La società borghese è una società borghese mondiale, con le sue leggi che servono in primo luogo all’accumulazione del capitale, e con i suoi effetti collaterali, come quello definito “libera circolazione delle persone”. Mi si consenta, dato che sono di lingua straniera, di soffermarmi un po’ su questa espressione. Cominciamo forse dalla libertà di andare e venire, in tedesco la “Freizügigkeit”, che significa anche “generosità”. Questo concetto deriva probabilmente da codici d’abbigliamento destinati agli stabilimenti balneari dell’inizio del XX secolo, quando le donne hanno potuto mostrare una superficie maggiore di pelle affinché l’uomo potesse ammirare la loro “generosa” scollatura – e si potesse immaginare cosa ci stava sotto. Siccome queste donne agivano di loro spontanea iniziativa, erano libere e generose. Resta l’altra parte dell’espressione: le persone. È più facile da decifrare. Il vocabolo “persona” esiste anche nella mia lingua madre. Significa maschera, ruolo che un essere umano interpreta. Secondo Jung c’è una differenza fondamentale fra l’essere umano che non è altro che una persona, cioè che si riduce al ruolo interpretato nella società, e l’essere umano che è un individuo, cioè un essere nel quale il ruolo sociale e l’io si completano per fare un essere totale. Ora, abbiamo visto, toccato con mano, sentito, imparato che il sistema economico ha bisogno delle “persone”. Ha bisogno soltanto delle “persone” e ha bisogno delle “persone” a breve termine. Ma quando il ruolo, la maschera non rientrano più nello schema di produzione è un intero essere umano che viene licenziato. E questo essere umano cade a carico dello Stato e di sé stesso. E torna ad essere totalmente maschera. Dunque la libera circolazione delle persone. Economiesuisse è a favore. Non stupisce. I sindacati, composti in larga parte di migranti, sono anche a favore. E dicono di non aver mai potuto lottare così bene per dei salari minimi. Perché hanno imposto delle misure nella legge. Misure d’accompagnamento. Che impediscono all’economia di servirsi come vuole all’estero e di pagare quel poco che le conviene. Tutto ciò funzionerà, ed è bene così. Però: quelli che sono per la libera circolazione delle persone ci pensano che non arrivano soltanto maschere ma esseri umani? Se srotoliamo mentalmente il film della storia migratoria del secolo scorso in Svizzera, allora si impone il dubbio. Da poco l’apprendimento della lingua nazionale è la condizione prima per il prolungamento del permesso di soggiorno. Non ho nulla in contrario, personalmente. Ma imparare una lingua è una cosa, trovare un lavoro e mantenerlo è tutt’altra questione. Oppure: un albanese mi racconta di aver lavorato per quattro anni come clandestino e in seguito come stagionale e di non aver mai preso libero per paura di perdere il posto. Qui non contava nulla che questo albanese fosse professore di matematica. L’economia s’è interessata soltanto alla sua maschera. E questa maschera non arriva fino al sistema educativo o al sistema sanitario. Non arriva nemmeno alla schiena. Altrimenti il mio interlocutore albanese non avrebbe dovuto passare da un medico all’altro per anni e anni a causa del lavoro pesante che gli ha spezzato la schiena. E la colpa non è della sua cultura, ma del dover sollevare carichi pesanti sui cantieri. Grazie alla storia della mia migrazione personale so esattamente cosa significa abbandonare il proprio ambiente famigliare e quanto sia difficile trovare accesso agli svizzeri molto riservati e poco generosi. Quanti ostacoli mi sono stati imposti finché sono stata considerata più o meno una di loro. Ci vorrà qualche anno, era la formula in voga all’epoca. Qualche anno finché la vita se ne va, è la formula in voga oggi. Ecco perché lo chiedo una volta ancora: la Svizzera è pronta non soltanto ad aver bisogno di maschere di uomini e donne venuti dai nuovi paesi dell’Unione europea, ma anche a veder arrivare degli esseri umani con le loro famiglie? Sono pronti le scuole, gli asili, la costruzione di alloggi, il sistema sanitario e soprattutto: l’economia stessa? Lo vediamo: l’inasprimento della Legge sugli stranieri per cittadini di Stati terzi è già in corso. Le odierne norme sugli stranieri e il loro inasprimento sono rivolti all’indietro, non aiutano chi è qui. E non aiutano nemmeno quelli che arriveranno ancora. Mi auguro una politica che sappia guardare avanti e non faccia il pompiere. Una politica per esseri umani e non per maschere. Ma il capitale vuole il capitale umano, che pure è una maschera. Noi invece vogliamo ridare umanità agli esseri umani. Noi vogliamo la libera circolazione e la generosità degli esseri umani. * Dragica Rajcic è una scrittrice croata, nata nel 1959 a Spalato, dal 1979 ha vissuto a San Gallo dove ha svolto diversi lavori (domestica, stiratrice, lavoratrice a domicilio). Dal 1988 al 1991 è tornata in Croazia come giornalista, da dove è fuggita con i figli all’inizio della guerra. Da allora vive di nuovo a San Gallo dove è redattrice di una rivista per migranti e animatrice socioculturale. Ha pubblicato raccolte di poesie e testi teatrali in tedesco. Questo articolo è stato scritto su invito dell’Unione sindacale svizzera in occasione del primo maggio. L’originale tedesco è basato sul gioco di parole dato dal termine “Freizügigkeit”, che significa sia “libera circolazione” che “generosità”. La traduzione è a cura della redazione di area.

Pubblicato il 

29.04.05

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