L'editoriale

Uguaglianza di genere, salari e pensioni che consentano di vivere e un mercato del lavoro rispettoso della salute e della qualità di vita delle lavoratrici e dei lavoratori. E dei loro figli e delle loro famiglie. È su questi fronti che si concentreranno le lotte sindacali anche in questo 2023, che sarà inevitabilmente segnato da una ripresa dell’offensiva e delle mobilitazioni in difesa dei salari e del potere d’acquisto e dall’eterna battaglia per la parità, che vivrà il momento più alto il 14 giugno con lo sciopero delle donne, il terzo in Svizzera dopo quelli del 1991 e del 2019.

Uno sciopero delle donne che non riguarda solo le donne, perché l’uguaglianza rende più equa e giusta l’intera società, come sottolinea la presidente di Unia Vania Alleva in questa intervista illustrando le priorità dell’anno del più grande sindacato elvetico.


Il contesto non è certo dei più semplici. I poteri economici e i politici borghesi in Parlamento (e al Governo), ringalluzziti dall’approvazione (seppur di strettissima misura) lo scorso settembre dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne (per i salariati una delle più pesanti sconfitte degli ultimi decenni), stanno spingendo sull’acceleratore: una riforma della previdenza professionale che produrrebbe una massiccia riduzione delle rendite, già in caduta libera da una decina d’anni; il tentativo di far saltare i salari minimi cantonali, nuovi regali fiscali, questa volta ad armatori e a giganti del commercio di materie prime (con la cosiddetta imposta sul tonnellaggio applicata alle navi, areaonline ne ha scritto) e, dulcis in fundo, decisioni «dolorose» preannunciate dalla neoministra liberista delle finanze Karin Keller-Sutter.
Un contesto difficile che rafforza il bisogno di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori: per ottenere aumenti salariali reali (oggi inferiori a quelli del 2016 per le fasce di reddito medie e basse), la reintroduzione della compensazione automatica del rincaro a salvaguardia del potere d’acquisto, la valorizzazione delle professioni tipicamente femminili dove persistono intollerabili discriminazioni nonché un’organizzazione del lavoro compatibile con la vita privata e familiare. Il che significa anche riduzione del tempo di lavoro a parità di salario, affinché mamme e papà non siano più costretti a ridurre la percentuale d’impiego per accudire i figli a proprie spese, come avviene attualmente. Insomma “più salario, tempo e rispetto”, come ben riassume lo slogan dello sciopero delle donne del 14 giugno. Una mobilitazione di centrale importanza per il futuro dell’intera società di oggi e di domani.


Si pensi per esempio alla questione della povertà tra i bambini, un fenomeno che, seppur nascosto, tocca anche la ricca Svizzera, dove un minore su cinque corre questo rischio, indica l’Ufficio federale di statistica. E dove in ogni classe scolastica si contano 1-2 alunni minacciati dalla povertà e altri 1-2 che ne sono colpiti. Una condizione strettamente legata alla situazione dei genitori, di regola con scarsa formazione, malati cronici, disoccupati oppure single cui il mercato del lavoro non consente di conseguire un reddito dignitoso e al tempo stesso farsi carico dei compiti educativi e di cura. Insomma, una questione di salario, di tempo e di rispetto.

Pubblicato il 

19.01.23
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