Non è da noi che arrivano fiori a Doris Leuthard. Ne ha già ricevuti abbastanza. E non ce la sentiamo di unirci entusiasti al coro di lodi che già preventivamente s'era levato per celebrare la nuova star della politica svizzera. Certo è da salutare l'entrata in governo di una seconda donna, che oltretutto, a differenza degli altri consiglieri federali, per età potrebbe tenere sulle ginocchia un figlio e non un nipotino. Ma le note autenticamente positive finiscono qui. Il curriculum politico di Leuthard non è dei più solidi. Il suo merito maggiore è la compattezza che, almeno in apparenza, ha ridato al Partito democristiano, che fino al suo arrivo alla presidenza sembrava destinato all'estinzione in tempi brevi. Oggi nel centro ad essere messo peggio è il Partito radicale, che da quando Leuthard ha assunto il timone del Pdc ha inanellato una sconfitta dopo l'altra, smarrendosi alla ricerca di un profilo. E il recupero del Pdc è legato all'efficace intuizione di Leuthard di occupare il terreno lasciato libero al centro dai radicali, messisi ad inseguire l'Udc. Ciò ha permesso a molti elettori moderati di ritrovare una patria politica. Ma soprattutto spiega molte delle prese di posizione recenti del Pdc. Ed è qui che cominciano le note negative. Perché non c'è dubbio che per fare questa operazione Leuthard ha riposizionato il suo partito a destra, fino a considerare molto opzionali i valori cristiani a cui il suo partito almeno in teoria si dovrebbe riferire. Così, se è pur vero che si è avuta una modernizzazione delle posizioni del Pdc su questioni puntuali come l'unione registrata delle coppie omosessuali, gridano tuttavia vendetta al cielo sia il sostegno alla Legge sugli stranieri e alla Legge sull'asilo che Leuthard ha imposto al suo partito, sia il no alla moratoria sugli Ogm. Per tacere del profondo scetticismo della neoeletta consigliera federale nei confronti dell'Europa. Anche se in tempi recenti ha eluso diverse votazioni delicate dimostrandosi opportunista, Leuthard è quindi molto prossima alla destra padronale. Assai più di quanto non lo fosse Joseph Deiss. Non c'è dubbio quindi che l'elezione di mercoledì ha per lo meno consolidato sulla destra il baricentro politico del Consiglio federale. Ecco perché gran parte della sinistra non ha votato Leuthard. Le dichiarazioni della vigilia del Pss, che le assicurava sostegno, sono piuttosto ambigue, ma si spiegano con il desiderio di non irritare il Pdc, possibile alleato per un rovesciamento di maggioranze dopo le elezioni federali del 2007. Siamo tuttavia disposti a ricrederci su Leuthard e a porgerle quei fiori che si sarà meritata sul campo. Per il momento però preferiamo non farci troppe illusioni. |