Niente brindisi

Nessuno avrà voglia di festaggiare i Preventivi 2003 del Cantone (disavanzo previsto: 227 milioni di franchi). Ma, si sa, c'è la crisi. Ancor più scontenti sono i socialisti che mettevano in guardia dagli effetti indesiderati di questa politica finanziaria in tempi non sospetti, ossia quando l'economia prosperava. Ora i devotissimi degli sgravi fiscali devono correre ai ripari. Il motto è: dobbiamo contenere la spesa (non si dica “tagli”). È la principale ossessione fobica che ispira la politica finanziaria del cantone Ticino. Alla luce dei dati del 2000 risulta che il Ticino è un cantone che ha una spesa pro-capite al di sotto della media svizzera. Come la mettiamo? «In questi paragoni può esserci naturalmente una certa fluttuazione che dipende da variabili interne nostre ma anche dai risultati degli altri cantoni», spiega Raoul Ghisletta, granconsigliere socialista. «Dal '97 al '99 è stato attuato un piano di austerità che ci ha fatto retrocedere rispetto alla media nazionale», continua Ghisletta, «alla luce di questi dati non ci sono grandi spazi di manovra per una revisione dei compiti dello Stato». Per carità i socialisti non contestano il controllo delle spese che, piuttosto, dovrebbe essere inteso come «monitoraggio sui prezzi e sui compiti del personale». Una via che permetterebbe di «non ridursi a tagliare linearmente le spese per il personale del due percento, per quattro anni, – per un totale dell'otto percento sull'amministrazione e dell'uno percento sulla scuola – senza badare troppo per il sottile a chi si sta colpendo». Una condotta che si direbbe propria di chi è in preda al panico. Un'altra denuncia: «è grave che si intendano usare i contratti di prestazione per risparmiare, una strategia che fa sì che ne soffra la qualità della prestazione per prima». Un esempio concreto: «nel Preventivo 2003 hanno tagliato il budget dell'Ente ospedaliero cantonale (Eoc) di 5 milioni di franchi. Quindi l'Eoc ha deciso di ammortizzare meno le macchine e gli stabili. Questa non è una soluzione, è un artificio contabile. Se non ci sono più soldi bisogna avere il coraggio (politico) di affrontare il problema e indicare all'Ente a cosa deve rinunciare per risparmiare ma non è corretto cambiare le carte in tavola». Misure per migliorare lo Stato Nel suo intervento alla giornata di conferenza programmatica della sezione ticinese del Partito socialista auspicava delle “misure per uno Stato migliore”. Il clima è quello delle elezioni politiche ormai alle porte. Chiediamo quali siano i pilastri sui quali dovrebbe poggiare la politica fiscale secondo il Ps. «Innanzitutto ci vorrebbe un'analisi puntuale per comprendere da che si originano i problemi finanziari», risponde Ghisletta. Un altro punto riguarda «la ripartizione degli oneri di spesa tra cantone e comuni». In questo senso non c'è una vera armonizzazione: «alcuni comuni alzano il moltiplicatore di imposta e altri no; un problema che solo in parte si risolverà con l'introduzione della nuova legge sulla perequazione finanziaria». In materia di politica finanziaria non si può trascurare il grande capitolo dei tagli fiscali. «Mancano dei dati precisi sulla sopportabilità dei noti pacchetti di sgravi fiscali», avverte Ghisletta. Ma dai dati parziali attualmente disponibili si arguisce che «il del 25 percento di riduzione delle imposte sulle persone giuridiche è stato più che altro un regalo alle banche». Se le persone le persone giuridiche nel 1999 versavano allo Stato 300 milioni di franchi d'imposta, 2001 questo importo è sceso a 234 milioni. Questo nonostante il Prodotto interno lordo (Pil) sia cresciuto in quegli anni. La conclusione è che «la ricchezza aumenta ma le entrate fiscali diminuiscono». Quanto agli alleggerimenti fiscali concessi alle persone fisiche, essi «sono più popolari e, al limite, più equi». Tuttavia la situazione resta questa: «le entrate sono stagnanti, il gettito d'imposta non cresce ma crescono le spese». A questo punto se non si vogliono aumentare le imposte cosa si fa? «In un periodo di crisi economica ci si deve indebitare», afferma Ghisletta. «Non credo che funzioni la teoria dell'economista Arthur Laffer, secondo la quale se l'aliquota di imposta diminuisce i cittadini sono invogliati a produrre e lo Stato prospera». Ma i socialisti, sottolinea Ghisletta, «non possono prescindere dai bisogni sociali, sanitari, di formazione dei cittadini». La campagna elettorale è avviata, il Ps ha discusso il proprio programma di partito e ha focalizzato quale debba essere il proprio ruolo: «partire dai bisogni della gente e da lì costruire la politica finanziaria la e non viceversa». Battaglie che ormai il Ps conduce solo contro un blocco borghese compatto. «Dall'avvento di Marina Masoni anche i liberali di area radicale non esercitano più alcun controllo sulla politica finanziaria», precisa Ghisletta. Ma, appunto, ad aprile ci sono le elezioni, il popolo sceglierà i propri rappresentanti quindi, conclude Ghisletta, «gli elettori avranno la politica finanziaria che preferiscono».

Pubblicato il

13.12.2002 02:30
Sabina Zanini
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