Il preannunciato referendum dell’Unione sindacale svizzera (Uss) sulla modifica della Legge sul lavoro che autorizza le aperture domenicali dei negozi situati nelle stazioni più importanti del Paese appare ormai certo. E questo anche se il secondo ramo del Parlamento, il Consiglio degli Stati, non ha ancora affrontato l’argomento. Lo tratterà giovedì prossimo, stando al programma della sessione delle camere federali. Ma già oggi si può dire che, come ha fatto il Consiglio nazionale in primavera, anche la camera dei Cantoni si schiererà per una liberalizzazione degli orari d’apertura dei negozi annessi alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti. Che, teme il sindacato, sarà soltanto il primo passo di una liberalizzazione generalizzata degli orari di lavoro, da non limitare ai commerci presso le stazioni ma da estendere non solo a tutti i negozi, ma anche ai servizi. Ad essere convinta che si vada verso il referendum è anche Regula Rytz, segretaria centrale dell’Uss responsabile del dossier Legge sul lavoro: «il plenum del Consiglio degli Stati non farà altro che confermare il preavviso della sua Commissione dell’economia e dei tributi. Sarà un voto chiaro a favore della liberalizzazione, contro saranno soltanto i socialisti. A meno che i deputati della maggioranza borghese non prendano sul serio le nostre minacce di referendum, cosa che però mi sembra poco probabile». Minacce di referendum che l’Uss ha reso pubbliche il 1. settembre, alla luce delle raccomandazioni espresse dalla Commissione del Consiglio degli Stati al plenum. In occasione del dibattito in Consiglio degli Stati, il prossimo 30 settembre, il deputato socialista Alain Berset di Friburgo farà la proposta di concedere l’apertura domenicale soltanto a quei commerci i cui dipendenti beneficiano di un contratto collettivo di lavoro. Una proposta che in Commissione è stata spazzata via e che, prevede Rytz, non avrà nessuna chance nemmeno nel plenum. Come del resto è successo ad una proposta analoga avanzata al Consiglio nazionale. «Certo, una simile soluzione non sarebbe l’ideale, in ultima analisi si andrebbe comunque verso la liberalizzazione. Ma almeno si darebbe qualcosa in cambio alle lavoratrici e ai lavoratori», commenta Rytz. Che aggiunge: «Il problema delle aperture domenicali dei negozi è una questione sociale, non soltanto sindacale. Per noi è chiaro: il principio è che la domenica è e deve rimanere una giornata non lavorativa. Tranne giustificate eccezioni». Quella che quasi in sordina è partita con un’iniziativa parlamentare del radicale Hegetschweiler si sta rivelando, come osserva Rytz, una vera e propria offensiva liberista, che mira alla deregolamentazione degli orari di lavoro in generale. Quando se ne è discusso al Consiglio nazionale, in primavera, l’eccezione dell’apertura domenicale doveva infatti essere limitata ancora e soltanto a 7 grosse stazioni, quelle centrali nella rete ferroviaria svizzera: Zurigo, Winterthur, Berna, Basilea, Lucerna, Ginevra e Losanna. Il tutto, si diceva, per colmare il vuoto giuridico dovuto ad una sentenza del Tribunale federale e concernente proprio queste 7 stazioni. Poi, anche grazie ad una formulazione decisamente vaga della nuova norma (che si applicherebbe a stazioni che «tenuto conto dell’importante traffico di viaggiatori, rappresentano dei centri di trasporto pubblico»), si è avanzata l’esigenza di tenere in considerazione tutte le regioni del paese, argomento federalista al quale la commissione del Consiglio degli Stati si è dimostrata molto sensibile. È così stata elaborata una lista di 25 stazioni (fra cui Lugano, cfr. il riquadrato) i cui negozi dovrebbero beneficiare della possibilità di aprire anche la domenica. «Ma per i cantoni questo non basta ancora, ne vogliono di più» rileva Rytz, «sono quindi convinta che alla fine saranno molte di più le stazioni che potranno beneficiare di questa eccezione». E una volta creata l’eccezione si crea il pretesto per una generalizzazione della norma, teme l’Uss. Anche perché i termini con cui è redatta la proposta di legge permettono ogni tipo di interpretazione: «Per esempio la Bahnhofstrasse di Zurigo fa parte o no della stazione? E cosa giustifica il diverso trattamento di un negozio situato nel Shopville e di uno che si trova appena fuori? Questa ambiguità è la dimostrazione più chiara che la revisione della Legge sul lavoro attualmente in discussione è soltanto il primo passo verso un’introduzione generalizzata dell’apertura domenicale dei negozi. I commercianti nei pressi delle stazioni lamenteranno infatti una distorsione della concorrenza e quindi un privilegio a favore dei negozi considerati annessi alle stazioni. Dopo gli shop alle stazioni di benzina e le stazioni, si passerà alle zone adiacenti alle stazioni, per estendere poi le aperture domenicali alle città intere», prevede Rytz. E ancora: «La liberalizzazione degli orari d’apertura nelle stazioni non riguarderebbe soltanto i negozi in senso stretto, ma anche i fornitori di servizi, come le banche, le assicurazioni e così via. È quanto espressamente ha riconosciuto la Commissione del Consiglio degli Stati. Quindi se non li si ferma in tempo anche banche e assicurazioni arriveranno nel giro di qualche anno a poter far lavorare il loro personale sette giorni su sette, senza che vi sia una reale necessità». Ormai tutte le remore che ancora in primavera avevano accompagnato il dibattito al Consiglio nazionale sono cadute, e oggi i deputati che sostengono l’iniziativa Hegetschweiler parlano apertamente di liberalizzazione generalizzata dei commerci. Per loro è chiaro, questo è soltanto un primo passo, come sottolinea Rytz: «ad esempio il presidente della Commissione economia e tributi del Consiglio degli Stati, Eugen David, ha indicato chiaramente di mirare alla liberalizzazione generalizzata, ritenendola soltanto per ora politicamente non realizzabile. E anche 19 cantoni su 26 si sono espressi nella procedura di consultazione per una liberalizzazione generalizzata degli orari d’apertura dei negozi». Per l’Uss si tratta quindi di impedire una prima breccia nella diga. Ma non sarà facile convincere i cittadini alle urne, perché questa riforma della Legge sul lavoro potrebbe tutto sommato apparire come marginale, quasi innocua. Rytz lo sa, ma sottolinea anche che «se noi al popolo saremo in grado di far capire quel è l’obiettivo finale di questa strategia, credo che avremo comunque delle chance di farcela. Anche se in occasione del dibattito il 30 settembre i toni saranno forse più prudenti, non sarà difficile dimostrare quali siano le reali intenzioni della destra». Sono 24 le stazioni che, nelle intenzioni della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati, dovrebbero beneficiare della liberalizzazione degli orari d’apertura dei negozi. La lista è stata elaborata dal Segretariato di stato per l’economia (Seco) considerando le stazioni che realizzano una cifra d’affari superiore ai 20 milioni di franchi all’anno nel traffico viaggiatori. Questa lista avrebbe dovuto rimanere confidenziale, anche perché in primavera si parlava ancora di sole 7 stazioni, ma è stata resa pubblica dal “Tages Anzeiger”. Ecco le stazioni che dovrebbero da subito poter aprire i loro commerci alla domenica: Aarau, Baden, Basilea, Berna, Bienne, Coira, Friburgo, Ginevra, Ginevra aeroporto, Losanna, Lugano, Lucerna, Neuchâtel, Olten, San Gallo, Sciaffusa, Soletta, Thun, Winterthur, Zugo, Zurigo aeroporto, Zurigo Hauptbahnhof, Zurigo Örlikon e Zurigo Stadelhofen. Il Seco ha poi elaborato una seconda lista che comprende stazioni al di sotto della cifra d’affari di 20 milioni all’anno, ma che, secondo i cantoni, dovrebbero liberalizzare gli orari d’apertura dei negozi considerando la loro importanza regionale. Su questa seconda lista sono riportate 30 stazioni: Bellinzona, Briga, Brugg, Bülach, Burgdorf, Delémont, Dietikon, Frauenfeld, Langenthal, Lenzburg, Liestal, Locarno, Martigny, Montreux, Morges, Nyon, Rapperswil, Renens, Sion, Sursee, Thalwil, Uster, Vevey, Wädenswil, Wetzikon, Wil, Yverdon, Zofingen, Zurigo Altstetten, Zurigo Enge.

Pubblicato il 

24.09.04

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato