariale sfiora il 20 per cento ed è addirittura in crescita secondo gli ultimi dati dell'Ufficio federale di statistica.
Ma questo importa poco alla maggioranza borghese del parlamento, che anzi non si è fatta scrupoli a chiamare le donne ancora una volta alla cassa e senza offrire loro nulla in contropartita, come invece prevedeva il progetto originale di 11esima revisione dell'Avs che era stato presentato dieci anni fa dal Consiglio federale. La concessione di 400 milioni di franchi annui (e solo per dieci anni) per "favorire" il pensionamento flessibile (la già citata "soluzione di compromesso" suggerita dal "grande stratega" e neoministro della socialità Didier Burkhalter) è solo un'operazione di propaganda che non cambia la sostanza della revisione legislativa: come si evince dalla tabella in pagina, il prezzo di un pensionamento anticipato rimane alto e non sostenibile per le fasce economicamente più fragili della popolazione. Come oggi, rimarrebbe un privilegio per pochi.
A rendere l'11esima revisione dell'Avs ancora più insopportabile vi è poi un'altra misura che di fatto comporterebbe una riduzione reale delle future rendite, ossia l'abolizione di quell'automatismo che oggi impone al Consiglio federale di adeguarle ogni due anni all'evoluzione dei prezzi e dei salari. In futuro l'indicizzazione avverrebbe soltanto se il fondo di compensazione dell'Avs (una sorta di riserva che ha lo scopo di garantire le prestazioni in caso di fluttuazione delle entrate, per esempio a causa di una congiuntura economica sfavorevole) raggiunge almeno il 70 per cento della spesa annuale dell'assicurazione o se il rincaro supera il 4 per cento. Un meccanismo perverso, perché il parlamento (a maggioranza borghese) avrebbe la facoltà di far mancare all'Avs i finanziamenti necessari e così di mantenere artificialmente il tasso di copertura del fondo al di sotto della soglia del 70 per cento. E un ennesimo furto delle rendite sarebbe compiuto.
Per impedire una simile deriva che andrebbe a intaccare la principale fonte di reddito delle persone anziane di questo paese, i sindacati e la sinistra sono già pronti al lancio di un nuovo referendum.
Ma prima la revisione legislativa deve essere approvata in votazione finale dalle due Camere, il prossimo venerdì. Una votazione il cui esito dipenderà dalle scelte dell'Udc, che da un lato considera la revisione non sufficientemente drastica e dall'altro vorrebbe evitare che l'Avs diventi oggetto di dibattito nella campagna elettorale dell'anno prossimo, a vantaggio della sinistra e a proprio svantaggio. Il partito di Christoph Blocher deve in effetti fare i conti con una parte della propria base (di gente anziana e con redditi modesti) che certo non vede di buon occhio i tagli alle rendite. Il gruppo democentrista alle Camere federali ha comunicato nei giorni scorsi ufficialmente che il 1° ottobre boccerà questa «legge disgraziata». Se i parlamentari Udc (che insieme alla sinistra hanno la maggioranza al Nazionale) confermeranno la loro proverbiale disciplina, l'11esima revisione bis dell'Avs sarebbe morta e sepolta già tra una settimana. Il che non sarebbe male.

Pubblicato il 

24.09.10

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato