Nel passato a creare e irrobustire la crescita classe media ticinese vi furono le ex regie federali coi loro posti qualificati e ben pagati. Il passaggio a società anonime di Posta e Ferrovie, ne ha ridimensionato notevolmente la portata. Oggi rischiamo di segare uno degli ultimi rami economici importanti rimasti nel tessuto cantonale. Sul territorio, la Rsi costituisce un ramo economico ed occupazionale di qualità finanziato per quattro quinti con soldi provenienti dal resto del Paese. Finanziamenti di cui, in ultima istanza, beneficiano pure le imprese locali grazie all’indotto generato e le finanze cantonali cone le imposte incassate. Tagliare quel ramo, equivale a indebolire l'intera società ticinese. È il succo della conferenza stampa odierna indetta dal Sindacato Svizzero dei media (Ssm) sezione Ticino, sull’ordinanza posta in consultazione dal Consiglio federale di ridurre il canone televisivo da 335 franchi a 300 l’anno. Attualmente, la Rsi si finanzia con 45 milioni di franchi raccolti in Ticino e da quasi 200 milioni dal resto del Paese. Per un franco “ticinese” dunque, altri cinque franchi arrivano dalla Confederazione, detto in altri termini. Diminuendo il canone a livello federali, le ripercussioni sulla Rsi sarebbero dunque gravi per l'intero cantone, hanno ricordato i sindacalisti. Oggi la Rsi rappresenta il secondo datore di lavoro cantonale con oltre mille impieghi. Con la riduzione del canone proposta dal governo federale, la Ssm stima tra i 150 e i 170 i posti di lavoro a tempo pieno che andrebbero persi in Ticino. Nel concreto, spiegano i sindacalisti, i lavoratori coinvolti sarebbero molti di più, in ragione dei numerosi tempi parziali presenti all’ente pubblico. Gravi ripercussioni sull’occupazione si rifletterebbero anche nell’indotto privato, ossia nelle cinquantadue ditte esterne a cui oggi si affida la Rsi, nonché tra le sue 869 ditte regionali da cui si fornisce. Per questo motivo, i rappresentanti Ssm auspicano che dal Ticino emerga una chiara e netta opposizione istituzionale alla proposta del governo federale di ridurre il canone. «Non è solo una questione economica, ma di prospettiva di società» ha sottolineato Paolo Bertossa, copresidente Ssm. «Già oggi il Ticino non è un paese per giovani. Negli ultimi anni, oltre un migliaio di giovani svizzeri italiani non rientrano nel cantone al termine degli studi o della formazione oltre Gottardo poiché mancano posti di lavoro qualificati. Decimare la Rsi significherà alimentare l’esercito dei giovani espatriati». Oggi la Rsi è una delle principali aziende formatrici del Cantone grazie alla settantina di professioni che offre, ha ricordato Sabrina Ehrismann, copresidente Ssm Ticino. «Riducendo i finanziamenti alla Rsi, l’impatto sulla formazione sarà forzatamente importante». Con la riduzione del canone, in gioco dunque non vi è unicamente la qualità del servizio pubblico radiotelevisivo offerto, ma le ripercussioni economiche e occupazionali sul tessuto sociale ticinese, hanno sottolineato i copresidenti Ssm. L'eventuale sostegno alla riduzione dei finanziamenti alla Ssr è «una proposta folle, di “tafanaziana” memoria, poiché in Ticino equivale a farsi del male da soli» ha riassunto Giangiorgio Gargantini, in veste di vicepresidente dell’Unione sindacale ticinese. «Il Ticino è tristemente in vetta a numerose classifiche federali. Abbiamo le paghe mediamente inferiori del 20% al resto del paese, abbiamo il maggiore tasso di disoccupazione a livello federale e il più alto numero di poveri e di popolazione a rischio povertà tra i cantoni. Indebolire la Rsi sarebbe l’ennesima mazzata a un tessuto economico cantonale già disastrato» ha aggiunto Gargantini. «Naturalmente, il problema non sono i cittadini che legittimamente hanno il diritto di pensarla così, ma quella classe politica cantonale che sostiene la riduzione del canone senza spiegare le conseguenze pratiche sul tessuto cantonale. Udc, giovani liberali, Usam e la Lega dei ticinesi a livello cantonale, sono tra i promotori dell’iniziativa “200 franchi di canone bastano”. Guarda caso, sono gli stessi ambienti che difendono la logica del decreto Morisoli, dei tagli conseguenti e degli sgravi fiscali ai ricchi. Alla base, il disegno politico è sempre il medesimo» ha spiegato Gargantini. Per questo motivo, il segretario di Unia ha invitato la popolazione a partecipare alla manifestazione del prossimo sabato a Bellinzona “Stop ai tagli”, per dire basta a questa visione ideologica di società che favorisce pochi a discapito della grande maggioranza della popolazione. |