L'editoriale

In nome della «sicurezza del nostro paese» e della «libera circolazione dentro l’Europa», dovremmo contribuire con le nostre imposte a finanziare la Fortezza Europa che continua a costruire muri attorno a sé e ad armarsi per “difendersi” con metodi talvolta brutali dai poveracci che per terra o per mare scappano dalla guerra o dalla miseria? La risposta a questa domanda, sia sì sia no, coincide con quella da apporre il prossimo 15 maggio sulla scheda di voto riguardante il “Recepimento del regolamento Ue relativo alla guardia di frontiera e costiera europea”. Cioè l’aumento dei contributi della Svizzera al corpo della guardia di frontiera e costiera europea, meglio conosciuto con l’appellativo Frontex, che ha il compito di assistere gli stati dell’Ue e i quattro (tra cui la Svizzera) associati al cosiddetto “Spazio Schengen” nella sorveglianza e nella protezione delle frontiere esterne. Sono i guardiani della Fortezza Europa.

Attiva dal 2005, Frontex è uno strumento repressivo contro l’immigrazione, che l’Ue nel 2019 ha deciso di trasformare in una sorta di esercito permanente attribuendole entro il 2027 un budget di 11 miliardi di euro (erano 6 milioni nel 2005) e 10.000 guardie di frontiera (contro le 1.500 attuali). A questo potenziamento contribuisce anche la Svizzera: con una quarantina di funzionari e con maggiori contributi finanziari (che passerebbero dai 24 milioni di franchi del 2021 a 61 milioni nel 2027). Ovviamente, se questa decisione del Parlamento verrà confermata dal popolo il 15 maggio.


Una votazione che, al di là della posta in gioco (non certo poca visto che si tratta di vite umane), ha anche un alto valore simbolico, perché è stata resa possibile da una piccola associazione di migranti (Migrant Solidarity Network) che da sola ha promosso il referendum: anche se in un secondo tempo la sinistra ha dato una mano, una gran parte delle firme necessarie sono state raccolte da persone migranti che nemmeno hanno il diritto di voto.


Promotori e sostenitori (l’Unione sindacale tra cui Unia, il Ps e i Verdi) del referendum denunciano le complicità dell’agenzia Frontex con la violazione dei diritti umani, in particolare nel quadro dei tanti e documentati respingimenti illegali alle frontiere terrestri e marittime dell’Ue (in paesi come Grecia, Italia, Malta, Spagna, Francia, Bosnia, Croazia e Slovenia), che mettono in pericolo la vita delle persone. Si calcola che dal 2014 a oggi sono stati circa 24.000 i morti lungo le rotte verso l’Europa. Morti sotto gli occhi (e) a volte con la complicità delle guardie di Frontex.


Tra le principali accuse che pesano sull’agenzia la collaborazione attiva con la famigerata Guardia costiera libica, incaricata di intercettare le barche di migranti e di rispedirle in Libia, dove questi disperati vengono tradotti in centri di detenzione e fatti oggetto di violenze, abusi e torture sistematiche. Quando la sua sorveglianza aerea sul Mediterraneo centrale individua una barca che trasporta migranti, Frontex spesso avverte la guardia costiera libica che intercetta la barca e fa sbarcare uomini, donne e bambini e li conduce nell’inferno dei centri di detenzione. Persino il Parlamento europeo, dopo che una sua Commissione d’inchiesta ha accertato il coinvolgimento del personale di Frontex in episodi di respingimento da parte della Grecia verso la Turchia di persone in pericolo (a bordo di gommoni senza motore) nel Mar Egeo e persino tentativi di distruzione delle prove, ha deciso di congelare parte del budget 2022 di Frontex e preteso che l’agenzia rafforzi la sua attenzione per la tutela dei diritti umani.


Noi svizzeri, pur avendo, unici in Europa, grazie alla democrazia diretta, il privilegio di poter dibattere ed esprimere un giudizio sulla politica migratoria europea, non potremo mai abolire né Frontex né la violenza alle frontiere, ma il 15 maggio avremo l’opportunità, con un no a Frontex, di lanciare perlomeno un segnale contro un sistema disumano.

Pubblicato il 

07.04.22
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