Chi mercoledì andrà per la prima volta – o chi tornerà, dopo le manifestazioni dell’autunno caldo e quelle degli ultimi anni – a protestare per le strade di Bellinzona non celebrerà un rito. La folla – il corteo – è oggi più che mai soggetto storico. Perché è attiva portatrice di un messaggio politico, non passiva servitrice di un cerimoniale ideologico. Dire con le gambe oltre che con la bocca è rivendicare una presenza che molti vorrebbero assenza. Significa proiettare lo sguardo oltre le cortine fumogene gettate dal palazzo. Alle cortine fumogene il Ticino si è assuefatto. Negli ultimi anni la popolazione non ha mai avuto nulla da eccepire quando il Gran consiglio approvava con ottimistica disinvoltura i pacchetti di sgravi fiscali confezionati dal Dipartimento finanze. Anzi, ci ha messo del suo accogliendo l’iniziativa leghista per sgravare il gran capitale. Chi quegli sgravi li ha ideati, promossi o sostenuti ci dice che le casse sono vuote perché il popolo ha voluto che così fosse. Gli esponenti della destra masoniana, i loro fidi scudieri leghisti e gli alleati pipidini non dicono che la “volontà popolare” non esiste se non la si crea o alimenta. A ricordarcelo è il poeta Fabio Pusterla, che su laRegione Ticino scrive: «il voto popolare degli scorsi anni è stato accuratamente pilotato, sventolando al momento giusto facili illusioni e consuntivi improvvisamente favorevoli che sembravano garantire l’esistenza di un virtuale spazio di manovra. Quale fosse in realtà quello spazio, appare evidente oggi». Come la “volontà popolare”, anche le “casse vuote” non esistono: sono vuote solo perché sono state svuotate. E il perché racchiude un progetto politico di cui la matematica è solo il volto esterno. Ebbene, dopo aver minato per anni con ottusa sistematicità l’erario pubblico, la maggioranza liberal-pipidina-leghista del governo ha dovuto gettare la maschera. In fondo, il preventivo 2004 e il piano finanziario di legislatura sono un’ammissione di colpevolezza («i soldi mancano»). Allo stesso tempo, sono un’altra prova di ipocrisia e arroganza: non si dice come mai i soldi mancano, e poi si sostiene l’inevitabilità del “contenimento della spesa”. Se può servire a consolarsi, va detto che all’“inevitabilità” dei progetti neoliberisti corrisponderà sempre l’“inevitabilità” della protesta: ogni offensiva economico-finanziaria genererà o risveglierà un soggetto politico – la folla, il corteo appunto – che vi si opporrà. Da qualche anno il Ticino lo sta sperimentando. Il resto del paese segue con un leggero ritardo. Ma intanto guarda con interesse al laboratorio sudalpino.

Pubblicato il 

28.11.03

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