È un buon momento per il football ticinese: il Chiasso ed il Malcantone Agno si stanno rivelando delle formazioni molto competitive e senza dubbio degne della serie A ed il Bellinzona sta facendo la sua parte in modo assai dignitoso. In attesa di ritrovare l’élite calcistica, dobbiamo essere contenti del comportamento e delle prestazioni delle nostre migliori squadre. In un clima di ristrettezze economiche e di tagli ai budget dei club, c’è comunque un aspetto positivo da prendere in considerazione: le nostre compagini sono formate in larghissima parte da giocatori cresciuti nei movimenti giovanili delle società ticinesi e questo indica che se il lavoro alla base è valido ed efficace porta sicuramente dei frutti e dei risultati. Lo stesso discorso vale anche per la pallacanestro luganese: archiviato definitivamente anche il secondo periodo d’oro (il primo era quello della Federale, del Viganello, e via dicendo), oggi nel Lugano troviamo diversi promettenti giocatori provenienti dal vivaio che affiancano con profitto gli indispensabili rinforzi stranieri. Tra gli spunti d’attualità delle ultime settimane, risaltano le due sonore batoste casalinghe subite dalla Lazio e dall’Inter in Champions League: il 4 a 0 rifilato dal Chelsea alla Lazio e il 5 a 1 con il quale l’Arsenal ha umiliato l’Inter ci dicono che forse il valore del football italiano (Juventus, Milan e Roma a parte) è nettamente inferiore a quanto ci fanno credere tanti addetti ai lavori. Se il livello tecnico è quello che è, non si può certo rallegrarsi dopo aver visto le sceneggiate della scorsa fine settimana: alle solite polemiche arbitrali, orchestrate e alimentate in particolare da alcuni dirigenti e dai media, si sono aggiunte le desolanti risse dell’Olimpico dove in campo i giocatori della Lazio e del Perugia hanno offerto un pessimo spettacolo. I paradossi e le esasperazioni sono, insomma, infinite nel gran mondo del calcio italiano; ha ragione l’allenatore della Juventus Marcello Lippi quando, su La Repubblica di martedì scorso, ha detto che «questo mi sembra il paese del Dottor Jeckyll e di Mister Hyde: per una settimana ci siamo uniti attorno alla commozione e alla solidarietà per le vittime di Nassiriya come poche altre volte era successo, ma alla domenica persone che fino al giorno prima avevano gli occhi gonfi di lacrime ci hanno aspettato allo stadio con la bava alla bocca per riempirci dei peggiori insulti. E se mi fossi fermato perché avevo bucato una gomma, magari mi avrebbero anche riempito di botte. È a questo che non mi abituo, alle polemiche invece sì». Vittorio Zucconi, nella sua rubrica “Il calcio in testa”, su la Repubblica.it, è ancora più eloquente: «Se ancora sussistesse qualche dubbio sul fatto che il campionato italiano di calcio di Serie A non ha più alcuna ragione sportiva per esistere e prima riescono a mandarlo a fondo meglio sarà, le cronache di questa giornata dovrebbero convincere anche gli ultimi e patetici pretoriani di questo impero marcio». Ciò che deve far riflettere è che, al di là delle congenite polemiche di una realtà o di un carrozzone che sta in piedi anche e soprattutto grazie ad esse, sono oramai in pochi quelli che, con un distaccato sorriso, riescono a minimizzare: è mai possibile, ad esempio, che uno come Vieri sia perennemente imbronciato ed arrabbiato?

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28.11.03

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