No ristorn

Quanta agitazione sui ristorni delle imposte alla fonte prelevate ai frontalieri. Soprattutto si agitano quei comuni italiani della fascia di confine che vogliono dalla Svizzera 'sti soldi. Sempre a reclamare soldi, sterco del demonio. Soldi! Come se non li avessimo già arricchiti abbastanza permettendo ai loro cittadini di lavorare qui da noi, addirittura consentendogli di allungare i loro artigli sui nostri stipendi faraonici. Ingrati.
Ma lasciamo da parte un attimo la vile questione di denaro. Quello che ho trovato veramente edificante è stato il nuovo promettente apparato diplomatico che si è messo in moto. Che bello vedere le province estreme dell'impero ribellarsi allo strapotere centrale che dall'alto cala trattati senza curarsi dei danni che creano a chi li subisce. Cosa significano questi accordi internazionali tra Stati su questioni di valenza locale? Cosa ne vogliono mai sapere Roma la corrotta e Berna la sonnacchiosa di tassazione dei frontalieri? Ci sono forse frontalieri a Roma o a Berna? Ecco.
Allora ben vengano i leghisti, soprattutto quelli con responsabilità di Governo, che si trovano tra loro per affrontare le questioni di petto, senza aspettare ere geologiche per rivedere trattati internazionali. No! Bisogna agire subito. Avete sentito Umberto Bossi ancora questa settimana a Varese, ha detto agli svizzeri di non preoccuparsi, basterà trovarsi con una birra davanti (anche due) per dirimere la questione. Senza scomodare Repubbliche e Confederazioni. Giusto! Riportiamo la politica nelle osterie, facciamola defluire da Dipartimenti e Ministeri dove riesce solo a ristagnare e marcire senza dare frutti.
Un applauso alla Lega dei ticinesi che impipandosene degli accordi internazionali ha deciso di ristornare solo metà dell'importo dovuto ai comuni italiani con residenti che lavorano in Svizzera. Questo è un fulgido esempio di come una piccola patria può far da sé. Un esempio che dimostra come il passo da leghisti a legati sia davvero breve.
Inoltre è propizio il momento storico. L'Europa intera pullula di movimenti locali con rivendicazioni indipendentiste (baschi, valloni, bretoni, ecc.). Dunque non dovrebbe essere difficile trovare referenti per sviluppare una sorta di diplomazia parallela leghista. L'unica capace a portare avanti le istanze della gente. Una diplomazia di pancia che però se riesce a farsi passare il malumore poi fa tornare il sereno sui propri territori. Non è una diplomazia asettica, ipocrita che decide cose, accontentando a metà gli ambasciatori e scontentando del tutto il popolo lontano. In una parola: bisogna puntare di più sulle Leghe, sui movimenti identitari. Perché se c'è accordo fra i più coriacei tra noi, tutti gli altri seguiranno senza problemi.
Un consiglio, anche l'Italia se vuol fare qualche passo avanti tra sardi, siciliani, altoatesini, valdostani, lombardi e chi più ne ha più ne metta deve riuscire a diventare lo Stivale delle sette leghe.

Pubblicato il

08.07.2011 13:30
Flavia Parodi