Nuova generazione ai vertici di Unia

Cambio ai vertici di Unia Ticino. Il Congresso di Bellinzona del 15 ottobre eleggerà infatti Enrico Borelli al posto di Saverio Lurati alla carica di segretario regionale. Borelli, cresciuto sindacalmente nelle fila del Sei, andrà così ad affiancare Rolando Lepori, ex Flmo, che era già segretario regionale con Lurati fin dalla nascita di Unia nel 2005 e che mantiene la carica. Cosa significa per Unia Ticino l'avvicendamento fra Lurati e Borelli? È soltanto un cambio generazionale? Ne abbiamo parlato con i due diretti interessati.

Saverio Lurati, come si è arrivati a proporre al Congresso di Unia Ticino di eleggere Enrico Borelli al suo posto quale segretario regionale da affiancare a Rolando Lepori?
Lurati: È stata la conclusione di un processo naturale. Enrico Borelli è stato colui che ha dato un indirizzo politico anche innovativo alla Regione negli ultimi 5 anni. La sua elezione è come la mela matura che cade dall'albero.
Che differenza c'è nel modo di lavorare e concepire il sindacato fra di voi?
Lurati: Nel modo di concepire il sindacato non vedo grandi differenze. Ci sono invece dei metodi operativi diversi.
Nel documento programmatico che presentate al Congresso si parla però di totale riorientamento del sindacato…
Lurati: Ma questa è la conseguenza di un percorso iniziato molto tempo fa. Faccio un esempio banale: quando io sono arrivato al sindacato la Commissione paritetica dell'edilizia era poco più che un pretesto per trovarsi a pranzo. Oggi essa è un organismo che svolge appieno le sue funzioni di controllo. Perché in questi anni si è fatto in modo che così fosse.
Borelli: È vero, sento una continuità, un forte legame con le generazioni che ci hanno preceduto e che ci hanno formato negli ultimi 15 anni. Loro hanno trasformato il sindacato, preparandolo ai tempi duri che viviamo. Noi dovremo ulteriormente approfondire questo percorso. Perché oggi i problemi sono in parte diversi, ma comunque ancora più acuti: penso al degrado nell'edilizia, al lavoro gratuito nell'industria, alla sordità del padronato nel commercio al dettaglio. Le basi per l'azione di oggi sono state poste dalla generazione che ci ha preceduto 20 anni fa: quando in Ticino il sindacato ha avvertito la necessità di incidere sul piano politico, di sviluppare mobilitazioni, di radicarsi sui luoghi di lavoro. Le differenze sono semmai più di ordine anagrafico, oltre che dei percorsi individuali.
Borelli, lei è cresciuto politicamente nella sinistra radicale, in particolare nel Movimento per il socialismo. Cosa porta di questa esperienza nel sindacato?
Borelli: La capacità di leggere la realtà con una griglia interpretativa, con dei riferimenti storici e politici chiari. E la voglia di costruire un percorso di rottura rispetto ad un capitalismo sempre più brutale.
Spesso le scelte politiche di iscritti al sindacato sono opposte a quelle del sindacato stesso. Questo che difficoltà pone?
Lurati: Difficoltà di comunicazione. Mi è capitato di dover misurare le parole per esempio di fronte a posizioni xenofobe. Posizioni che però non si possono limitare alla destra. Anche la sinistra in alcuni momenti storici ha attraversato queste paure. Il problema è come gestirle. Se si riesce a mettere al centro della nostra attenzione i problemi quotidiani dei lavoratori e delle lavoratrici, allora il razzismo e la xenofobia si riesce a tenerli fuori dalla porta. Perché spesso il razzismo e la xenofobia nei lavoratori sono solo l'epressione della paura di perdere quel poco che hanno.
Borelli: In Ticino abbiamo un sindacato molto combattivo e un territorio diffusamente razzista e xenofobo. Una situazione che ben conosce anche la Fiom nel Nord Italia. Ad un'inchiesta della Cgil i lavoratori delle regioni di Brescia e Bergamo hanno detto di riconoscersi nella Fiom perché è l'unica organizzazione che li tutela sul posto di lavoro e nella Lega Nord perché è l'unica realtà che li rappresenta sul territorio. Questo è specchio della crisi in cui versa la sinistra tradizionale che per certi aspetti si è allontanata dai ceti popolari. Il sindacato cerca di costruire dei ponti fra persone di provenienza diversa ed è nel lavoro concreto, quotidiano, che superiamo le diffidenze e le paure fra i lavoratori. Perché il problema oggi è di classe, non di divisione del territorio: il problema è il capitalismo, non il migrante.
Anna Biscossa in questo numero di area scrive che rivorrebbe un sindacato come luogo di crescita personale degli apprendisti. C'è una prospettiva in questo senso?
Borelli: Accanto alla formazione professionale c'è anche una formazione che mira alla crescita umana dell'individuo. Proprio su questi aspetti Lurati è stato un precursore. In Ticino sono stati i primi infatti ad essersi accorti che la formazione doveva essere integrata nel lavoro sindacale tradizionale. Da qui la stretta collaborazione con il nostro ente formativo Ecap. Ora è necessaria un'ulteriore offensiva sia nella formazione professionale che nella formazione più generale, a tutti i livelli: da qui la scuola operaia, i numerosi seminari organizzaati negli ultimi anni, il ciclo destinato ai giovani. E non trascuro il ruolo di formazione che può avere un giornale di critica sociale come area.
Lurati: Ho sempre parlato di democrazia della formazione. Il fatto che la formazione professionale sia stata delegata al padronato pone i lavoratori in posizione subalterna. Noi con l'Ecap abbiamo invece introdotto una formazione destinata a tutti coloro che la vogliono fare, indipendentemente dalla formazione precedente e dal sussistere o meno di un rapporto di lavoro. Formare qualcuno deve soprattutto avere l'obiettivo di svincolare i soggetti dalla necessità di dipendere sempre dallo stesso padrone. L'obiettivo della formazione dev'essere l'indipendenza di chi la segue.
C'è accordo in Unia Ticino sulle linee programmatiche per i prossimi anni o ci sono divergenze interne ancora da superare, forse retaggio del passato?
Lurati: Dopo la fusione fra Sei e Flmo non ho mai visto lotte interne a Unia per far prevalere una linea piuttosto che un'altra. Il tipo di sindacato che abbiamo messo in campo ha permesso ai lavoratori di riconoscersi in una politica non più settaria. Poi le paure e le differenze c'erano e in parte ci sono ancora adesso. Anche perché le differenze che ci sono fra industria e edilizia sono tante e tali che impongono interventi diversi da parte del sindacato: un conto è essere confrontati al mercato interno, un conto è lavorare in ditte che si misurano sul mercato internazionale.
Perché allora, a 7 anni dalla fusione, in Unia Ticino ci sono ancora due segretari regionali, uno di estrazione Flmo e l'altro di estrazione Sei?
Borelli: La nostra è una Regione grande con un'attività molto complessa e sottoposta a sollecitazioni sempre più pressanti. Credo quindi che una conduzione a due sia la soluzione più efficace, anche per dare delle risposte forti sotto il profilo organizzativo.
Lurati: In questo modo possiamo ripartire le responsabilità in modo da non essere oberati nel lavoro quotidiano. È quasi casuale il fatto di ritrovarsi con un segretario ex Sei e l'altro ex Flmo. Se in Unia Ticino non fosse successo quel che è successo dopo lo sciopero alle Officine era ipotizzabile che oggi ci si ritrovasse con due segretari regionali della nuova generazione di estrazione Sei, mentre Rolando Lepori avrebbe potuto assumere incarichi a livello nazionale. Del resto più nessuno nella base fa riflessioni di questo genere.
Quanto successo nel dopo Officine è ancora una ferita aperta nell'organizzazione?
Lurati: Quella vicenda nell'organizzazione mi sembra sia stata superata completamente. In alcune persone, fra le quali mi ci metto, non ancora.
Lei Lurati è anche deputato in Gran Consiglio. Sarà un handicap per Unia Ticino che ora né Lepori né Borelli siedono in parlamento?
Lurati: Essere presenti in parlamento è certamente un vantaggio importante. Perché dopo qualche mese di lavoro si riesce a cominciare a far passare qualche idea, si può seminare qualcosa che si raccoglierà magari a distanza di anni. Ma sopratutto si ha nell'opinione pubblica una visibilità diversa che non se si è soltanto sindacalista: questo porsi come persona che si occupa dei problemi di un pubblico più ampio rispetto a quello degli iscritti al sindacato fa bene al sindacato stesso.
Borelli: La mia volontà è di dedicarmi anima e corpo al lavoro sindacale. L'offensiva del padronato è tale che non è possibile fare altrimenti. In un secondo tempo, se il non essere in Gran Consiglio si rivelerà un problema, vedremo come risolverlo nel modo migliore. Ma non credo che sia una questione decisiva. Anche perché, per quanto riguarda i rapporti di forza, credo preferibile investirsi sui luoghi di lavoro, in conflitti e in scioperi importanti, che danno risultati più concreti rispetto ad anni di discussioni in parlamento, dove i rapporti di forza non ci sono favorevoli.
Come sono e saranno nei prossimi anni i rapporti con l'Ocst?
Borelli: A livello personale i rapporti sono generalmente buoni. Gli orientamenti sindacali divergono però in maniera importante. E negli ultimi mesi purtroppo ci siamo trovati spesso su fronti distinti: penso alla mobilitazione dell'edilizia del 4 luglio, alla questione della disdetta del contratto degli elettricisti, e alla questione del lavoro domenicale, in particolare al centro Polaris di Chiasso. Laddove possibile almeno su aspetti puntuali si dovrebbe però trovare delle convergenze allo scopo di rafforzare la posizione dei lavoratori.
Lurati: Noi ci siamo rinnovati circa 20 anni fa. L'Ocst ha l'occasione di farlo nei prossimi 3-4 anni. È un cambiamento generazionale che potrebbe dare un impulso diverso all'Ocst e che spero possa avvicinarla un po' di più alle nostre posizioni. Oggi nell'Ocst c'è una leadership ancora legata agli schemi del partenariato sociale a tutti i costi, e questo preclude la collaborazione su molti fronti. Ma all'Ocst manca anche una riflessione strategica su quale potrebbe essere il suo ruolo in Ticino, avendo oltretutto il vantaggio di essere un sindacato interprofessionale.
Nel documento programmatico si parla di Unia come sindacato generale. Cosa si intende?
Borelli: Si intende un sindacato interprofesionale che si rivolge alla società e sviluppa delle lotte partendo da interessi particolari per parlare all'insieme dei salariati e della popolazione. È quanto abbiamo cercato di fare ad esempio con la mobilitazione nell'edilizia, dove abbiamo cercato di porre il problema di società. È lo stesso taglio che cerchiamo di dare al nostro intervento nel settore della vendita, in cui sottolineamo che la questione degli orari di apertura dei negozi non riguarda solo le commesse ma tocca direttamente le modalità di organizzazione della nostra società.

Pubblicato il

07.10.2011 02:00
Claudio Carrer
Gianfranco Helbling