Troika e dintorni

La sinistra di Syriza e di Alexis Tsipras hanno fatto infuriare per l’ennesima volta Berlino, Bruxelles e Francoforte. In Grecia non ci saranno governi di grandi alleanze, di unità nazionale o di centrosinistra, con i socialisti corrotti del Pasok o del fido Potami di Theodorakis come partner di governo del maggior nemico di Merkel e dell’austerità in Europa.

I 145 deputati di Syriza e i 10 dei Greci Indipendenti bastano per avere una solida maggioranza di Tsipras nel parlamento di Atene che conta 300 deputati.
Il governo di Tsipras ha mostrato forti segnali di disobbedienza ai diktat europei. Con atti unilaterali ha riassunto i funzionari che erano stati licenziati dai governi di Papandreou, Papadimos e Samaras, le donne delle pulizie del ministero delle Finanze e i custodi della scuole fino alla metà del personale amministrativo delle università.


Con un altro atto unilaterale ha varato “la legge contro la crisi umanitaria” garantendo attraverso la “tessera sociale” a 350.000 persone la sufficienza alimentare, a 220.000 famiglie la corrente elettrica, a 22.000 famiglie un sostegno per pagare l’affitto, a 1.100.000 greci la possibilità di pagare le tasse arretrate senza multe e interessi in 100 comode rate. Inoltre il governo di Tsipras ha assunto 2.400 insegnanti e 1.000 infermieri e vuole assumere anche altri 3.000 tra infermieri e medici.


I prossimi  mesi saranno duri per il nuovo governo e abbastanza difficili per i nemici di Tsipras in Europa, perché si dovranno concludere le trattative per le leggi applicative per l’accordo nefasto del 12-13 luglio, aprire le trattative per il debito, votare la legge contro gli oligarchi delle tv private, chiamate dal governo di sinistra a pagare per prima volta per l’utilizzo delle frequenze. Dopo sarà il turno delle compagnie della telefonia mobile.


«Se volete, prendete anche la mia giacca», aveva detto Tsipras la sera del grande ricatto, rifiutando anche la proposta della moneta parallela offerta dal ministro delle Finanze tedesco. Alla fine ha firmato un accordo che perfino il Fondo Monetario Internazionale crede che non potrà essere applicato. Per l’Europa tedesca di Merkel però quell’accordo non era per uso e consumo della sola Grecia. Doveva mettere paura anche ai portoghesi, che votano il 4 ottobre, agli spagnoli, che voteranno probabilmente il 20 di dicembre e agli irlandesi che voteranno a febbraio. Merkel ha risposto con una rappresaglia di vecchio stampo tedesco: per ogni dieci greci che avevano votato “No” al referendum voleva fare socialmente fuori… tutti.


Merkel ha sbagliato ancora. Invece di impaurire i greci, colpire la credibilità di Tsipras e umiliarlo, ha trasformato il presidente del partito della sinistra radicale in un grande eroe e statista a livello nazionale ed internazionale, che ha dimostrato di saper fare i compromessi necessari e di saper rivolgersi con fiducia alla sua gente per continuare la sua lotta per vincere la guerra contro l’austerità. Tsipras ha firmato un umiliante accordo però ha vinto la battaglia politica della sua piccola Grecia contro la nuova minaccia della grande Germania.


Certi piani però del neoliberismo europeo si sono avverati ma hanno avuto risultati completamente contrari a quelli sperati. Syriza ha perso la sua “ala sinistra”, o meglio le sue componenti più conservatrici, una sinistra prevedibile e inutile che invece di fare politica per cambiare gli equilibri voleva concorrere negli angoli di strada con altre sette per la conquista del Palazzo d’Inverno.  È stata una vera e propria Unità popolare? Glezos, Varoufakis, Lafazanis, Konstantopoulou hanno denunciato il “traditore” per trovare le loro urne vuote.
I greci di sinistra non vogliono un “Piano B” né l’uscita dall’euro ed hanno punito chi ha fatto cadere il governo di sinistra. Dall’altra parte Tsipras e Syriza hanno evitato durante la campagna elettorale di attaccare Unità popolare e scatenare una “guerra civile tra le sinistre”,  come lo stesso Tsipras aveva chiesto ai suoi di fare. Ora Syriza va ricostruito, anche con la gente che delusa ha abbandonato il partito aspettando giorni migliori.


Il risultato delle elezioni avrà conseguenze immediate anche nel resto della sinistra europea, visto che in diversi paesi erano cominciati i tentativi di una ulteriore divisione “sul modello greco”. Unità popolare si aspettava il 10-12%, quando aveva preso la decisione di partecipare alle elezioni. Nemmeno l’aumento dell’astensionismo l’ha aiutata ad entrare nel parlamento e si è ritrovata col 2,85%. Un colpo duro per Mélenchon, Lafontaine e Varoufakis, che puntano sulla creazione di un altro partito della sinistra europea, mentre il quarto firmatario del documento di Parigi per il “Piano B”, l’italiano Fassina, ha scelto alla fine di appoggiare Tsipras.


Il nuovo governo greco avrà qualche ministro in più rispetto ai dieci del precedente, ma anche un arduo compito. Deve intensificare la lotta contro l’evasione fiscale e la corruzione, modernizzare l’amministrazione pubblica e applicare dappertutto la trasparenza, “fino all’ultimo euro di spesa pubblica”, come insistono i dirigenti di Syriza. Ma anche prepararsi per la grande battaglia delle trattative per le leggi di applicazione all’accordo di luglio e le questioni aperte dai negoziati, in primis la questione dei rapporti di lavoro attraverso una difesa ad oltranza da parte di Tsipras dei contratti collettivi di lavoro.


Le sfide del nuovo governo greco sono tutte di sinistra. La ricapitalizzazione delle banche, un altro aspetto doloroso dell’accordo, deve concludersi in modo da garantire che i pignoramenti della prima casa saranno evitati, offrendo un respiro a centinaia di miglia di famiglie. Per tutti è chiaro che i fondi europei, i 35 miliardi che prevede l’accordo e altri 20 dei programmi europei, devono essere assorbiti per la creazione di posti di lavoro veri e remunerati mettendo le basi di una nuova economia ecosostenibile.

Pubblicato il 

24.09.15
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