I miti si creano e si distruggono. Se sopravvivono, sovente cambiano pelle e si ridimensionano. Non fanno eccezione i miti elvetici, senza andar a scomodare quelli storici. C’erano le Ptt e le Ffs autentico servizio pubblico, c’era la Swissair autentico gioiello da esibire con orgoglio, c’era l’esercito che favoriva la coesione nazionale. Ed ora? Il servizio pubblico postale e ferroviario è sempre più condizionato dalle logiche e dalle regole del mercato, la compagnia aerea è vergognosamente fallita e finita in una Swiss in mani tedesche, il grigioverde è una tonalità di colore che non va più tanto di moda.


Rimane il mito dell’Avs. La ragion d’essere del primo pilastro del nostro sistema pensionistico è fuori discussione. Con la decisione di introdurre un’assicurazione vecchiaia e superstiti – entrata in vigore nel 1948 e non senza aver dovuto prima superare un percorso accidentato – la Svizzera compì un atto “rivoluzionario” che gettò le basi per l’edificazione di uno Stato sociale degno di tale nome. Prima dell’Avs c’era praticamente il nulla, ben che andava il poco rappresentato dall’assistenza erogata dai Comuni, alla quale però molti rinunciavano anche per non dover subire l’onta d’essere additati come approfittatori. Ciò accadeva soprattutto nei piccoli paesi delle valli di montagna dove vivevano persone povere di mezzi ma ricche di dignità e di orgoglio, espressione di quella civiltà contadina che doveva guadagnarsi tutto, a costo di duri sacrifici come quello di dover emigrare, e non dava niente per scontato. Ho sempre viva nella memoria una frase di mio padre: “L’Avs non ha eliminato la povertà ma ha sconfitto la miseria”. Nel corso degli anni l’Avs è stata sottoposta a tante revisioni. Continua però ad essere il pilastro portante del nostro sistema previdenziale. Primo pilastro di nome e di fatto, non fosse altro perché è di gran lunga il più sociale – anzi, l’unico dei tre – perché si fonda su una forma contributiva in funzione del reddito reale di chi versa e fissa delle rendite massime uguali per tutti i beneficiari.


Ora tocca alla riforma Previdenza 2020. Quanto deliberato a maggioranza dalla Commissione della sicurezza sociale del Consiglio nazionale in vista del dibattito parlamentare, ovvero età Avs a 67 anni e nessun aumento delle rendite, indica una chiara volontà politica di operare ciò che l’Unione sindacale svizzera ha già definito un “massacro sociale”.


Per arginare questa deriva pericolosa è assolutamente necessario esprimere un sostegno massiccio all’iniziativa popolare AVSplus il prossimo 25 settembre. Il mito non si mette in discussione. L’Avs dev’essere rafforzata.

Pubblicato il 

24.08.16

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