Nuova legge sugli orari di apertura dei negozi, Unia ricorre: bugie e mancanza di trasparenza

Battaglia a tutto campo contro l’entrata in vigore della nuova legge sugli orari dei negozi e il barattato Ccl della vendita, firmato da Ocst, Federcommercio e Disti. La promette Unia, annunciando una serie di ricorsi giudiziari. Fra i molti aspetti critici evidenziati, il risicato quorum di negozi firmatari, necessario per l’entrata in vigore della legge, la cui verifica è stata negata al sindacato dal Cantone. Unia propone anche un’alternativa: «Usciamo dai tribunali e discutiamo di un vero Ccl, dignitoso per il bene delle salariate e dell’intero settore, piccoli commerci in primis».

 

Iniziamo dalla prima critica sollevata dal sindacato: perché tenere tutto nascosto? La mancata trasparenza, si sa, genera diffidenza, alimenta il tarlo del dubbio, del sospetto dell’inganno volutamente celato. Eppure sembra questa la scelta politica del Dipartimento finanze ed economia.
Ricapitoliamo per chi fosse a digiuno in materia. Dei soggetti privati (Ocst, Federcommercio, Disti e due sigle sindacali senza rappresentanza d’iscritti nel ramo) hanno deciso un contratto di lavoro a un tavolo conciliatorio diretto dal Dfe. Unia si era rifiutata di firmarlo perché, dopo aver consultato le sue affiliate del ramo, lo ritiene peggiorativo nei salari e nelle condizioni di lavoro. Per riassumere, stipendi minimi da 3.200 franchi e netto peggioramento della qualità di vita professionale e sociale a causa di un prolungato orario d’apertura dei commerci, come si vedrà in seguito.
Per poterlo decretare d’obbligatorietà generale, il Ccl deve essere sottoscritto dalla metà più uno dei datori di lavoro attivi nel commercio al dettaglio. Dopo anni di cifre ballerine al ribasso sul numero di negozi nel Cantone (passati nell’arco di due anni da 2.000 a 1.100), la sottoscrizione avrebbe superato la metà dei datori per una manciata di firme in più. A certificare che la procedura sia corretta, è sempre il Dfe. Durante la procedura, la Seco aveva espresso delle perplessità anche sul fatto che la grande distribuzione apparisse tra i firmatari del Ccl. Questo perché non sottostà all’obbligo, avendo dei Ccl migliori. Quando Unia chiede in maggio al Dfe di fornire la documentazione per una verifica indipendente visto il risultato risicato, quest’ultimo pone il rifiuto. «Il Dfe abdica così al suo ruolo super partes, scegliendo di stare da una parte» commenta Giangiorgio Gargantini, responsabile terziario di Unia. La legge trasparenza infatti consente all’autorità di decidere in piena autonomia se considerare l’interesse pubblico predominante e dunque consegnare la documentazione a chi ne fa richiesta se lo ritiene opportuno. Dovrebbe essere nell’interesse dell’autorità che la procedura per il varo di una legge sia a prova di bomba. Infine, lo dice la classica massima: se non hai nulla da temere, perché nasconderlo? «Il consigliere di Stato Vitta non rilascia dichiarazioni sul tema, essendo la procedura ancora in corso» risponde ad area la direzione del Dfe, precisando inoltre, che in caso di opposizione, il Consiglio di Stato sarebbe chiamato ad esprimersi e dunque un commento oggi sarebbe prematuro. «Se l’autorità cantonale alza un muro di gomma, è logico nutrire seri dubbi sul fatto che la procedura sia stata corretta» osserva Gargantini.

 

La grande bugia agli elettori
«Non ancora promulgata la legge, Cantone e Lugano hanno già firmato un accordo per aperture fino alle 22.30, sette giorni su sette (domeniche e festivi compresi) dei commerci dei quartieri affacciati sul lago» segnala il sindacalista. «Locarno ha già avanzato la medesima richiesta. E perché i castelli di Bellinzona dovrebbero valere meno dei laghi? O perché la neve delle zone sciistiche dovrebbe valere meno dei laghi?». Gargantini fa riferimento alla deroga prevista nella legge sugli orari dei negozi approvata dai votanti nel 2016, più precisamente l’articolo 10, dove si indica che i negozi in località turistica possono rimanere aperti in deroga dalle 6 del mattino alle 22.30, tutti i giorni della settimana, domeniche e festivi compresi «durante la relativa stagione turistica».


Nel messaggio governativo sulla nuova legge, si specifica che le zone turistiche comprenderebbero una quarantina di località (poco più di un terzo dei comuni ticinesi), situate in zone lacustri e dove vi sono stazioni sciistiche. A questa quarantina, potrebbero aggiungersene altre, come Bellinzona coi suoi castelli, patrimonio dell’umanità. Il governo precisa pure il periodo delle aperture sette giorni su sette fino alle 22.30: «È ipotizzabile che la stagione estiva sia compresa tra la domenica precedente la Pasqua e l’ultima domenica di ottobre, mentre quella invernale tra il 1° dicembre e la domenica dopo Pasqua». Sette mesi quella estiva e quattro quella invernale, in almeno una quarantina di comuni. Siamo molto vicini a un’apertura generalizzata.


Eppure quando si trattò di convincere i votanti della bontà della nuova legge, i favorevoli vendevano la modifica degli orari come roba di poco conto, limitata a una mezz’oretta, dalle 18.30 alle 19 in settimana. «Un’apertura moderata, equilibrata» la definì Christian Vitta alla Rsi pochi giorni prima del voto.


«La popolazione è stata ingannata sull’oggetto in votazione. Quando Unia rendeva attenti sulle deroghe previste nella legge che avrebbero portato a un’apertura quasi generalizzata, il sindacato veniva tacciato di demagogia, di terrorismo. Oggi, purtroppo, si dovrà constatare che avevamo ragione» osserva Gargantini.

 

Il conto lo pagano tutti
«Se i dipendenti dei negozi delle stazioni di servizio non percepiscono la medesima paga dei colleghi dell’intera Svizzera, devono ringraziare chi ha firmato il Ccl della vendita». Non usa giri di parole il sindacalista di Unia per stigmatizzare l’esclusione del Ticino dal resto del Paese. «Il Consiglio federale, lo scrive nero su bianco, ha escluso il nostro cantone perché sarebbe potuto entrare in vigore il Ccl della vendita cantonale che prevede paghe minime da 3.200 franchi invece dei 3.600 obbligatori in tutta la Svizzera negli shop delle stazioni di benzina». Oltre ai lavoratori degli shop delle pompe di carburante, le ripercussioni dei nuovi orari consentiti dalle deroghe, si rifletteranno su tutti i servizi indotti, quali il trasporto pubblico o di pulizia, ad esempio.

 

La proposta
Privato della documentazione in ragione del rifiuto del Dfe, al sindacato non resta altro che inoltrare opposizione a scatola chiusa. «Dando per scontato che il governo boccerà la nostra opposizione, percorreremo tutte le vie per difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, fino al Tribunale federale», spiega il sindacalista. Gargantini lancia una proposta: «Usciamo dai tribunali e ricominciamo da zero. Sediamoci a un tavolo e definiamo un Ccl dignitoso per le salariate e i salariati, e che presenti vantaggi per l’intero settore, piccoli commerci inclusi».

Pubblicato il

26.06.2019 18:57
Francesco Bonsaver

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