Per i pochi antiamericani che ne dubitano, gli Stati Uniti stanno dimostrando la loro superiorità morale anche in uno dei loro settori di punta, in cui sono al vertice delle classifiche mondiali insieme a Cina, Corea del Nord e Iran: quello della pena di morte. Il 1° di marzo la corte suprema degli Stati Uniti ha deciso 5 a 4 di chiudere i braccini della morte e ha raccomandato che lo Stato smetta di eliminare i minorenni ritenuti, spesso a ragione, troppo cattivi. Metà della corte ha dedicato questa decisione al 240° anniversario della pubblicazione del libro “Dei delitti e delle pene” del vecchio europeo Cesare Beccaria. 70 giovani prigionieri dei braccini della morte, condannati perché accusati di delitti commessi da minorenni, non potranno per ora essere eliminati. Non si sa se saranno congelati a meno 200°, come gli embrioni sovranumerari. Perfino il movimento cristiano per la vita tace sul loro destino. Alcuni direttori di penitenziari hanno protestato. Stavano allestendo camerette della morte politicamente corrette, con seggioline elettriche e lettini della morte ispirati ai mobili delle scuole Montessori, realizzate dalla Happy Farwell Corporation, un’impresa privata specializzata nella fase finale della vita e in quella iniziale della morte. Anche gli sponsor sono delusi: i costumi di Topolino e di Ronald in preparazione su misura per i boia delle camerette rischiano di diventare inutili. Chi li pagherà? Quanti posti di lavoro andranno perduti nelle sartorie cinesi? È stata costituita una commissione per vagliare l’eventuale invio delle nuove, forse ora inutili, camerette della morte al libero governo dell’Iraq. L’anno scorso, ispirandosi agli ideali statunitensi, l’Iraq ha introdotto la pena di morte. Finalmente sarà in nome della libertà, non più della dittatura, che lo Stato eliminerà alcuni dei suoi cittadini ritenuti più cattivi. La commissione ritiene politicamente più corretto eliminare i giovanissimi iracheni cattivi nelle camerette della morte invece che a mitragliate o a bombe a frammentazione, come accade ancora, con eccessivo dispendio di esplosivi e di sangue. Ma le buone notizie dal paese della libertà non finiscono mai: qualche settimana fa un prigioniero del braccio della morte che non poteva essere eliminato perché minorato mentale e dotato di un quoziente di intelligenza inferiore a quello di un bambino ha concluso con successo la psicoterapia a cui era stato condannato per poter diventare abbastanza consapevole da poter essere eliminato. Il movimento umanitario per un boia compassionevole però non si ferma qui. Quando si tratta della libertà, negli Usa fanno sul serio: una commissione per la morte politicamente corretta sta esaminando l’abolizione dell’iniezione di pancuronio, una delle tre iniezioni della morte. Le altre due: tiopentotal, un barbiturico-anestetico, 500 mg invece dei 100 usati per le anestesie operatorie; cloruro di potassio, un veleno cardiaco (interrompe i segnali nervosi che fanno battere il cuore), particolarmente preconizzato dagli economisti della scuola di Chicago e della fondazione Free di Renato Brunetta, per il suo basso costo e il sicuro effetto. “Allarme sulle iniezioni letali. Potrebbero essere nocive alla salute!” titolava il più importante giornale statunitense qualche tempo fa, aprendo una campagna libertaria come noi nella vecchia Europa non potremmo mai fare. Nel 2001 l’Associazione dei veterinari americani vietò l’uso del pancuronio nella eutanasia degli animali domestici perché «l’animale potrebbe percepire dolore e angoscia dopo che è stato immobilizzato». Il pancuronio è un curaro che paralizza i muscoli ma che non ha alcun effetto sul cervello e sulla percezione del dolore. Forse verrà eliminato anche dalle camere e dalle camerette della morte di grandi e piccini. I due economisti dell’Università di Chicago membri della commissione insistono: perché uccidere con tre iniezioni, quando ne bastano due? Colpito dalla decisione dei veterinari statunitensi, un’artista newyorchese ha proposto di erigere una seconda statua della libertà: accanto a quella di una donna che alza il braccio, dovrebbe sorgere la statua di un cane che alza la gamba. I difensori dei diritti dei cittadini statunitensi potrebbero così ispirarsi e lottare duro per perseguire alcuni dei traguardi raggiunti dai difensori dei diritti dei cani statunitensi. Anche la federazione dei medici statunitensi, a cui appartengono i medici boia, caldeggia una commissione congiunta con i veterinari per imparare da loro l’umanità e per chiedere di fare tradurre dal greco all’inglese il giuramento di Ippocrate. Negli ambienti – in Italia strettamente connessi – di una parte della militanza cristiana, di quella commerciale e di quella pubblicitaria, queste particolari attenzioni degli Stati Uniti alla dignità della persona umana non sono passate inosservate. “Tempi - settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee” a cui collaborano sacerdoti liberali come Gianni Baget Bozzo, ha titolato con ammirazione “Gli Usa sono la Roma di oggi” attribuendo questa sobria opinione a un altro sacerdote liberale, il defunto Don Giussani. «Giussani – racconta Tempi - considerava gli Stati uniti un luogo particolarmente aperto alla proposta cristiana a causa della sua forte devozione agli ideali della libertà e al perseguimento della felicità. Le riteneva espressioni di quelle necessità “elementari” e “primordiali” dello spirito umano che rappresentano un terreno fertile per la crescita del seme del Vangelo cristiano». Peccato che Don Giussani sia appena morto. Chissà cosa penserebbe di questa attribuzione. Ma come dubitare? Accanto alla presunta citazione c’è una bella foto di Don Giussani con in testa un berretto da baseball con scritto sulla fronte “I love NY”. Più statunitense di così!

Pubblicato il 

18.03.05

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