«Noi medici disinteressati»

Anche in una realtà omertosa come quella di Niederurnen si comincia a prendere coscienza dei disastri causati dall'amianto utilizzato in passato dalla locale fabbrica dell'Eternit: mentre tra i lavoratori che sono stati esposti alla micidiale fibra crescono la rabbia e la determinazione a volersi vedere riconosciuti dei diritti, si registrano addirittura i timidi segnali di autocritica di un autorevole rappresentante della classe medica locale, il che costituisce un evento sensazionale in un contesto sociale e culturale come quello del canton Glarona.

Dei segnali di cambiamento li abbiamo percepiti assistendo lo scorso sabato 2 aprile a una serata informativa organizzata dall'Associazione dei migranti viggianesi e rivolta agli operai e ai cittadini che sono stati a contatto con l'amianto. Sono convenuti in meno di una trentina nella sala riunioni adiacente alla chiesa cattolica di Niederurnen, a pochi passi dalla fabbrica dell'Eternit. Ma considerato che si trattava di una prima assoluta, questa affluenza può già ritenersi un successo. Anche perché tra gli operai che ancora oggi lavorano all'Eternit regna sovrana la paura di parlare: temono di subire ritorsioni da parte dell'azienda e non si sentono sufficientemente tutelati, né dalla Suva, né dai tribunali, né dalle autorità politiche. E nemmeno dai medici, che dovrebbero essere i tutori della loro salute ma che hanno spesso fatto finta di non vedere, o perlomeno hanno sottovalutato, i danni causati dall'amianto ai pazienti dei loro ambulatori.
Qui a Niederurnen sono in tanti a pensarla così e inevitabilmente sul finire della serata informativa la problematica è emersa in tutta la sua drammaticità. Tant'è che il dottor Martin Bendel, medico generico titolare di uno studio ubicato proprio nelle immediate vicinanze dell'Eternit e presente come relatore, ha dovuto ammettere il «disinteresse» mostrato dalla classe medica glaronese e riconoscere per la prima volta (almeno in pubblico) che dentro quella fabbrica «sono capitate cose che non sarebbero dovute capitare».
Determinante per questa sorta di "mea culpa" è stato l'intervento energico e articolato del sindacalista ed ex operaio dell'Eternit Franco Basciani, «indignato» per come il dottor Bendel aveva illustrato ai presenti la problematica dell'amianto dal punto di vista medico. Egli aveva infatti mostrato alla platea le impressionanti radiografie dei polmoni malati di alcuni suoi pazienti (un paio dei quali non avevano nemmeno mai lavorato all'Eternit), ma sminuendo la gravità delle placche pleuriche e dell'asbestosi (da lui definite malattie da amianto «benigne» o «non troppo gravi») o liquidando i casi di mesotelioma (la malattia più grave che porta alla morte nel giro di poco tempo) con frasi del tipo: «Ma è morto di un'altra malattia».
«Le regalerei un paio di occhiali nuovi caro dottor Bendel, perché ho l'impressione che lei non ci veda bene», ha esordito Basciani denunciando «la totale assenza della classe medica glaronese» in una battaglia che la dovrebbe invece vedere protagonista. «Servirebbero medici interessati, medici impegnati, medici che informano l'opinione pubblica in modo trasparente e completo sulle malattie e sullo stato della ricerca, medici che supportino attivamente i loro pazienti nell'ottenere le prestazioni assicurative della Suva», ha aggiunto Basciani. «Voi invece siete assenti! assenti eticamente!». «Mentre a Casale Monferrato -la cittadina piemontese già sede di uno stabilimento Eternit che ha già fatto più di 1.600 morti tra ex operai e cittadini, ndr- i medici corrono per sostenere la causa delle vittime dell'amianto, qui vi si deve strappare fuori di casa», ha concluso il suo intervento Basciani.
Ma da parte del dottor Bendel non vi è stata alcuna reazione, come se le critiche espresse da Basciani e ribadite pure dall'intervento di un suo paziente (che lo ha accusato di non averlo informato compiutamente sulla sua malattia) non lo riguardassero.
Ma poi dalla sala si è levata la voce di un operaio dell'Eternit: «Mi aspetto che il dottor Bendel prenda posizione sulle accuse che gli sono state rivolte».
A quel punto il medico glaronese si è ritrovato con le spalle al muro e ha chiesto la parola. Passando da un italiano imperfetto al tedesco ed evitando così di venir frainteso, ha pronunciato solo due brevi frasi, ma assai significative. Prima ha fotografato una realtà storica che in questa regione ancora oggi la gente fa fatica a riconoscere: «Alla Eternit sono successe cose che non sarebbero dovute succedere». E poi ha pronunciato una sorta di "mea culpa": «I medici glaronesi non si sono mai interessati alla lotta contro l'amianto. Lo devo ammettere», ha dichiarato il dottor Bendel sorprendendo un po' tutti i presenti. Anche perché con questa frase, oltre a gettare ombre sulla credibilità della classe medica dell'intero cantone, ha messo in discussione il suo stesso operato e indirettamente anche quello di suo padre, da cui lui ha ereditato lo studio medico. Peccato che non abbia fornito gli elementi concreti che lo hanno portato ad esprimere tali giudizi.
Cosa sa il dottor Bendel delle reali condizioni di lavoro dentro l'Eternit di Niederurnen fino alla fine degli anni Novanta e delle conseguenze sulla salute degli operai? Cosa sa degli effetti delle polveri di amianto respirate anche dai cittadini di Niederurnen che vivevano nei dintorni della fabbrica, come per esempio quelli che da bambini giocavano a nascondino dentro i tubi ricoperti di polverino che erano accatastati nelle immediate vicinanze dello stabilimento? Perché la classe medica si è sempre disinteressata a questa questione e quali erano i suoi rapporti con la direzione e con i padroni dell'Eternit? Che ruolo ha giocato secondo lui la Suva, che era tenuta a vigilare sulle condizioni di lavoro?
Sono tutte domande che avremmo voluto porre al dottor Bendel, il quale ci ha però negato l'intervista che gli avevamo richiesto: «Non sono disponibile», ci ha fatto sapere via posta elettronica.

Entro l'anno la sentenza Eternit
Entro fine anno il tribunale di Torino emetterà la sentenza del maxi-processo Eternit che vede alla sbarra il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Jean Louis Marie De Cartier, entrambi accusati di omissione dolosa di misure antinfortunistiche e disastro ambientale doloso permanente per i danni causati dagli stabilimenti italiani della multinazionale dell'amianto che i due in epoche diverse hanno controllato.

È quanto si può prevedere dopo che settimana scorsa il presidente della Corte Giuseppe Casalbore ha respinto l'ennesimo tentativo della difesa di allungare all'infinito i tempi del processo iniziato nel dicembre 2009. Questa volta chiedeva la nomina di un commissario tecnico d'ufficio che svolgesse una perizia super partes sugli aspetti epidemiologici e sulle singole diagnosi di malattie da amianto, ma la corte ha ritenuto sufficienti le decine di testimonianze e di consulenze raccolte durante sedici mesi di dibattimento ed ha deciso di dare avvio alla fase della discussione.
Discussione che inizierà il 14 giugno con la requisitoria del procuratore Raffaele Guariniello (nella foto) e dei suoi vice Sara Panelli e Gianfranco Colace, i quali hanno ora un paio di mesi di tempo per studiare le migliaia di pagine e documenti elettronici che si sono accumulati durante il dibattimento e che sono andati ad aggiungersi a quelli delle indagini svolte negli anni passati dagli stessi rappresentanti dell'accusa. Guariniello e il suo staff avranno bisogno di alcune sedute per esporre le loro conclusioni e formulare le richieste di condanna, ma non si sa ancora di quante con esattezza. In ogni caso il giudice Casalbore ritiene che, seguendo il ritmo di due udienze a settimana, entro l'inizio della pausa giudiziaria di metà luglio possano prendere la parola anche i circa ottanta avvocati in rappresentanza di migliaia di parti civili, i quali dovranno presentare le loro considerazioni in forma scritta ma avranno pure a disposizione quindici minuti a testa di spazio verbale. Alla ripresa dei lavori a metà settembre, sarà invece la volta delle arringhe degli avvocati difensori dei due imputati. Tenuto conto delle possibili repliche dell'accusa e dupliche della stessa difesa, si può prevedere la conclusione della discussione entro la fine di ottobre. Poi la palla passerà nel campo della corte giudicante, che dovrebbe emettere una sentenza entro la fine dell'anno.
A quel punto saranno trascorsi due anni dall'avvio del processo, quasi tre se si tiene conto anche della fase preliminare. Ma tenuto conto dei tempi della giustizia italiana e dell'entità del processo (il più grande mai celebrato in Europa), il Tribunale di Torino ha compiuto una mezza impresa.
La sentenza di Torino non metterà sicuramente la parola fine al processo Eternit essendo scontati i ricorsi in Appello e in Cassazione, ma non mancherà di suscitare interesse anche oltre i confini italiani: è infatti la prima volta che per i disastri causati dall'amianto sul banco degli imputati siedono quelli che furono i massimi dirigenti di una multinazionale. E a maggior ragione in Svizzera, la patria dell'imputato Stephan Schmidheiny.

Pubblicato il

15.04.2011 01:00
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