Prima l’eccezione per i commerci delle stazioni e degli aeroporti, poi per quelli annessi alle stazioni di benzina, successivamente per quelli ubicati nelle zone turistiche. E ora per i negozi “di prossimità” nelle regioni “suburbane”. La celebre tattica del salame, usata ormai da decenni dalla politica svizzera per fare a pezzi il principio del divieto del lavoro festivo e domenicale, ha prodotto un nuovo risultato sotto la cupola di Palazzo federale, dove oggi il Consiglio nazionale ha approvato una mozione che mira ad autorizzare aperture dei negozi 7 giorni su 7 anche nei paesini. Una decisione fermamente condannata dal sindacato Unia, che punta il dito contro i parlamentari borghesi, “che vogliono sempre più deregolamentazione invece della tutela della salute”, si legge in un comunicato. Presentata dal liberale-radicale vallesano Philippe Nantermod, la mozione (passata con 109 voti contro 79) propone una modifica della legislazione sul lavoro che consenta l’apertura domenicale dei negozi “di prossimità che impiegano un numero limitato di dipendenti e con un assortimento di prodotti simile a quello di un alimentare” ubicati in “regioni suburbane” che “non hanno al momento accesso a una serie di servizi ormai diventati indispensabili”, scrive Nantermod parlando di “disparità di trattamento” e definendo le chiusure domenicali “fonte di vere e proprie difficoltà personali”. Con questa formulazione vaga, ammonisce il sindacato Unia, “si spalancano le porte a un’ulteriore massiccia estensione del lavoro domenicale e si sferra un nuovo attacco alle già precarie condizioni di lavoro nel settore del commercio al dettaglio”. “È un dato di fatto che il lavoro domenicale regolare aumenta la tensione fisica e psichica e crea un forte stress. Già oggi nella vendita gli orari di lavoro sono fortemente deregolamentati e stressanti; alle lavoratrici e ai lavoratori viene chiesta la massima flessibilità: turni frammentati, lavoro serale e cambio dei turni di servizio con breve preavviso sono all’ordine del giorno. Tutto questo porta a un’intensificazione del lavoro. La diffusione del lavoro domenicale aggrava quest’evoluzione”, scrive Unia sottolineando il prezzo che le lavoratrici e i lavoratori pagano in termini di conciliabilità tra vita professionale e privata, ma anche di salute. Un punto di vista condiviso certamente dal personale, ma anche da una maggioranza della popolazione, afferma Unia ricordando come ciò venga confermato in due terzi delle votazioni cantonali degli ultimi decenni su progetti di deregolamentazione. L’ultima volta è successo il 3 marzo scorso con la bocciatura della Legge sull’apertura dei negozi (che prevedeva l’allungamento delle aperture serali di mezz’ora fino alle 19 e la possibilità di creare nuove “zone turistiche” aperte 7 giorni su 7) in Vallese, cantone dell’autore della mozione, come gli è stato fatto notare da più oratori durante il dibattito di questa mattina. Anche il Consiglio federale si è dichiarato contrario, ritenendo «né necessaria né opportuna» la modifica proposta, in quanto «in contrasto con il principio generale di divieto del lavoro domenicale, che si basa essenzialmente su considerazioni sociali, culturali e religiose a cui la maggioranza della popolazione ha finora dimostrato di essere legata», ha affermato il ministro dell’economia Guy Parmelin, evocando anche «i risultati negativi di varie votazioni cantonali». Ma la maggioranza di destra della Camera del popolo ha tirato dritto e si è imposta, grazie al voto favorevole compatto dei parlamentari PLR e dei Verdi liberali, dell’UDC (con 8 defezioni) e di due terzi dei deputati centristi. Ora l’oggetto passa al Consiglio degli Stati. |