Conoscete le riviste d’architettura? In generale si tratta di pubblicazioni eleganti su carta patinata, con fotografie accattivanti e articoli poco leggibili per la lunghezza eccessiva dei testi e per l’ermetismo dei contenuti.
Le leggono (meglio, le sfogliano) soprattutto gli architetti e gli studenti.
Pubblicare una propria opera su una rivista prestigiosa, era considerato dagli architetti (e lo è ancora in parte), una specie di riconoscimento pubblico del proprio livello artistico e di ammissione informale nel gotha della professione. Bisogna dire che non è sempre stato così. Nell’ultimo Ottocento e nella prima modernità v’erano riviste francesi, tedesche ed italiane che rappresentavano dei veri e propri tesori per la formazione tecnica e culturale dei costruttori, con una pregevolissima documentazione di disegni e di informazioni sui materiali e sui mestieri.
Oggi, per dirla con Bruno Reichlin, «...la pubblicazione architettonica si focalizza (piuttosto) ... sulle gesta delle personalità di spicco, ... sulle loro dichiarazioni di poetica o sui loro bon-mots d’artista». Ma sono giunte, proprio nelle ultime settimane, anche notizie di altro segno. La casa Allemandi di Torino pubblica ogni mese il “Giornale dell’architettura”, diretto da Carlo Olmo, attuale preside della facoltà di architettura di quella città.
Secondo il Manifesto (3.11.2002) il nuovo giornale si prefigge «una posizione diversa rispetto ad alcune correnti di successo nel pensiero attuale sull’architettura: scarsissima simpatia per ogni tendenza estetizzante, scarsissima simpatia per ogni visione priva di agganci tecnici e sociali con il mestiere, scarsissima simpatia per le esposizioni universali di progetti e le sovraesposizioni individuali di progettisti-star».
Sin qui il Manifesto ed infatti già l’aspetto della nuova pubblicazione è diverso dal solito: carta e formato da giornale, quaranta pagine fitte di informazioni, pubblicità ben fatta, temi che spaziano dalla formazione, alle questioni legislative ed economiche, alle notizie su opere, lavori in corso, progetti, produzione edilizia, dibattiti aperti in questo momento. E soprattutto articoli molto leggibili per chiunque.
Si viene a sapere per esempio, nell’ultimo numero, che i costi orari medi della manodopera nei grandi studi di architettura (disegnatori e giovani architetti) sono di 17,20 dollari negli Stati Uniti, 1,51 dollari nel Messico e 0,46 dollari in Tailandia.
E che ormai molto lavoro tecnico, grazie ad Internet, viene “distribuito” in tutto il mondo con la possibilità di andata e ritorno di informazioni e di disegni in tempi inauditi: «Il risultato del lavoro diurno a Saint Louis può essere (e di fatto viene) trasmesso la sera, alla mattina di Bombay, e così via, in un ciclo continuo». Si vengono a sapere, sempre nell’ultimo numero, anche molte cose sul restauro, su una bella opera recente dei basilesi Herzog e De Meuron, sulla nuova formazione universitaria 3+2 in Italia, sui concorsi, sul cemento ottenuto in Giappone dai rifiuti, e così via.
Insomma notizie interessanti. E finalmente anche qualche indagine sui profondi cambiamenti in atto nelle antiche e oggi un po’ traballanti professioni di architetto e di ingegnere.
Era ora. |