Nella forza della donna sta la forza dell'Umanità

Prizren, 21 settembre 2003 Sapeva che cosa avrebbe voluto e lo ha messo in pratica. «Se la regina illirica Teuta venisse in visita a Prizren sarebbe certamente sorpresa di vedere cosa è stato e cosa viene tuttora fatto in onore del suo nome per le donne del sud del Kosovo», afferma Lidje Nushi una coordinatrice dell’associazione femminile Teuta di Prizren. La presidentessa dell’associazione Nexhmije Bytyqi, la responsabile del management Shpresa Uka e l’insegnante di lavoro manuale Habibe Laçaj si ritrovano periodicamente per discutere nuovi progetti nel piccolo centro di fronte all’edificio principale dell’amministrazione Unmik di Prizren. Dal mese di gennaio del 2000 si impegnano per lo sviluppo e l’emancipazione della donna nonché per l’uguaglianza dei sessi, «dall’inizio delle nostre attività abbiamo aiutato 5 mila e 500 donne e ragazze», afferma la presidentessa. Nel loro intenso e variato lavoro si appellano soprattutto ad una risoluzione dell’Onu: «La discriminazione delle donne è fondamentalmente ingiusta ed è una violazione della dignità umana, perché nega e limita l’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna», recita la manager. Per questo motivo l’associazione si impegna a prendere i provvedimenti necessari e a far rispettare le leggi e le regole già vigenti. «Un lavoro immenso», dice l’insegnante di lavoro manuale, «dato che in Kosovo vengono seguite ancora profonde regole patriarcali: nelle famiglie allargate vivono più fratelli con le rispettive famiglie e i loro genitori. Le donne hanno sempre poco da dire e molto da lavorare». Anzitutto è importante che la donna sia a conoscenza dei diritti di cui può godere all’interno della famiglia, sul lavoro e nella società. In seguito deve sapere come poterli mettere in pratica. Ed è proprio in merito a questi diritti che entra in gioco l’associazione Teuta, offrendo alle donne un servizio di consulenza giuridica gratuita. «A Krusha e Vogel abbiamo aiutato una giovane madre, alla quale era morto il marito in guerra», racconta Shpresa Uka. «Le abbiamo spiegato come annunciare la morte del marito, affinché potesse ricevere un aiuto sociale per vedove». Questo servizio è soprattutto apprezzato dalle donne dei villaggi. Altri progetti importanti sono legati all’educazione sanitaria. Due medici e una sociologa si recano nelle scuole e informano le giovani su: profilassi, gravidanza, puericultura, latte materno e vaccinazioni ma anche su: droga, prostituzione e violenza in famiglia. «L’ambiente tollera la violenza», sta scritto nei prospetti dell’associazione. «Il colpevole ha imparato dall’ambiente che lo circonda che la violenza è un mezzo per controllare le sue vittime». «In molti casi purtroppo viene minimizzato l’atto di violenza, rendendo colpevole sempre la vittima», afferma la direttrice. In questi casi l’associazione delle donne cerca dapprima di fare da mediatore; informa pure in merito alle strategie di comunicazione e sui mezzi giuridici. Vengono aiutate diverse donne divorziate, che nelle società kosovare sono in una situazione sociale difficile. Il problema principale della nostra regione, secondo Nexhmije Bytyqi, è la disoccupazione: «Quando la donna ha svolto un apprendistato, ha studiato o ha un lavoro, non è così facile calpestare i suoi diritti». Teuta si impegna su due fronti, per migliorare la situazione delle kosovare: sul piano della mentalità, in modo da influenzare il cambiamento di coscienza dell’uomo e della donna e su un piano pragmatico, in modo da facilitare la vita quotidiana della donna nelle famiglie. Sevasti Qiriazi, una delle fondatrici albanesi dei movimenti di liberazione della donna, affermava: «La mano, che fa dondolare la culla, è la stessa che gira la ruota della storia».

Pubblicato il

26.09.2003 14:30
Enrico Ärmlein