Sono stato ultimamente per lavoro in Asia centrale: oggi vi parlerò dell’Uzbekistan, la prossima volta del Kirghizistan. Le due repubbliche ex-sovietiche hanno parecchio in comune: in entrambe, per esempio, la maggioranza della popolazione è di fede islamica, anche se persistono diverse altre importanti minoranze, tra cui la principale è quella cristiana-ortodossa. Durante il periodo sovietico, molti siti religiosi erano stati chiusi, soprattutto le moschee. Queste adesso spuntano dappertutto come funghi, quasi sempre finanziate dalla Turchia o dalle monarchie assolute del Golfo. Ma anche il clima generale è favorevole a questa rinascita della religione islamica. Diversi interlocutori mi hanno riassunto la situazione dicendomi “anch’io appartengo all’Islam, ma non ho mai pregato in vita mia. I miei figli e figlie invece oggi pregano regolarmente, anche se magari girano in minigonna. Noi, anche se non sostenitori attivi del governo sovietico, avevamo però interiorizzato la speranza di creare un mondo nuovo e migliore. Oggi l’unica cosa in cui i giovani possono credere quale visione del futuro è la religione: ecco perché questa si sta rafforzando”. E non è sicuramente l’ideologia del mercato a fornire una visione alternativa in cui credere. Anche perché nella pratica questa significa chiusura di fabbriche, perdita di posti di lavoro, distruzione sistematica dell’educazione e della sanità pubblica, e, aspetto quest’ultimo che mi ha sorpreso, difficoltà maggiori a trovare oggi un appartamento piuttosto che 30 anni fa. Particolarmente disastrosa è la situazione delle strutture sanitarie: ciò spiega come mai anche in queste repubbliche, e non solo in Russia, l’aspettativa di vita sia nettamente diminuita dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica. E quindi capisci perché ti si ripeta ad ogni piè sospinto il classico “si stava meglio quando si stava peggio”, e perché la nostalgia del periodo sovietico sia diffusa nella popolazione. Forse anche per ciò i festeggiamenti per il 70esimo della fine della seconda Guerra Mondiale sono stati faraonici, e non solo a Mosca, anche se i leaders occidentali li hanno stupidamente boicottati. Ho trovato segni di questo settantesimo ad ogni angolo di strada. E lo si capisce: i 27 milioni di morti avuti dall’Unione Sovietica nella lotta contro il nazi-fascismo significano che in pratica ogni famiglia ha avuto dei caduti. L’unico aspetto di cui la gente comprensibilmente non ha nostalgia, quando pensa al passato, sono le code che prevalevano nei negozi per la mancanza di beni di consumo. Qualcuno mi dirà: ma ora c’è la democrazia! Sicuramente non in Uzbekistan, stato grande dieci volte la Svizzera con una popolazione di 30 milioni di abitanti. Non ho mai visto tanti poliziotti ad ogni angolo di strada e il regime del presidente padre-padrone Karimov usa tolleranza zero verso ogni minima opposizione. Ecco perché a Samarcanda, di cui non mi sono lasciato scappare la visita, si respira aria di nostalgia non solo del grande condottiero Tamerlano, ma anche di Lenin. |