Con il voto del 7 marzo prossimo sulla revisione della Legge sulla previdenza professionale (Lpp), le cittadine e i cittadini svizzeri non decideranno soltanto le sorti delle pensioni e dunque del loro benessere economico negli anni della vecchiaia. Il risultato che uscirà dalle urne sarà determinante per l'intero sistema di assicurazioni sociali. Che la posta in gioco sia più alta di quanto possa sembrare, lo si intuisce dai toni e dai tempi del dibattito, ma anche da una serie di dichiarazioni esplicite di politici ed esperti in materia di previdenza professionale che da settimane vengono sguinzagliati dalle organizzazioni economiche e dalla lobby degli assicuratori privati in una sorta di "corsa all'intervista". Cosa succederebbe se venisse bocciata la riduzione dal 6,8 al 6,4 per cento dell'aliquota minima di conversione per gli averi del secondo pilastro e dunque delle rendite per i futuri pensionati dell'ordine del dieci per cento? «È un'eventualità che mi fa paura. Non per le sorti del secondo pilastro, ma per le altre assicura- zioni sociali», ammette candidamente uno dei tanti esperti interpellati in una recente intervista dal Tages Anzeiger. Un no popolare alla revisione della Lpp, spiega, indurrebbe nell'immediato il Parlamento a rinunciare all'undicesima revisione (a suo dire «urgente») dell'Avs. Revisione, ricordiamo, che prevede un nuovo innalzamento (a 65 anni) dell'età pensionabile delle donne e una riduzione sostanziale delle rendite. L'esperto ha ragione: una bocciatura della Lpp porrebbe perlomeno un freno ai processi di smantellamento sociale in atto. Processi, ricordiamo, che non colpiscono solo gli anziani, ma anche i disoccupati, i disabili e i malati. Dovesse per contro prevalere il sì, assisteremmo a un'accelerata in questa direzione e dunque si andrebbe verso un abbandono progressivo del sistema collettivo di sicurezza sociale, obiettivo a cui mirano le classi dominanti. Non è un caso che le organizzazioni economiche, le grandi compagnie assicurative e il Consiglio federale al loro servizio stiano compiendo sforzi senza precedenti in questa campagna referendaria. Per la loro propaganda hanno investito una cifra a sette zeri (c'è addirittura chi ipotizza venti milioni di franchi). Ma i loro argomenti sono deboli e per questo, a tratti, ricorrono all'aggressione degli avversari (come è successo con un'inserzione contro il «sindacato estremista» Unia) nel tentativo di delegittimarli. Naturalmente anche il fronte dei referendisti, in particolare il movimento sindacale, non si risparmia in questa campagna che vuole e deve assolutamente vincere. Anche se non a suon di milioni ma con la forza delle idee.
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